Poste e il pacco Alitalia (anche per i cittadini)
[11 Ottobre 2013]
Sul caso Alitalia partiamo da una domanda: abbiamo veramente bisogno di una compagnia aerea di bandiera? La risposta, ormai di un’ovvietà disarmante, è: no. Non ci sono motivi di sicurezza nazionale. La dimensione occupazionale è inferiore a quella di altre gravi crisi industriali, tanto più se le attività potranno essere riassorbite da un acquirente. E il turismo, giustificazione principe della sventurata ed opacissima operazione di Berlusconi e degli imprenditori “patrioti”?
Se c’è qualche compagnia aerea che ha contribuito in questi anni a portare turisti in Italia non è certo stata Alitalia, ma (con proprio sostanzioso profitto) Ryanair o Easyjet. E la proiezione internazionale delle piccole imprese italiane? I nostri grandi aeroporti intercontinentali si chiamano da tempo Parigi, Francoforte e Monaco (dove c’è addirittura un pezzo di aeroporto tutto dedicato a noi italiani).
Ora sono le Poste Italiane chiamate al dovere patriottico di immettere denaro fresco per impedire il blocco dei voli e, ancora una volta, il cittadino contribuente non decide ma paga. La vicenda ha i contorni dell’assurdo, che contrastano duramente con la proclamata razionalità stabilizzatrice che la retorica ufficiale attribuisce al governo delle larghe intese.
Poco convincente è l’argomentazione che così facendo si permette ad Alitalia di gestire da posizioni di forza un possibile rapporto con Air France. Quali posizioni di forza? Il posizionamento competitivo di Alitalia è oggi lo stesso di ieri: quella di un’impresa sottodimensionata, senza strategia, senza bussola, senza piano industriale.
Giustamente Milena Gabanelli sostiene su Corriere.it che noi cittadini/contribuenti siamo diventati così azionisti, ma “azionisti di un problema” e che o gli imprenditori patrioti decidono di investire nella loro impresa o la soluzione fisiologica rimane, come per qualsiasi impresa privata, quella del fallimento. Non sarebbe una novità: è fallita la belga Sabena e persino la svizzera Swissair… Il Belgio e la Svizzera sono ancora lì.
E resta poi sullo sfondo la domanda se nell’Italia di oggi quelle risorse finanziarie che ora vengono impiegate a “salvare” la livrea bianco-rosso-verde non avrebbero avuto miglior uso in funzione di una strategia di sviluppo moderna, realistica, orientata al futuro. Temiamo però che Alitalia sia più di un “caso”, ma in fondo il paradigma di un Paese intero e di una classe dirigente, impegnati in un confuso, sconclusionato tentativo di non restare a terra, senza più carburante.