Quanto costa assicurare raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani?
Una spesa che con la Tari viene pagata da cittadini e imprese
[10 Settembre 2021]
Gestire bene tutta la filiera dei rifiuti urbani costituisce un impegno fondamentale per gli amministratori locali dei comuni e delle aziende a cui è affidata poi la gestione “industriale” dei servizi.
È importante in termini di immagine, perché vedere ad esempio spettacoli come quello della foto che ho avuto modo di scattare questa estate in una località marina della Toscana, non contribuisce certo a valorizzare il turismo.
È essenziale da un punto di vista della sostenibilità, perché continuare a produrre gran quantità di rifiuti senza differenziarli, ma smaltendoli poi in discarica o incenerendoli, significa produrre importanti ricadute ambientali ed anche economiche sul territorio (vedi i dati più aggiornati a livello nazionale e toscano, sia in termini di quantità prodotte che per la differenziata).
La normativa europea, successivamente recepita da quella italiana (D.Lgs. 152/2006), aveva da tempo indicato l’obiettivo minimo del 65% da raggiungere entro il 2012 (mentre il 45% doveva essere raggiunto nel 2008). Da allora sono passati quasi dieci anni e solamente il 60% dei comuni italiani (dati 2019).
Guardando anche i dati nel tempo si vede che solamente nelle regioni settentrionali il 65% è stato raggiunto e superato ormai dal 2017, mente al sud con il 50,63% ed al centro italia con il 57,78%, siamo ancora ben lontani. D’altra parte i dati mostrano come nel 2010 il gap fra centro-sud e nord del Paese fosse notevole, con una differenza fra il 22 ed il 28% in meno di raccolta differenziata, differenza che ora si è ridotta fra il 12 ed il 19%.
La Toscana nel panorama nazionale, si colloca al disotto della media nazionale, solo il 46% de comuni nel 2019 hanno rispettato l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata. Nel tempo è aumentato il numero di comuni che rispettano il limite del 65%, passando dal 2016 al 2019 da 71 a 124. Sempre molti i comuni, al contrario, che non raggiungono neppure il 45% di raccolta differenziata, che sono ancora ben 88; 61 invece quelli che si collocano in una fascia intermedia.
I dati mostrano con chiarezza diversità eclatanti fra comuni anche molto simili indicando che sono necessarie politiche mirate puntuali rivolte a premiare e sanzionare gli amministratori locali in relazione ai loro comportamenti.
L’obiettivo dell’economia circolare su cui tanto l’Unione europea insiste, non costituisce un optional, ma una strada obbligata da seguire, che però non arriva da sé, occorrono politiche mirate ed efficaci seguite con determinazione a tutti i livelli.
Comunque di queste tematiche si parla molto, ma di un aspetto meno visibile ma con effetti pratici diretti su cittadini e imprese, si parla assai meno, cioè di quanto costa gestire il servizio di igiene urbana. Un insieme di attività e di corrispondenti costi ben precisa: raccolta e trasporto dei rifiuti urbani (indifferenziati e differenziati), il loro trattamento e smaltimento, lo spazzamento e il lavaggio delle strade, i costi generali e la remunerazione del capitale.
L’effetto pratico e immediato di questi costi è legato alla Tari, l’imposta che da gennaio 2014 è destinata appunto a finanziare i costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Ogni Comune determina le tariffe in base a superficie e quantità di rifiuti prodotti o a quantità e qualità di rifiuti per unità di superficie, in relazione ad usi e tipologia delle attività e al costo del servizio sui rifiuti. In ogni caso il “monte” Tari è legato ai costi sostenuti dal comune, in qualche modo più il comune spende per la gestione dei rifiuti e più si deve rivalere su cittadini e imprese.
Non a caso del tema si è occupata la Corte dei conti, che ha analizzato la spesa dei comuni, dedicando una particolare attenzione al servizio “Rifiuti” in quanto “costituisce uno dei principali settori di azione delle amministrazioni comunali e svolge il compito della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti prodotti sul territorio comunale e, in generale, dell’igiene urbana.”
Il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), ed in particolare, Ispra, attraverso il Catasto dei rifiuti, fornisce i dati (2011-2019) dei costi sostenuti dai comuni per la gestione dei servizi di igiene urbana, nelle sue varie componenti (rapportati al numero di abitanti ed ai kg di rifiuti gestiti).
I dati presenti nel Catasto sono riferiti ad un campione di 6.199 comuni pari al 78,3% del totale dei comuni ed all’85,8% della popolazione complessiva, con una certa variabilità fra regione e regione come si può vedere nella seguente tabella. Gli indicatori economici dei servizi di igiene urbana sono desunti dal Modello Unico di Dichiarazione ambientale – Mud (vedi info di dettaglio sulla metodologia adottata da Ispra).
Complessivamente, a livello nazionale, i costi totali annui dei servizi di igiene urbana fra il 2012 ed il 2019 sono passati da 159,00 a 175,79 (euro per abitante) e da 31,05 Eurocent per kg a 34,70.
In particolare si registra un incremento dei costi relativi alla raccolta differenziata, passati da 42,18 a 56,34 euro per abitante nonché da 21,69 a 29,18 Eurocent per kg. D’altra parte, nello stesso periodo la percentuale di raccolta differenziata è passata – nei comuni campione – dal 43,4 al 62,4%.
I dati pro capite variano da un costo massimo complessivo di gestione del servizio di igiene urbana di 253,73 euro in Liguria al minimo di 136,62 euro del Friuli Venezia Giulia. La forbice sembra davvero ampia e quello che colpisce è che nella regione più “virtuosa” si ha una percentuale di raccolta differenziata del 67,2% mentre in quella in cui si spende di più del 52,7%. In Liguria pesano notevolmente gli “altri costi”.
I dati invece rapportati alla quantità di rifiuti gestiti, varia da 78,48 Eurocent a kg per anno della Basilicata ai 47,48 dell’Emilia-Romagna. Anche in questo caso sostiene costi molto superiori la regione che ha una percentuale di raccolta differenziata minore (la Basilicata è al 48% rispetto al 70,2% dell’Emilia-Romagna).
Anche andando a vedere le varie componenti di costo si osservano differenze molto rilevanti, ad esempio per ogni chilogrammo di rifiuti indifferenziato trattato e smaltito, in Piemonte si spendono 9,20 Eurocent e nella vicina Liguria 21,87, più del doppio.
Riguardo ai rifiuti differenziati, il costo per kg che troviamo in Sicilia (che è il fanalino di coda delle regioni per percentuale di raccolta differenziata, con il 38,7%) è di 29 Eurocent a kg, mentre nell’altra grande isola, la Sardegna, che ha una percentuale di differenziata del 73,3% il costo è di 17 Eurocent a kg.
Un’analisi così generale dei dati fa emergere quindi differenze difficilmente comprensibili, se non entrando nei singoli casi e nella realtà dei singoli comuni.
Per quanto riguarda la Toscana sono disponibili i dati relativi a 233 comuni su 273, relativi a 3.290mila abitanti. Così come visto a livello nazionale, i costi di gestione dei servizi di igiene urbana, sono molto differenziati nei vari comuni.
Se li rapportiamo al numero di abitanti variano in Toscana fra un minimo di meno di 100 euro ad abitante l’anno, a Peccioli (Pi), per arrivare agli oltre 800 di Forte dei Marmi (Lu), mentre il dato medio nazionale è di 176 euro e quello regionale di 205. Nel complesso sono un centinaio i Comuni per i quali si registra un costo maggiore di quello medio regionale.
Questi dati sono da mettersi anche in relazione con le performance dei Comuni in termini di raccolta differenziata, per capire se c’è una qualche relazione fra quanto speso per gestire i rifiuti ed i risultati di ciò in termini di raccolta differenziata.
Da questo punto di vista, riguardo cioè all’efficienza del servizio, probabilmente vale la pena soffermarsi maggiormente sui dati relativi ai costi per kg di rifiuti gestiti.
In questo caso, i costi totali variano fra il massimo del comune di Castell’Azzara (GR) con 74 Eurocent/kg al minimo, anche in questo caso, di Peccioli (Pi) con 12,56 Eurocent/kg.
Il costo medio nazionale è invece di 59,62 Eurocent/kg e quello medio regionale di 56,84 Eurocent/kg. A differenza di quanto visto per i costi pro capite, la Toscana in questo caso si colloca al di sotto del valore medio nazionale, mostrando una certa efficienza nei servizi svolti.
Se mettiamo in relazione, poi, la percentuale di raccolta differenziata con i costi sostenuti, vediamo che alcuni Comuni che hanno percentuali elevatissime di differenziata – sopra l’85% – come Lamporecchio, Certaldo, Capraia e Limite, Serravalle Pistoiese, Montelupo Fiorentino, hanno anche costi al kg di rifiuti molto contenuti, addirittura meno di 30 Eurocent/kg.
Se ci concentriamo sui Comuni più popolosi del campione, quelli con più di 40mila abitanti, vediamo che la “forchetta” dei costi sostenuti è comunque elevata, se passiamo dai 43,23 Eurocent/kg di Livorno ai 19,60 di Sesto Fiorentino, con una percentuale di raccolta differenziata non molto dissimile. Stesso discorso vale per Viareggio 42,56 Eurocent/kg e una RD a quasi il 70%, e Prato con 22,18 Eurocent/kg e 74% di differenziata.