I risultati dello studio Enel-Ambrosetti
Raggiungere gli obiettivi Ue sul clima aumenterebbe il Pil italiano di 400 miliardi di euro
Starace: «Occorre accelerare e dotarsi di un sistema di governance adeguato alla portata della sfida, che sappia tradurre in azione concreta le intenzioni»
[10 Settembre 2021]
Con il pacchetto normativo “Fit for 55”, la Commissione Ue punta a traguardare entro il 2030 un taglio delle emissioni climalteranti pari al 55% rispetto al 1990 (adesso siamo a -24%, in Italia invece a -19,4%), mentre la direttiva Red III alza l’asticella per quanto riguarda le rinnovabili: a livello europeo, il 40% di tutta l’energia dovrà essere prodotta da fonti pulite entro il 2040, il che per l’Italia significa più che raddoppiare i risultati raggiunti finora, in meno di un decennio. A che punto siamo?
Secondo lo studio European governance of the energy transition, realizzato da Enel e The European House-Ambrosetti, in forte ritardo. Soprattutto nel nostro Paese.
«Colmare il gap di investimento con circa 3.600 miliardi di euro necessari per raggiungere l’obiettivo del 2030 in Europa, di cui circa 190 miliardi solo in Italia, avrebbe un impatto cumulativo sul Pil di oltre 8.000 miliardi di euro, di cui oltre 400 solo nel nostro Paese – spiega Francesco Starace, ad e direttore generale di Enel – Tuttavia al passo attuale l’Europa centrerebbe il nuovo obiettivo al 2030 sulle rinnovabili soltanto nel 2043. Sarebbe troppo tardi e sarebbe un peccato perdere anche l’occasione di una creazione di valore economico così grande. Occorre quindi accelerare e dotarsi di un sistema di governance adeguato alla portata della sfida, che sappia tradurre in azione concreta le intenzioni e valorizzare le enormi opportunità che derivano da questo impegno».
Secondo il report, infatti, al ritmo attuale l’Europa raggiungerebbe il nuovo obiettivo di riduzione del 55% dei gas a effetto serra solo nel 2051, con un ritardo di 21 anni rispetto al 2030. Per quanto riguarda gli altri nuovi obiettivi fissati per le rinnovabili (40%) e l’efficienza energetica (+36%), anche in questo caso l’Europa è in netto ritardo: al ritmo attuale verrebbero raggiunti rispettivamente nel 2043 e nel 2053.
In Italia in particolare, il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) è nato già vecchio e deve ancora essere rivisto alla luce del pacchetto “Fit for 55”. Una stima dei nuovi obiettivi al 2030 per l’Italia potrebbe essere la seguente: riduzione del 43% delle emissioni di gas serra, un contributo del 37,9% delle energie rinnovabili e un aumento dell’efficienza energetica del 46,4%. Valutando le attuali performance dell’Italia nel raggiungimento di questi obiettivi, emerge un ritardo medio di 29 anni, contro i 19 dell’Europa, con un ritardo di 24 anni per le energie rinnovabili.
«L’Europa dovrà moltiplicare gli sforzi per implementare questo cambiamento perché di questo passo – conferma Valerio De Molli, ceo di The European House-Ambrosetti – il continente raggiungerebbe il nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra del 55% non nel 2030, bensì nel 2051, ossia con 21 anni di ritardo. Per quanto riguarda le energie rinnovabili, al passo attuale, il nuovo obiettivo del 40% fissato per il 2030 verrebbe raggiunto solo nel 2043. Dal punto di vista dell’efficienza energetica, con gli attuali livelli di miglioramento, l’Europa arriverà a quota +36% nel 2053 invece che nel 2030».
Come fare? Lo studio analizza in particolare l’attuale assetto della governance, definita come l’insieme di ruoli, regole, procedure e strumenti (a livello legislativo, attuativo e di controllo) relativi alla gestione della transizione energetica.
Secondo quest’analisi, in Italia l’efficacia della governance della transizione energetica è limitata da cinque fattori: la frammentazione delle responsabilità tra i vari stakeholders a diversi livelli, la non uniformità delle norme locali e dell’applicazione a livello locale delle norme nazionali, un debole coinvolgimento e impegno delle istituzioni e delle comunità locali che erode l’accettabilità sociale, le inefficienze legate al ruolo degli enti pubblici tecnico-amministrativi e la frammentazione della formulazione delle politiche settoriali.
Per superare le sfide appena evidenziate, lo studio ha messo a fuoco sette proposte, suddivise in base alla rispettiva sfera d’azione: europea (nelle sue due dimensioni interna ed esterna) e italiana. Per quanto riguarda la dimensione europea interna si propone di rafforzare la cooperazione nella governance della transizione energetica, riconoscendo ufficialmente il suo ruolo critico e di adottare un approccio regionale per favorire l’integrazione dei mercati europei; per quanto riguarda la dimensione esterna dell’Unione europea, lo studio propone di incoraggiare a livello internazionale il Carbon border adjustment mechanism (Cbam) e di promuovere meccanismi più efficaci per assicurare che i Nationally determined contributions (Ndc) siano coerenti con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Infine, per quanto riguarda la sfera d’azione italiana si propone di semplificare le procedure di autorizzazione per gli impianti a fonte rinnovabile e promuovere interventi in favore dell’efficienza energetica, di creare un meccanismo di interazione omogeneo e standardizzato tra le autorità locali da un lato e i distributori di elettricità (Distribution system operator, Dso) e i gestori dei punti di ricarica (Charge point operator, Cpo) dall’altro per favorire lo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica, e infine di promuovere la piena integrazione di distretti industriali e cluster di imprese a livello locale, di ecosistemi di innovazione e di comunità energetiche con la rete di distribuzione nazionale.