Ieri a Roma proposte e contraddizioni nell’incontro organizzato da Corepla e Legambiente
Rifiuti, lo “strano caso” delle plastiche miste all’italiana
O si termovalorizzano direttamente o, se si continua a raccoglierle separatamente, se ne deve incentivare anche il riciclo
[2 Aprile 2015]
Definire una strategia nazionale per garantire l’aumento della quantità e della qualità della raccolta differenziata degli imballaggi in plastica e la massimizzazione del loro riciclo, anche grazie all’implementazione di politiche di prevenzione. E’ la proposta di Legambiente e Corepla presentata e discussa ieri mattina a Roma con i principali soggetti istituzionali e operatori del settore nell’ambito del convegno Un cluster d’eccellenza nazionale: il riciclo della plastica, cui sono intervenuti tra gli altri Giorgio Quagliuolo (presidente Corepla), Vittorio Cogliati Dezza (presidente Legambiente), Ermete Realacci (presidente commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera dei deputati).
In realtà i lavori del convegno non sono cominciati nel migliore dei modi: all’ingresso alcuni volontari dell’associazione Laboratorio Ambiente di Milano distribuivano un volantino dal titolo emblematico (“Corepla, bruciare la plastica è meglio che riciclarla?”) e dai contenuti difficilmente contestabili (“Il rapporto di sostenibilità di Corepla scrive chiaramente che oggi in Italia la metà della plastica raccolta in modo differenziato finisce nei termovalorizzatori”). I saluti registrati del ministro dell’Ambiente Galletti non hanno migliorato l’atmosfera, parlando per esempio di prodotti anziché di imballaggi e (la raccolta differenziata riguarda solo gli imballaggi, e non le materie plastiche in generale!), e confondendo rifiuti e raccolta differenziata.
Del resto da parte di Corepla le carte sono state subito scoperte dal vicepresidente Antonello Ciotti. «Il deficit di catena del riciclo degli imballaggi plastici che hanno un valore di mercato è circa 208 euro. Invece il deficit di catena del recupero energetico degli imballaggi misti (plasmix) costa oltre 500 euro. Se noi riuscissimo a non far transitare dal circuito Corepla questa frazione mista, potremmo liberare risorse per intercettare tutte le plastiche nobili che oggi non riusciamo a differenziare e riciclare».
Il presidente di Corepla Giorgio Quagliuolo lo ha ribadito poco dopo: la nostra mission è riciclare, ma ci sono materiali che non sono riciclabili e che quindi è meglio termovalorizzare che mettere in discarica.
Sono invece rimaste inevase le domande rivolte ad «addetti ai lavori e addetti alle narrazioni» da parte di Valerio Caramassi, presidente di Revet e Revet Recycling, aziende che riciclano in Toscana proprio una parte cospicua di quella frazione di plastiche miste generalmente considerate non riciclabili.
«Se è vero che il mercato di riciclo delle plastiche e i suoi soggetti sottostanno alle leggi dello Stato e nella fattispecie al 152, mi spiegate perché l’accordo Anci/Conai e Corepla si occupa solo di una parte della filiera? Il 152 si rifà al principio della responsabilità condivisa (ben diversa dalla responsabilità estesa del produttore, vigente in Europa) e agli obiettivi di legge, che sono il 65% di raccolta differenziata e il 50% di riciclo. Perché allora l’accordo Anci/Conai del 2014 ha contrattato esclusivamente i maggiori oneri della raccolta differenziata, escludendo dalla contrattazione i 2/3 della filiera, cioè selezione e riciclo?».
La seconda questione posta da Caramassi riguarda l’allocazione delle risorse: «Chi detiene asset impiantistici per il recupero energetico, riscuote 2 volte. La prima volta da chi gli porta il materiale, cioè il Corepla, e la seconda volta dal Gse, grazie ai 5,8 miliardi l’anno che il Mise ha assegnato alla termovalorizzazione nel decreto sulle biomasse, equiparando appunto le plastiche alle biomasse. Ma se voi avete un gruppo di topi e da una parte gli mettete il formaggio e dall’altra parte il suonatore di mandolini, dove volete che vadano?
E tutto questo mentre gli incentivi che la toscana aveva messo per sostenere gli acquisti verdi, sono stati bloccati dall’autority perché considerati ‘aiuti di stato’».
«Allora o si fa come tutti gli altri paesi – ha concluso Caramassi – dove le plastiche miste le termovalorizzano direttamente, oppure se noi le vogliamo raccogliere separatamente non si possono separare in casa, raccogliere, selezionare sugli impianti e poi ritrasportarli a un inceneritore. Delle due l’una: o si smette di raccoglierle separatamente, oppure se si vuole continuare a raccoglierle separatamente, occorre che il legislatore preveda di incentivare il riciclo almeno quanto è incentivata la termovalorizzazione».