Presentato a Roma il VI rapporto Anci-Conai
Rifiuti urbani, la raccolta differenziata cresce più del riciclo: peggiora la qualità del raccolto
Facciotto: «Tendere verso la qualità dei materiali raccolti per assicurare nuove materie prime all’industria»
[24 Ottobre 2016]
La produzione di rifiuti urbani in Italia è cresciuta nel 2015 del +0,78%, in linea con l’andamento del Pil (+0,7% nello stesso periodo) ma circa il doppio rispetto alla spesa in consumi da parte delle famiglie, cresciuta l’anno scorso del +0,4%. A crescere è anche la percentuale di raccolta differenziata in Italia, con un incremento però circa doppio rispetto all’avvio al riciclo: +3,32% rispetto al +1,77%.
In sintesi, sono questi i dati resi noti oggi durante la presentazione del VI rapporto Banca dati Anci-Conai su raccolta differenziata e riciclo dei rifiuti urbani, presentato oggi a Roma nella sede Anci. Un rapporto che – in attesa del nuovo rapporto Ispra sui rifiuti urbani – osserva i trend riscontrati negli oltre 7000 comuni attivi nella gestione dei rifiuti di imballaggio tramite l’Accordo Quadro Anci Conai.
Fulcro di quest’edizione è la distanza che ancora separa l’Italia dal raggiungimento dell’obiettivo Ue fissato per il 2020, ovvero il 50% di avvio a riciclo per i rifiuti urbani e non, come invece previsto dalla normativa nazionale, il 65% di raccolta differenziata: una discrasia – si legge nel rapporto che ha fatto sì «che in Italia si sia continuato a investire nel sistema delle raccolte differenziate, senza dare vero impulso ad un sistema industriale in grado di rispondere agli obiettivi europei di riciclo».
Al proposito il rapporto evidenzia «un aumento della quantità dei materiali conferiti ai Consorzi del Conai e successivamente reimmesso nei cicli produttivi», per un totale di avvio a riciclo pario a «3,8 milioni di tonnellate di rifiuti di imballaggio, con un incremento rispetto al 2014 di oltre 6 punti percentuali». Ma al contempo si palesa «un leggero peggioramento della qualità dei materiali stessi, a testimonianza di quanto sia importante continuare a informare i cittadini sulle corrette pratiche da seguire nella raccolta differenziata».
La raccolta differenziata è un mezzo e non un fine – che rimane in primis il riciclo –, e come ha infatti dichiarato Walter Facciotto, direttore generale di Conai, deve «tendere sempre di più verso la qualità dei materiali raccolti, per potere assicurare nuove materie prime all’industria del riciclo». Su questo aspetto rimane molto da lavorare, come confermano i dati mostrati oggi da Anci-Conai.
«Allungando lo sguardo all’Italia nel suo complesso – ha spiegato poi Filippo Bernocchi, delegato Anci a Energia e rifiuti – si conferma l’immagine di un Paese a due velocità, con un Nord dotato di impianti più adeguati e di una maggiore sensibilità rispetto alla tematica». In concreto, secondo i dati pubblicati nel rapporto, «se al Nord la raccolta differenziata tende a consolidarsi, nel 2015 il Centro ed il Sud hanno intrapreso la strada giusta con un incremento superiore all’8% rispetto all’anno precedente, facendo registrare sensibili aumenti nelle raccolte dei rifiuti di imballaggio in plastica e vetro».
Guardando alle singole regioni, nel 2015 quelle che avrebbero «già superato la percentuale del 50% di materiali avviati a riciclo sono Piemonte, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche, Sardegna e la “new entry” Valle D’Aosta», mentre prossime al raggiungimento dell’obiettivo sarebbero «Abruzzo, Campania e Toscana».
Di tutte le regioni italiane, però, soltanto quest’ultima risulta dotata di un sistema di certificazione della raccolta differenziata sul territorio (tramite l’Agenzia regionale recupero risorse, Arrr), e questa constatazione non può che ricondurre al solito, annoso problema. Nonostante il decreto Ronchi che ha introdotto la normativa nazionale sulla raccolta differenziata sia del 1997, dopo quasi 20 anni – e sporadiche incursioni da parte del ministero dell’Ambiente –, in Italia ogni territorio misura la propria performance di raccolta differenziata come vuole, rendendo oltremodo confusi non solo i relativi dati, ma anche quelli conseguenti: l’avvio a riciclo. «In assenza di indicazioni a livello nazionale le Regioni, o altri Enti – sottolinea difatti il rapporto Anci-Conai – hanno provveduto a normare la metodologia di certificazione delle raccolte differenziate sul proprio territorio».
A fronte di tale scenario rilevazioni chiare e dati confrontabili rimangono dunque prerequisito indispensabile per poter produrre politiche efficaci non solo nella gestione dei rifiuti urbani ma in tutto quel sistema economico che ambisce a definirsi circolare: se i numeri riguardo ai rifiuti urbani sono fumosi, per il mondo dei rifiuti speciali – parola del presidente dell’Ispra – la «certezza dell’informazione nel nostro Paese è un’utopia». Come risultato finale, si stima che il metabolismo economico italiano trasformi ogni anno qualcosa come 400 milioni di tonnellate di materie prime in prodotti finiti (su 560 di input, secondo le stime prodotte nell’ultimo Forum rifiuti) e ne produca 160 di scarti (tra rifiuti urbani e speciali), numeri dei quali – in realtà – sappiamo pochissimo. Se davvero vogliamo inseguire un modello di economia circolare, prima o poi dovremo farci i conti.