Dei 3.355,6 MW teoricamente incentivabili ne sono stati assegnati appena 443,7 MW, il 13%

Rinnovabili, l’ultimo bando Gse è andato quasi deserto ma Cingolani resta ottimista

Il ministro: «Nei primi cinque mesi del 2022 sono già stati richiesti allacciamenti alla rete per 5,1 GW»

[1 Giugno 2022]

Nonostante l’ottimismo sparso a piene mani dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, il de profundis delle rinnovabili italiane sembra continuare imperterrito: è andato praticamente deserto anche l’ottavo bando Gse, lanciato a 4 mesi fa per erogare gli incentivi residui disposti (ormai nel 2019) dal decreto Fer 1.

Secondo quanto comunicato dal Gestore dei servizi energetici sono state infatti avanzate solo 324 domande (di cui 309 in posizione utile); per cui dei 3.355,6 MW teoricamente incentivabili ne sono stati assegnati appena 443,7 MW: il 13%.

Lo stesso giorno in cui Gse comunicava gli esiti del bando, il ministro Cingolani – intervenuto in audizione alla Camera sul decreto Aiuti – sceglieva di guardare il bicchiere mezzo pieno anticipando dati Terna: «Non sono dati pubblici, li renderò pubblici nelle prossime ore (l’audizione si è svolta due giorni fa ma ancora non risultano pubblicati, ndr). Nei primi cinque mesi del 2022 sono già stati richiesti allacciamenti alla rete per 5,1 GW, che sono 2,5 volte gli interi allacciamenti fatti nel 2020 e 2021. Questi dati li renderò pubblici a brevissimo e li spiegherò: c’è un’accelerazione senza precedenti, le semplificazioni hanno dato una mano».

In attesa della pubblicazione e spiegazione da parte del ministro, duole però notare che non è la richiesta di allacciamenti alla rete a mancare: a fine 2021 risultavano (solo per eolico e fotovoltaico) domande di allaccio per 168 GW, ma nello stesso anno la nuova potenza effettivamente entrata in funzione (comprendente anche l’idroelettrico) si è fermata a 1,35 GW.

Per rispettare i target individuati dal recentissimo piano RePowerEu presentato dalla Commissione Ue si stima invece che l’Italia avrebbe bisogno di almeno 10 nuovi GW l’anno di impianti rinnovabili.

Il rilascio del benestare all’allaccio alla rete da parte di Terna, peraltro, di per sé non testimonia l’effettiva entrata in funzione degli impianti. Anzi, è dopo questo step che iniziano i problemi, perché c’è da superare lo scoglio dell’iter autorizzativo.

IN Italia le rinnovabili avanzano col contagocce dal 2014, trovandosi a lottare contro una burocrazia farraginosa, ma anche con parte delle amministrazioni locali e regionali, con una pletora di comitati Nimby (non nel mio giardino) e Nimto (non nel mio mandato) e naturalmente contro il ministero della Cultura e le Sovrintendenze.

Non a caso l’iter autorizzativo italiano viene considerato il peggiore d’Europa, nonostante i problemi non manchino neanche negli altri Paesi. Non si erogano neanche gli incentivi già presenti perché gli impianti non ci sono: un iter autorizzativo in Italia dura in media 7 anni (mentre la normativa prevede 1 solo anno), col risultato che quasi il 50% dei progetti non viene realizzato e la rimanente metà arriva con 6 anni di ritardo.

Sperando che la svolta indicata dal ministro Cingolani venga effettivamente corroborata dai dati sull’entrata in funzione dei nuovi impianti, per ora a far fede restano quelli storici: secondo Legambiente se calcoliamo la media di installazione degli ultimi tre anni, pari a 0,56 GW, l’obiettivo minimo al 2030 l’Italia lo raggiungerà nel 2146.

Difficoltà oggettive che ieri sono state messe in evidenza anche dal governatore Ignazio Visco, nell’ambito della relazione annuale della Banca d’Italia: «È un elemento cruciale della strategia europea la rimozione degli ostacoli di natura amministrativa alla realizzazione di impianti fotovoltaici ed eolici e delle necessarie infrastrutture. In Italia è urgente proseguire con gli interventi di semplificazione delle procedure autorizzative, nonché favorire lo sviluppo dei sistemi di accumulo dell’energia e delle reti di trasmissione».