Ma la Regione si presenta come la peggiore in Italia per installare nuovi impianti
Scacco matto alla rinnovabili, la Toscana vista da Legambiente
L’impianto eolico autorizzato in Mugello è una delle poche storie a lieto fine evidenziate dal Cigno verde a livello italiano
[23 Marzo 2023]
In un contesto nazionale ancora disperante per lo sviluppo delle fonti pulite – a fronte di circa +10 GW da installare annualmente per traguardare gli obiettivi Ue, nel 2022 il dato si è fermato a +3 GW – nel nuovo rapporto di Legambiente Scacco matto alle rinnovabili la Toscana spicca soprattutto come portatrice di una storia a lieto fine: quella del progetto eolico proposto da Agsm in Mugello, nei Comuni di Vicchio e Dicomano.
«Il progetto – ricordano dal Cigno verde – prevede la costruzione di sette pale eoliche sull’Appennino toscano che, una volta realizzate, sfioreranno i cento metri di altezza, per una potenza totale di 29,6 MW ed in grado di generare 80 GWh di energia elettrica all’anno, quanto basta per dare elettricità a 100mila persone e a tagliare le emissioni di anidride carbonica di circa 40mila tonnellate l’anno. La richiesta di valutazione ed autorizzazione è stata depositata presso la Regione (procedura Paur) nel 2019 e da allora è iniziata l’epopea».
La Commissione Via regionale avanza 64 richieste di integrazione al progetto, ma è solo l’inizio. Nel corso del Provvedimento autorizzatorio unico regionale (Paur) vengono coinvolti 59 Enti diversi e si apre un’inchiesta pubblica – 150 i partecipanti fra cittadini, comitati contrari, esperti –, da cui emergono altre 360 richieste di integrazione. Nel febbraio 2022 arriva l’Autorizzazione unica regionale, ma la Soprintendenza si mette comunque di traverso «poiché “disturbata” dalla strada asfaltata che andrebbe costruita per poter trasportare e installare le sette pale eoliche». Una contrarietà risolta solo dal via libera definitivo arrivato dal premier Mario Draghi in persona, a tre anni dall’avvio dell’iter autorizzativo.
L’effettiva realizzazione del parco eolico dovrebbe adesso iniziare entro l’estate, per poi entrare in funzione a fine 2024. Una storia dunque che dovrebbe finire a lieto fine, anche se ha ben poco di virtuoso visto l’accidentato iter autorizzativo. Ma le lezioni da apprendere sono molte.
In primis sul dibattito pubblico, che Legambiente giustamente sottolinea come un elemento centrale per autorizzare nuovi impianti. «Se è vero che non esiste l’impianto perfetto – commenta oggi Katiuscia Eroe, responsabile nazionale energia di Legambiente – è altrettanto vero che questi impianti possono essere integrati al meglio ed essere valore aggiunto per i cittadini e le cittadine che vivono quei territori. Per questo è fondamentale non depotenziare uno strumento prezioso come quello del dibattito pubblico, come rischia di fare il Governo Meloni con la nuova proposta del Codice degli appalti».
Nel caso mugellano l’inchiesta pubblica ha sì finito per migliorare il progetto originario, ma non ha affatto risolto la contrarietà della rumorosa minoranza di cittadini Nimby (Not in my backyard) contrari all’eolico. Comitati come Crinali liberi o No eolico nel Mugello sono ancora in piena attività, hanno presentato l’ormai classico ricorso al Tar e progettano nuove azioni a contrasto contro le pale eoliche.
Cos’è stato dunque a fare la vera differenza per autorizzare l’impianto? L’assenza di una sindrome Nimto (Not in my terms of office) da parte della politica, con la relativa assunzione di responsabilità decisionale.
I sindaci di Vicchio e Dicomano hanno compreso l’importanza di sviluppare le rinnovabili sul proprio territorio, così come la Regione che in questo caso ha sostenuto – nonostante le lungaggini amministrative di cui sopra – l’ipotesi progettuale, fino ad arrivare al via libera del premier Draghi.
Duole però osservare che questa è ancora l’eccezione alla regola: spesso le sindromi Nimby e Nimto si alimentano anzi a vicenda, trovando nelle Regioni un muro di gomma. E la Toscana non fa eccezione, anzi. Guardando ai dati 2021 dell’osservatorio R.E.gions2030, citato anche da Legambiente nel rapporto odierno, la Toscana emerge anzi come la Regione peggiore d’Italia per l’installazione di nuovi impianti rinnovabili, guadagnandosi un’insufficienza in tutti gli ambiti indagati: performance 2020, pianificazione 2030, attrattività del territorio, permitting performance e business environment.
Una realtà che si rispecchia nel sostanziale stallo delle rinnovabili. Basti osservare il trend della geotermia, ovvero la fonte rinnovabile che da oltre due secoli il territorio toscano – per primo al mondo – coltiva a fini industriali: l’Ue chiede di triplicare la potenza installata a livello europeo entro il 2030, la Regione Toscana dichiara da anni di volerla raddoppiare, ma di fatto l’ultimo impianto entrato in esercizio risale a 9 anni fa. E al workshop che poche settimane fa ha riunito al Cnr di Pisa l’intera filiera geotermica nazionale, proprio per provare a sbloccare la situazione, la Regione e il ministero dell’Ambiente – pur caldeggiati a partecipare dai promotori – neanche si sono presentati.