SmartLight, è la rivoluzione nell’illuminazione naturale degli interni?
[12 Novembre 2013]
Due ricercatori dell’università di Cincinnati, Anton Harfmann e Jason Heikenfeld, hanno avuto quella che si può davvero definire un’idea luminosa, che potrebbe cambiare il modo in cui in futuro illumineremo l’interno di case ed edifici. In poche parole spiegano che «la luce proviene direttamente dal sole. E con l’aiuto di piccole cellule “electrofluidic” e una serie di “dotti” open-air, la luce del sole può illuminare naturalmente gli spazi di lavoro dalle finestre fino in profondità all’interno di edifici per uffici e l’energia in eccesso può essere sfruttata, stoccata e avviata ad altre applicazioni».
La nuova tecnologia si chiama SmartLight ed è il risultato di una collaborazione di ricerca interdisciplinare che ha prodotto lo studio “Smart Light – Enhancing Fenestration to Improve Solar Distribution in Buildings” è stato recentemente presentato proprio in Italia, al forum energetico internazionale CasaClima.
Secondo Harfmann, «L’innovativa tecnologia SmartLight sarebbe innovativa, sarebbe un game changing. Questo cambierà l’equazione dell’energia. Potrebbe cambiare il modo in cui saranno progettati e ristrutturati gli edifici. Potrebbe cambiare il modo in cui useremo le energie e con il quale affrontiamo la realtà del sole. Ha tutti i tipi di benefici e implicazioni non penso abbiamo ancora cominciato a toccare».
La domanda dalla quale è partita la ricerca SmartLight è: «C’è un modo più intelligente di usare la luce del sole?». Ogni giorno i raggi del sole che arrivano sulla Terra hanno abbastanza energia per soddisfare la richiesta di energia delle nostre società, ma le tecnologie esistenti, come ad esempio le celle fotovoltaiche, non sono molto efficienti. Un pannello fotovoltaico perde la maggior parte della energia del sole quando viene convertita in energia elettrica. Invece, dice Harfmann, «Con SmartLight, la luce del sole viene incanalata attraverso il sistema ed è utilizzata nella sua forma originale. Questo metodo di convertire la luce in energia elettrica e poi di nuovo in luce è molto più efficiente e sarebbe molto più sostenibile del produrre luce elettrica dalla combustione di combustibili fossili o dal rilascio di energia nucleare. Questa tecnologia potrebbe essere applicata a qualsiasi edificio, grande o piccolo, vecchio o nuovo, residenziale o commerciale».
Harfmann e Heikenfeld sono convinti che credere che SmartLight avrà un maggiore impatto sui grandi edifici commerciali. L’ Energy Information Administration del Dipartimento per l’energia Usa dice che nel 2011 il 21% dell’energia consumata dagli edifici commerciali era dovuto all’illuminazione, quello che Harfmann chiama «Il più grosso porco dell’energia» e dice che «L’energia necessaria per gli edifici assorbe quasi il 50% del totale dell’energia consumata dagli esseri umani».
SmartLight funziona così: una rete di celle “electrofluidic”, auto-alimentata dal fotovoltaico incorporato, viene applicata alla parte superiore di una finestra. Ogni minuscola cellula, larga pochi millimetri, contiene un liquido con proprietà ottiche anche migliori di quelle del vetro. La tensione superficiale del fluido può essere rapidamente manipolata in forme quali lenti o prismi attraverso una minima stimolazione elettrica, con circa da 10.000 a 100.000 volte meno energia di quella necessaria ad accendere una vecchia lampadina ad incandescenza. Così, la luce solare che passa attraverso la cella può essere controllata.
La luce può essere indirizzata e riflessa ad esempio sul soffitto per fornire illuminazione ad un ambiente. Altra luce potrebbe essere ottenuta focalizzandola verso apparecchiature speciali per l’illuminazione. Un’altra arte ancora della luce può essere “trasmessa” a spazi vuoti più alti o ad una nuova installazione dotata di una propria rete “electrofluidic”. Da lì, il processo potrebbe essere ripetuto per consentire alla luce solare di raggiungere le parti più interne di un edificio. Il tutto senza bisogno di installare nuovi cablaggi, condotti, tubi o cavi.
«Si usa ” lo spazio che è già interamente disponibile. Anche se si vuole sfruttare l’architettura esistente, c’è lo spazio e la capacità di farlo – sottolinea Heikenfeld che è il creatore delle cellule electrofluidic della SmartLight – E non c’è bisogno di qualcosa di meccanico e ingombrante, come un motore che ronza in un angolo del vostro ufficio. Sembra proprio come un pezzo di vetro».
Harfmann immagina un luogo di lavoro dove gli interruttori della luce diventano anacronistici come i tappetini per il mouse o gli ingombranti monitor Crt. SmartLight dovrebbe essere controllata in modalità wireless tramite un un’applicazione software sul cellulare. Così, invece di un schiacciare il pulsante di un interruttore su una parete si potranno scegliere le proprie esigenze di illuminazione con un’app sul cellulare e SmartLight regolerà la luminosità voluta nella stanza. SmartLight potrebbe anche usare la geolocalizzazione dalla stessa app per accendere o spegnere quando un utente entra o esce da una stanza o quando cambia la disposizione all’interno della stessa stanza, manipolando l’illuminazione “Wi-Fi-enabled”.
Harfmann conferma: «SmartLight verrebbe controllata in modalità wireless. Non ci sarebbero fili per il suo funzionamento. Non ci vorranno interruttori della luce nelle stanze. Non ci vorranno linee elettriche nei muri. Si potrò entrare in una stanza e le luci si accenderanno, perché il tuo smartphone sa dove sei e comunica con il sistema SmartLigh»- Ma quando è notte o il cielo è nuvoloso cosa succede? Qui entra in gioco lo stoccaggio di energia di SmartLight: in una giornata di sole la luce solare colpisce la facciata di un ad un livello che è spesso centinaia di volte maggiore di quello che è necessario per illuminare l’intero edificio. SmartLight può incanalare la luce in eccesso in uno stoccaggio centralizzato all’interno dell’edificio. L’energia immagazzinata potrà quindi essere riutilizzata quando i livelli di luce naturale sono troppo bassi. La SmartLight grid è così sensibile, ogni cellula funziona in un secondo, che è in grado di reagire in modo dinamico a vari livelli di luce durante il giorno e questo garantirebbe livelli di illuminazione costante degli uffici. I due ricercatori dicono che con un tale potenziale di stoccaggio di energia, la rete elettrica di un edificio potrebbe anche sfruttare l’hub centralizzato e utilizzare l’energia accumulata per alimentare altre esigenze, come ad esempio il riscaldamento e il raffreddamento. E se lo stoccaggio a centralizzato delle eccedenze di illuminazione solare non è possibile all’interno di alcune strutture esistenti, la luce potrebbe anche essere inviata direttamente ad un vicino centro di stoccaggio.
Heikenfeld è convinto che esistano già molte delle tecnologie e della scienza necessarie per far diventare Smart Light commercialmente valida. Con Harfmann ha già avviato la valutazione dei materiali e dei metodi di produzione. L’unica cosa che manca a questo punto sono i finanziamenti per creare un prototipo su larga scala che possa richiamare l’attenzione del governo o di partner interessati a portare SmartLight sul mercato. «Stiamo cercando ingenti fondi per mettere davvero insieme un programma significativo. Abbiamo già fatto un sacco di lavoro di semina. Siamo al punto in cui ci vorrebbe un grande sforzo, del tipo di quelli commercialmente validi. Il passo successivo è la parte più difficile. Come si fa a tradurlo in prodotti commerciali?»