Thesus, l’approccio europeo (made in Italy) per la gestione delle coste
[1 Agosto 2013]
Il progetto Innovative coastal technologies for safer European coasts in a changing climate (Thesus) parte dal presupposto che «Le zone costiere sono centri vitali per le comunità, l’industria, l’agricoltura, il commercio e il turismo. Ma con le economie costiere in continuo sviluppo e gli effetti dei cambiamenti climatici che diventano più evidenti, cresce anche il rischio di danni ambientali a lungo termine» e sta concludendo il lavoro per lo sviluppo di una risposta europea per ridurre questi rischi e assicurare che le economie e i mezzi di sostentamento delle coste siano sostenibili.
Il progetto Thesus è finanziato dall’Unione europea e i 31 enti di ricerca ed università che vi partecipano, coordinati dall’università di Bologna, stanno esaminando strategie innovative per far fronte alle sfide emergenti, che comprendono: recuperare o creare habitat costieri; applicare tecniche idro-morfodinamiche come i convertitori di energia del moto ondoso, depositi di sedimenti, strutture multiuso e canali resistenti alle inondazioni; agire per ridurre gli impatti sulla società e l’economia, come per esempio tramite la promozione della conoscenza dei rischi o la pianificazione spaziale; usare sistemi informatici avanzati per sostenere la pianificazione della difesa.
Le attività di ricerca di Thesus sono in corso in 8 siti in tutta Europa (compresa l’Emilia-Romagna), «Con particolare attenzione agli ambienti costieri più vulnerabili, come i delta, gli estuari e le paludi, dove si trovano molte grandi città e zone industriali – spiega il bollettino scientifico dell’Ue Cordis – Parte del lavoro ha riguardato la raccolta di un’ampia gamma di informazioni sugli attuali sistemi per le inondazioni. Sono stati intervistati i responsabili locali della pianificazione, i responsabili delle politiche e i portatori di interesse, sono stati creati modelli dell’estensione delle inondazioni e sono state usate varie tecniche per valutare l’incertezza della previsione dell’evento».
Secondo i partner del progetto, di cui fa parte anche il Consorzio per la gestione del centro di coordinamento delle attività di ricerca inerenti il sistema lagunare di Venezia, «La difficoltà maggiore è stata riunire persone con diverse specialità e approcci teorici». Il progetto, che dovrà concludere le sue attività entro novembre 2013. Il consorzio ha riunito ricercatori universitari, agenzie meteorologiche, autorità portuali e altri specialisti di 12 paesi dell’Ue (Italia, Spagna, Danimarca, Gran Bretagna, Germania, Bulgaria, Grecia, Olanda, Polonia, Belgio, Francia e Lettonia) e di Usa, Messico, Taiwan e Russia. Tutti i dati sono stati raccolti e messi a disposizione dei ricercatori che fanno parte del team di Thesus attraverso un database online.
«Contemporaneamente – si legge su Cordis -, sono stati fatti un gran numero di test di modellazione fisica e numerica per i convertitori di energia, le strutture sommerse, la vegetazione dei fondali, i canali, le strutture galleggianti e gli argini. Il lavoro sul campo è stato condotto in siti di tutta Europa e lungo il fiume Yangtze in Cina. Per esempio, il lavoro sperimentale nei Paesi Bassi e nel Regno Unito ha quantificato le differenze dell’attenuazione delle onde sulle barriere coralline naturali. In Francia, i ricercatori hanno confrontato le strategie di gestione per gli habitat degradati delle dune di sabbia».
I ricercatori dicono che «Uno dei successi del progetto è stato attirare l’attenzione sugli attuali problemi della gestione delle coste. I partner hanno divulgato i risultati del progetto alla comunità scientifica, all’amministrazione e ad altri utenti finali attraverso presentazioni in occasione di conferenze scientifiche, incontri nazionali ed eventi locali. Il lavoro del progetto ha ricevuto l’attenzione della stampa a livello nazionale. Thesus ha sviluppato inoltre linee guida complete per la gestione delle coste. Queste linee guida integrano le migliori pratiche in una politica strategica coerente per specifiche zone costiere. Le linee guida tengono conto delle questioni ambientali, sociali ed economiche».
Barbara Zanuttigh, ricercatrice in Idraulica della facoltà di ingegneria di Bologna, dal 2006 è la coordinatrice del progetto Thesus, il più ricco tra quelli finora finanziati per le coste europee ed ha spiegato che il progetto che prende il nome dell’eroe mitologico in lotta contro il Minotauro «E’ stato finanziato con un grant di 6.530.000 euro tra i Large Collaborative Integrated Project dell’Unione Europea. Il costo complessivo del progetto è di 8.519.726».
Al progetto, di cui è capofila l’Alma Mater Studiorum di Bologna, hanno partecipato ingegneri civili specializzati nello studio delle coste, studiosi di ecologia, economisti e studiosi di scienze sociali, meteorologi, informatici compongono il team di lavoro sparso in tutto il mondo che fino al 30 novembre lavoreranno insieme per studiare tecnologie innovative per la difesa della costa europea, in considerazione dei cambiamenti climatici.
La Zanuttigh spiega che «L’idea di base è che le aree costiere siano vitali da un punto di vista economico e sociale (importanti città sono in prossimità del mare: da Londra a San Pietroburgo passando per Venezia e Salonicco). Il cambiamento climatico comporta rischi che possono mettere a dura prova la vita di queste città, basti pensare all’innalzamento del livello del mare, all’erosione della costa e al pericolo di inondazioni. Quello che il progetto si propone di fare è un’azione a 360° che spazia dall’esame di tecnologie diverse – quali opere marittime di maggiore o minore impatto ambientale (convertitori di energia da onda, strutture sommerse, rinascimenti), gestione e rinforzo di habitat naturali (quali dune e zone umide o reef naturali), pianificazione di misure per promuovere la resilienza socio-economica (piani assicurativi, pianificazione di uso del suolo), alla messa a punto di un approccio integrato per la scelta di un piano strategico di difesa della costa fino al supporto all’implementazione delle direttive europee (Flood Directive, Water Framework Directive) e persino a ricadute a livello industriale e tecnologico delle tecnologie utilizzate.
Il progetto prevede 8 siti di studio, dove lavorare in stretta cooperazione con le autorità locali per stimare condizioni a rischio. E la sfida è farlo non solo oggi, ma da qui a cento anni».