Una scoperta italo-statunitense
Tutto l’edificio diventa fotovoltaico grazie a nanoparticelle e punti quantici
Non più soltanto i tetti, ma anche finestre e facciate
[16 Aprile 2014]
Nature Photonics ha pubblicato lo studio “Large-area luminescent solar concentrators based on “Stokes-shift-engineered” nanocrystals in a mass-polymerized PMMA matrix”, nel quale un team di ricerca del Dipartimento di scienza dei materiali dell’università di Milano-Bicocca, coordinato da Francesco Meinardi (fisico della materia) e da Sergio Brovelli (fisico sperimentale), in collaborazione con il ricercatori statunitensi del Los Alamos National Laboratory guidati da Victor I. Klimov, illustrano una scoperta rivoluzionaria: «Semplici lastre di plexiglass “drogate” con speciali nanoparticelle fluorescenti catturano e concentrano la luce del sole e possono trasformare le vetrate degli edifici in generatori di energia pulita».
Si tratta dei concentratori solari luminescenti basati su nuove nanoparticelle a semiconduttore, messi a punto dal team italo-statunitense e all’università milanese spiegano che «I concentratori solari luminescenti (LSC, Luminescent Solar Concentrators) sono dispositivi costituiti da una lastra plastica o vetrosa nella quale sono incorporate specie otticamente attive dette cromofori che assorbono parte della luce solare e la ri-emettono all’interno della lastra. La luce è quindi convogliata verso i bordi sfruttando il fenomeno della riflessione totale interna, così come avviene nelle fibre ottiche utilizzate nelle telecomunicazioni, dove è trasformata in energia elettrica da piccole celle solari poste lungo gli spigoli». Scegliendo in modo opportuno il grado di trasparenza ed il colore del dispositivo, è quindi possibile trasformare delle normali finestre in elementi fotovoltaici a tutti gli effetti senza sensibili aumenti di costo».
I ricercatori sottolineano che «Fino ad oggi non era possibile realizzare concentratori solari luminescenti di dimensioni sufficienti per un impiego in contesti reali (vetrate, serre, coperture trasparenti ecc…) a causa del fatto che cromofori standard, siano essi molecole o nanoparticelle, riassorbono gran parte della loro stessa fluorescenza. Questo processo noto come “ri-assorbimento” comporta che la luce emessa da un cromoforo sia ri-assorbita dal cromoforo successivo cosicché la sua intensità diminuisce progressivamente, fino ad azzerarsi, avvicinandosi al bordo della lastra».
Proprio realizzare materiali senza ri-assorbimento è la sfida principale per l’affermazione di questa tecnologia. Lo studio è stato finanziato da Fondazione Cariplo, Unione europea e Dipartimento dell’energia Usa ed ha sviluppato una tecnica per incorporare nei concentratori plastici degli speciali cristalli colloidali di dimensioni di pochi milionesimi di millimetro.
Su Nature Photonics viene spiegato che «in questi nuovi nanomateriali, una particella funge da involucro per una seconda nanoparticella ancora più piccola, in una geometria che ricorda un nocciolo ricoperto dal suo guscio». Mainardi evidenzia che «l’enorme vantaggio di questi sistemi è che permettono di disaccoppiare i processi di assorbimento e di emissione della luce: l’assorbimento avviene nel guscio che immediatamente trasferisce l’energia accumulata al nocciolo da cui avviene l’emissione luminosa». Dato che il guscio è trasparente all’emissione del nocciolo, la fluorescenza può propagare senza perdite per distanze molto lunghe, permettendo di realizzare dispositivi di grandi dimensioni nell’ordine di migliaia di centimetri quadrati e quindi utilizzabili in contesti architettonici reali.
Klimov, che dirige il del Center for Advanced Solar Photophysics a Los Alamos, spiega che «Gli LSC fungono da antenna di raccolta della luce che concentrano la radiazione solare raccolta da una grande area su una cella solare molto più piccola e questo aumenta la loro potenza». Secondo Klimov, «La realizzazione chiave è la dimostrazione dei “large-area luminescent solar concentrators” che utilizzano una nuova generazione di punti quantici appositamente progettati». I punti quantici sono frammenti ultra-piccoli di materia semiconduttrice che possono essere sintetizzati con precisione quasi atomica utilizzando i moderni metodi di chimica colloidale. Il loro colore di emissione può essere regolato semplicemente variandone le dimensioni. La sintonizzabilità del colore si combina con le elevate efficienze di emissione che si avvicinano al 100%. Queste proprietà sono di recente diventati la base di una nuova tecnologia, la “quantum dot displays” impiegata, per esempio, nella nuova generazione di Kindle Fire e-reader.
Brovelli conclude: «Questa tecnologia, di cui noi abbiamo fornito la prova di principio, è immediatamente scalabile per l’industria e può essere utilizzata nella green architecture e nella building sustainability. Con questi nano-materiali, non più soltanto i tetti ma tutte le parti di un edificio possono diventare pannelli solari, incluse finestre e facciate, favorendone l’auto-sostenibilità. Inoltre la possibilità di realizzare dispositivi di qualsiasi forma e colore offre nuove eccitanti opportunità nel design di elementi architettonici intelligenti».