Ue, ecco cos’è necessario fare contro la recessione da coronavirus: l’appello di 67 economisti
Tra i firmatari anche Massimiliano Mazzanti (Università di Ferrara) e Daniela Palma (Enea), del think tank di greenreport
[23 Marzo 2020]
Neanche di fronte a un disastro l’attuale classe dirigente europea è disposta a prendere atto che le idee che hanno guidato finora la politica economica sono profondamente sbagliate. Questa classe dirigente pretende che tali idee interpretino il modo migliore di far funzionare i mercati, elevati a mitici giudici di ciò che è giusto e ciò che non lo è e di fatto sostituiti al processo democratico. Ma proprio la reazione dei mercati alle prime decisioni dei ministri finanziari e poi della Bce su come fronteggiare l’emergenza hanno sepolto sotto una valanga di vendite da panico la palese incomprensione della situazione da parte dei massimi dirigenti europei, costringendoli a frettolosi tentativi di riparazione.
Queste reazioni non sono però servite a convincere leader e tecnocrati della fallacia delle loro teorie. Gli interventi sono presentati come una risposta d’eccezione a uno stato di eccezione, senza che questo metta in questione le regole di funzionamento dell’Unione che – si sottintende – passata la tempesta riprenderanno ad operare pienamente.
Il Patto di stabilità in un primo momento non era stato nemmeno sospeso, preferendo affermare che non ce n’era bisogno perché “consente tutta la flessibilità necessaria”. Il “whatever it takes” di Mario Draghi è stato dapprima smentito, provocando il crollo dei mercati, e poi ripetuto in un tentativo di recupero. Ma è stata persa la credibilità, che è la condizione indispensabile affinché quella frase sia efficace, sia perché è evidente che sia stata detta solo perché forzata dagli eventi, sia perché i nuovi provvedimenti annunciati dalla Bce prevedono limiti e paletti (come la capital key, gli acquisti di titoli sovrani in base alle quote di capitale della Banca che ogni Stato possiede, seppure attenuata) e non sono quindi nella logica di “qualsiasi cosa sia necessaria”.
Il cosiddetto Fondo salva-Stati (Mes) è rimasto ai margini degli annunci, a riprova che non è in grado di salvare nulla. Si tratta in effetti solo di uno strumento di disciplina che gli Stati egemoni vogliono usare per imporre il loro dominio su quelli che cadano in difficoltà. Ne vogliono fare la chiave di accesso agli interventi della Bce, una chiave che sarebbe pagata con la “grecizzazione” di chi incautamente vi facesse ricorso, ossia l’impoverimento del paese e la sua successiva spoliazione da parte delle economie più forti.
Nell’immediato è necessario che:
– la Bce riaffermi con forza che i 750 miliardi di interventi annunciati rispondono solo alle prime necessità della crisi, e che è disposta ad interventi illimitati in base a quanto necessario;
– gli acquisti di titoli pubblici non avverranno più in base alle quote di capitale della Banca che ogni Stato possiede (criterio che peraltro non è applicato per le obbligazioni societarie), ma in base alla necessità di contrastare la speculazione;
– la Bce dichiari che i titoli sovrani detenuti in base ai vari programmi di acquisto saranno rinnovati indefinitamente;
– la Bce trovi la formula giuridica compatibile con i Trattati per acquistare a titolo definitivo bond senza scadenza emessi dagli Stati, con rendimento zero o prossimo allo zero, da collocare poi presso le Banche centrali nazionali.
Per il futuro è necessario che:
– i governi Ue abbandonino l’idea che la crescita dell’economia possa essere affidata alle sole esportazioni, continuando a perseguire indefinitamente una politica di contenimento dei bilanci pubblici e dei consumi interni;
– i governi Ue prendano atto che l’inserimento del Fiscal compact all’interno dei trattati europei è stato bocciato dal Parlamento europeo e quindi quelle prescrizioni vanno lasciate cadere;
– i governi Ue concordino che il pareggio di bilancio debba valere solo per le spese correnti;
– i governi Ue prendano ufficialmente atto che la politica fiscale possa essere usata in funzione anticongiunturale, anche se ciò comporta un deficit pubblico o un suo aumento;
– i governi Ue abbandonino i criteri di sorveglianza basati su parametri inaffidabili come il Pil potenziale e l’output gap.
Le decisioni necessarie ad assicurare la sopravvivenza dell’Unione europea non sono naturalmente soltanto queste – valga per tutte l’impellente necessità di dare vita agli eurobond – e ci sarà modo di discuterne in futuro, ma ciò che ora importa è che i vertici europei si rendano conto dei clamorosi errori ripetuti nel tempo e dichiarino di voler seguire d’ora in poi una strada diversa. Se questo non sarà fatto la crisi sarà pagata duramente da tutti i cittadini europei e sarà messa a forte rischio la stessa sopravvivenza dell’Unione.
Nicola Acocella (univ. Roma La Sapienza)
Massimo Amato (univ. Bocconi)
Davide Antonioli (univ. Ferrara)
Marco Antoniotti (univ. Milano Bicocca)
Roberto Artoni (univ. Bocconi)
PierGiorgio Ardeni (univ. Bologna)
Lucio Baccaro (Managing Director, Max Planck Institute, Colonia)
Alberto Baccini (Univ. Siena)
Giancarlo Bertocco (Univ. dell’Insubria)
Paolo Borioni (univ. Roma La Sapienza)
Sergio Bruno (univ. Roma La Sapienza)
Sergio Cesaratto (univ. Siena)
Roberto Ciccone (univ. Roma Tre)
Giulio Cifarelli (univ. Firenze)
Carlo Clericetti (giornalista)
Antonio Cuneo (univ. Ferrara)
Massimo D’Antoni (univ. Siena)
Antonio Di Majo (univ. Roma Tre)
Giovanni Dosi (Scuola Superiore Sant’Anna)
Sebastiano Fadda (univ. Roma 3)
Guglielmo Forges Davanzati (univ. del Salento)
Maurizio Franzini (univ. Roma La Sapienza)
Andrea Fumagalli (univ. Pavia)
Mauro Gallegati (univ. Politecnica delle Marche)
Claudio Gnesutta (univ. Roma La Sapienza)
Dario Guarascio (univ. Roma La Sapienza)
Andrea Guazzarotti (univ. Ferrara)
Andres Lazzarini (univ. of London e Roma Tre)
Riccardo Leoncini (univ. Bologna)
Riccardo Leoni (univ. Bergamo)
Enrico Sergio Levrero (univ. Roma Tre)
Stefano Lucarelli (univ Bergamo)
Ugo Marani (univ. Napoli l’Orientale)
Maria Cristina Marcuzzo (univ. Roma La Sapienza e Acc. Lincei)
Massimiliano Mazzanti (univ. Ferrara)
Marco Missaglia (univ. Pavia)
Francesco Morciano (univ. Pavia)
Mario Morroni (univ. Pisa)
Guido Ortona (univ. Piemonte orientale)
Ruggero Paladini (univ. Roma La Sapienza)
Daniela Palma (Enea)
Gabriele Pastrello (univ. Trieste)
Anna Pettini (univ. Firenze)
Paolo Piacentini (univ. Roma La Sapienza)
Paolo Pini (univ. Ferrara)
Cesare Pozzi (Luiss Guido Carli e univ. di Foggia)
Michele Raitano (univ. Roma La Sapienza)
Simonetta Renga (univ. Ferrara)
Guido Rey (Scuola superiore Sant’Anna)
Umberto Romagnoli (univ. Bologna)
Roberto Romano (economista)
Alessandro Roncaglia (univ. Roma La Sapienza e Acc. Lincei)
Vincenzo Russo (univ. Roma La Sapienza)
Enrico Saltari (univ. Roma La Sapienza)
Roberto Schiattarella (univ. Camerino)
Alessandro Somma (univ. Roma La Sapienza)
Antonella Stirati (univ. Roma Tre)
Pietro Terna (univ. Torino)
Mario Tiberi (univ. Roma La Sapienza)
Leonello Tronti (univ. Roma Tre)
Marco Valente (univ. dell’Aquila)
AnnaMaria Variato (univ. Bergamo)
Andrea Ventura (univ. Firenze)
Antimo Verde (univ. della Tuscia)
Marco Veronese Passarella (Leeds University Business School)
Gennaro Zezza (univ. Cassino)
Aderiscono anche:
Roberto Burlando (univ. Torino)
Riccardo Cappellin (univ. Roma Tor Vergata)
Andrea Coveri (univ. Urbino)
Lucio Gobbi (univ. Trento)
Lia Pacelli (univ. Torino)
Giuseppe Tattara (univ. Venezia)
Fabio Berton (univ. Torino)
Maurizio Zenezini (univ. Trieste)