Una riforma fiscale ecologica per il Governo Draghi

Tra le priorità messe in evidenza dal premier c’è quella di rimodulare la pressione fiscale, preservando la progressività. Ma la transizione ecologica passa anche da qui

[18 Febbraio 2021]

«Una riforma fiscale segna in ogni Paese un passaggio decisivo. Indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l’architrave della politica di bilancio». Nelle sue dichiarazioni programmatiche al Senato, Mario Draghi ha messo ben in evidenza quale sarà una tra le prime riforme – insieme a quella della Pa – cui metterà mano il suo Governo: quella del fisco, da cui incidentalmente passano anche non poche speranze per la transizione ecologica del Paese.

Nonostante i toni ambientalisti delle dichiarazioni, Draghi ha però tenuto piuttosto disgiunti i due temi. Si è soffermato ad esempio su altre necessità, come quella di una «revisione profonda dell’Irpef con il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività». Ma se le tasse sul lavoro in Italia sono troppo alte, quelle ambientali sono praticamente nulle (escluse le tasse sull’energia, secondo la classificazione della DG XXI della CE). Uno sbilanciamento cui l’Ocse ci chiede di metter mano almeno dal 2013: potrebbe essere l’occasione buona? Di certo gli spunti non mancano.

Ormai dieci anni fa,  come già abbiamo ricordato su queste pagine, l’Agenzia europea dell’ambiente (Eea) nella sua Environmental fiscal reform – Illustrative potential in Italy ha individuato ad esempio un potenziale pari a 25 miliardi di euro tra introduzione di tasse ambientali e rimozione di sussidi impropri, in grado di spingere l’innovazione ambientale come ridurre altre tasse e in primis il costo del lavoro.

Da allora però non è cambiato molto, anzi:  da soli i sussidi ambientalmente dannosi censiti dal ministero dell’Ambiente arrivano ormai a 19,7 miliardi di euro l’anno, di cui ben 17,7 regalati alle fonti fossili in varie forme. Tagliarli potrebbe permettere di ridurre le tasse sul lavoro o liberare risorse per investimenti pubblici verdi, e indennizzare le fasce sociali più colpite dal cambiamento.

Occorre infatti avere sempre ben presente l’errore compiuto dalla Francia che ha innescato le proteste dei Gilet gialli: le tasse verdi – così come l’Iva – tendono ad essere regressive, ovvero gravano più sui redditi bassi di quelli alti, e per renderle sia eque che socialmente accettabili è necessario prevedere interventi correttivi o destinazioni del gettito adeguate (ad esempio a favore di interventi contro la povertà).

Altra questione purtroppo annosa, la carbon tax: come spiegava un anno fa il Kyoto club durante un incontro con il presidente Mattarella, introducendo una tassa pari a 75 dollari per tonnellata di CO2 avremmo a disposizione 14 miliardi di euro l’anno, ovvero ben più dei circa 8 miliardi di euro stanziati per il Reddito di cittadinanza nel 2021.

L’Europa peraltro sta iniziando finalmente a puntare forte su una carbon tax, che possa agire ai confini del Vecchio continente anche come arma di tutela commerciale: dall’Europarlamento è arrivato recentemente un nuovo via libera alla carbon border tax, chiedendo di introdurla non oltre il 2023.

Ma non ci sono solo i gas serra: sempre l’Europarlamento sta sollecitando la Commissione Ue a introdurre già quest’anno indicatori di circolarità armonizzati, comparabili e uniformi per l’impronta dei materiali e dei consumi, che coprano il ciclo di vita dei prodotti immessi sul mercato europeo. Una richiesta che si affianca a quanto già adottato dalla Commissione per calcolare l’impronta di carbonio di un prodotto o di un’impresa attraverso una metodologia standardizzata.

Combinando questi due approccio ne risulterebbe uno strumento particolarmente prezioso per determinare l’impatto ambientale di un prodotto, in modo da suggerire il livello di tassazione più adeguato: ad esempio tramite la rimodulazione in senso ecologico dell’Iva, altro cavallo di battaglia dell’ambientalismo mai uscito dai box di partenza.