Le discariche abusive si riempiono mentre quelle autorizzate a operare in sicurezza sono tabù
Un’altra Giornata mondiale delle vittime dell’amianto è passata, ma l’Italia rimane al palo
Il ministro Costa sulle bonifiche: «Adesso iniziamo, cambiamo pagina, ma non vedrò il risultato da ministro perché ci vorrà del tempo»
[29 Aprile 2019]
Il 28 aprile di ogni anno si celebra la Giornata mondiale delle vittime dell’amianto, e per l’Italia è una ricorrenza particolarmente amara. «In Italia – spiega il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, intervenendo da Casale Monferrato (nella foto, ndr) – c’è un problema legato alla gestione dell’amianto che perdura negli anni. Non è un’emergenza: è una cronicità. È arrivato il momento di dire basta».
Come ricordano dall’Osservatorio nazionale amianto (Ona), nonostante questo materiale nel nostro Paese sia stato messo al bando nel 1992 continua ad uccidere, perché si trasforma in fibre invisibili la cui esposizione può causare mesotelioma, tumore del polmone, tumore della laringe, dello stomaco e del colon: «Il picco di mesoteliomi e di altre patologie asbesto correlate si verificherà tra il 2025 e il 2030 e poi inizierà una lenta decrescita – argomenta l’Ona – In Italia, ci sono ancora 40 milioni di tonnellate di materiali contenenti amianto, di cui 33 milioni compatto e 8 milioni friabile. Ci sono un milione di siti contaminati, di cui almeno 50mila industriali, e 40mila siti di interesse nazionale». L’amianto di fatto è ancora ovunque: l’Ona ad esempio ha segnalato la presenza di amianto in 2.400 scuole, 1.000 biblioteche ed edifici culturali, 250 ospedali. «Per evitare nuove esposizioni alla fibra killer e quindi il rischio di incidenza per nuovi cittadini vittime potenziali urge avviare una bonifica globale con la messa in sicurezza di tutti i siti contaminati», sottolineano dall’Osservatorio.
Ma per il ministro dell’Ambiente «se non comprendiamo che il Paese Italia deve uscire dalla logica delle bonifiche per entrare nella logica della prevenzione, noi non assicureremo un’eredità degna di questo nome ai nostri figli e ai nostri nipoti. Purtroppo oggi quando si parla di ambiente, il 99% delle volte in un dibattito pubblico emerge il tema delle bonifiche e se questo succede vuol dire che la nostra generazione ha fallito. Se bonifichiamo vuol dire che qualcosa di sbagliato è successo prima, invece questa è diventata la normalità». Sta di fatto che il fallimento c’è evidentemente già stato, e che senza concludere le bonifiche stiamo continuando ad alimentarlo.
Che fare dunque? Il ministro punta su nuove leggi: «La Commissione Fragliasso, dal nome del Procuratore che l’ha presieduta, mi ha consegnato una nuova norma sulle bonifiche che dovrebbe aiutarci a farle durare non più 20-30 anni ma 4-5 anni. Questo è quello che dobbiamo fare per evitare che le bonifiche siano il nostro quotidiano. Adesso iniziamo, cambiamo pagina – ha concluso Costa – non vedrò il risultato da ministro perché ci vorrà del tempo, ma sono qui oggi per dire che il percorso si avvia». Il problema è che dal 1992 a oggi molti percorsi sono stati avviati, ma ancora nessuno s’è concluso; anche perché, molto prosaicamente, non sappiamo dove conferire i rifiuti contenenti amianto che le bonifiche – nei pochi casi in cui vengono concluse – producono.
Questa “criticità”, per dirla con le parole del ministro Costa, è stata evidenziata tra gli altri proprio dal ministero dell’Ambiente nel 2017, durante una conferenza organizzata dal M5S alla Camera, e all’interno dell’ultimo report dedicato da Legambiente all’eterna emergenza amianto. Mancano le discariche dove conferire in sicurezza l’amianto bonificato, e questo naturalmente rallenta l’intero iter; e nel mentre il poco amianto bonificato dove va? Nell’ultimo anno censito dall’Ispra l’Italia ha esportato all’estero 125mila tonnellate d’amianto che non avrebbe saputo dove gestire all’interno dei patri confini, prevalentemente in direzione Germania. E il resto? «Mi ricordo che in tutte le discariche che ho sequestrato quando ero un generale della Forestale prima e dei Carabinieri poi, trovavo sempre amianto in quei luoghi – osserva al proposito Costa – In ogni discarica abusiva gestita dal clan dei Casalesi, c’era sempre l’amianto sepolto». Forse se si realizzassero discariche legalmente autorizzate a operare e a smaltire l’amianto in sicurezza, questo non succederebbe.