Si concluderà il 15 dicembre, poi gli Enti locali potranno avanzare manifestazioni d’interesse

Voglia di nucleare? È iniziato il seminario per localizzare il Deposito dei rifiuti radioattivi

Gava (Mite): «Il processo deve svolgersi nella massima trasparenza e completezza informativa verso i cittadini, spiegando in modo chiaro i motivi per cui l’Italia debba farsi carico di una gestione in sicurezza dei propri rifiuti radioattivi»

[7 Settembre 2021]

A pochi giorni dall’ennesima quanto confusionaria apertura del ministro della Transizione ecologica (Mite) al nucleare, che in Italia è già stato bocciato due volte tramite referendum come fonte di produzione energetica e che anche a livello internazionale si mostra sempre meno competitivo, si è aperto oggi un tema vero per il ritorno al futuro dell’atomo nel nostro Paese.

La mai conclusa avventura nucleare ci ha infatti sobbarcato dell’esigenza di trovare una destinazione per i relativi rifiuti, legati alle centrali (ancora) in dismissione, ma è bene sottolineare che l’esigenza di un Deposito nazionale per i rifiuti radioattivi – che si stima costerà 1,5 miliardi di euro – si rinnova ogni giorno.

Ad oggi sono ammassati sul territorio nazionale, distribuiti su sette regioni (nel Lazio i volumi maggiori, in Piemonte la radioattività di gran lunga più alta) all’interno di depositi temporanei, 31.027,30 mc di rifiuti radioattivi. Dietro a questi numeri ci sono anche i rifiuti provenienti dal mondo civile e in special modo da quello medico e ospedaliero, dalle sostanze radioattive usate per la diagnosi clinica, per le terapie anti tumorali, ad esempio, da tutte quelle attività di medicina nucleare che costituiscono ormai il nostro quotidiano.

Ecco perché serve un’assunzione di responsabilità collettiva per individuare un Deposito nazionale dove stoccare questi rifiuti in sicurezza: «Il deposito non sarà un impianto pericoloso. Lo sono invece gli attuali siti di stoccaggio presenti in tutta Italia», spiegano nel merito da Legambiente.

Più nel dettaglio, nel Deposito nazionale saranno sistemati definitivamente e in sicurezza circa 78.000 mc di rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, la cui radioattività decade a valori trascurabili nell’arco di 300 anni; di questi rifiuti, circa 50.000 metri cubi derivano dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica, circa 28.000 metri cubi dagli impianti nucleari di ricerca e dai settori della medicina nucleare e dell’industria.

Lo scorso gennaio il Governo ha pubblicato la Cnapi, ovvero la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il Deposito, e ciò è bastato a scatenare un putiferio di sindromi Nimby & Nimto per dire: non nel mio giardino.

Per provare a invertire la rotta con l’arma del dialogo, si è tenuta questa mattina la sessione plenaria di apertura del seminario nazionale che ha l’obiettivo di approfondire, con tutti i soggetti interessati, gli aspetti tecnici legati al progetto del Deposito.

«Il processo di localizzazione del Deposito nazionale – spiega Vannia Gava, sottosegretaria al Mite – deve svolgersi nella massima trasparenza e completezza informativa verso i cittadini, spiegando in modo chiaro i motivi per cui l’Italia, come altri Paesi interessati dalle medesime problematiche, debba farsi carico di una gestione in sicurezza dei propri rifiuti radioattivi. Pertanto la localizzazione del Deposito scaturirà solo a valle di una procedura ampiamente partecipativa, che comprende la valutazione concertata di ogni elemento radiologico, territoriale e ambientale utile a selezionare il sito in modo ottimale».

Il seminario si articolerà in nove incontri, trasmessi in diretta streaming sul sito seminariodepositonazionale.it, oltre a focus territoriali che interesseranno le aree potenzialmente idonee presenti nelle regioni coinvolte: Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia e Basilicata, Sicilia, Sardegna.

L’iter si concluderà il 15 dicembre con la pubblicazione del resoconto complessivo dei lavori, poi ci saranno altri 30 giorni aperti alla consultazione pubblica, in cui potranno essere inviate eventuali ulteriori osservazioni e proposte tecniche finalizzate alla predisposizione e alla pubblicazione della Carta nazionale aree idonee (Cnai).

A questo punto, Regioni ed Enti locali potranno esprimere le proprie manifestazioni d’interesse (non vincolanti) ad approfondire ulteriormente l’argomento. Ma chi mai potrebbe volere un Deposito nazionale per rifiuti radioattivi vicino a casa? A dispetto dei pregiudizi c’è chi l’ha provato sulla propria pelle, e adesso non tornerebbe indietro.

È quanto accaduto con il Centre de l’Aube nel nord-est della Francia – una zona di produzione dello champagne – dove nel 1992 è entrato in funzione un deposito superficiale con una capacità di 1 milione di metri cubi di rifiuti radioattivi.

«All’inizio l’85% della comunità era contraria al deposito – ha dichiarato oggi Philippe Dallemagne, vicepresidente del dipartimento de l’Aube e sindaco di Soulaines-Dhuys, dove ha sede il deposito – Temevamo rischi per la salute e danni all’economia. Il confronto e l’esperienza hanno fugato tutte le nostre paure. Il deposito nazionale è accolto dalla popolazione come il modo più sicuro per gestire i rifiuti radioattivi di un paese e un volano per lo sviluppo del territorio che lo accoglie».

Oggi l’80% dei cittadini è favorevole al deposito, e i Comuni dell’area di produzione dello champagne sono talmente entusiasti che stanno valutando di ospitare un nuovo deposito per rifiuti radioattivi.