Presentato oggi a Roma il nuovo dossier elaborato da Althesys
Was report 2015, per la gestione dei rifiuti ancora manca una «strategia nazionale»
Marangoni: «Si registra un ritardo di norme e politiche, in Italia sono troppo complesse e frammentate»
[25 Novembre 2015]
L’edizione 2015 del rapporto Was – Waste strategy, eleborato dalla società Althesys e presentato oggi a Roma, rappresenta una nuova occasione di confronto sulla “Trasformazione dell’industria italiana del waste management”, che non a caso dà il titolo al dossier. «Si registra un ritardo di norme e politiche – sottolinea ancora una volta Alessandro Marangoni, ad di Althesys – l’Unione Europea ripresenterà la direttiva sull’economia circolare solo alla fine del 2015, dopo un ripensamento durato un anno. Mentre a livello italiano, il quadro normativo rimane troppo complesso e frammentato».
Il mondo assai concreto dei rifiuti, l’altra faccia del nostro modello di produzione e consumo, è una realtà estremamente concreta, con la quale non possiamo fare a meno di interagire (più o meno consapevolmente) ogni giorno. Eppure, paradossalmente i suoi contorni sono assai sfumati. Quelli normativi in primis, ricordati in apertura dall’ad Marangoni, ma anche quelli inerenti la contabilità dei rifiuti e dei flussi di materia (assai approssimata) e finanche quelli comunicativi e lessicali. In quanti utilizzano ancora come sinonimi raccolta differenziata e riciclo, ad esempio? Certamente troppi. E quest’inquinamento comunicativo non può che riflettersi in politiche di gestione raffazzonate se non tossiche.
Partendo da simili premesse, è solo con soddisfazione parziale che nel rapporto si registra – per quanto riguarda i rifiuti urbani – una diminuzione nel ricorso alla discarica (ci finisce ancora un rifiuto su tre di quelli prodotti dalle famiglie italiane), mentre «aumentano il recupero di materia e il compostaggio».
Oggi si raccoglie in maniera differenziata il 55% dei rifiuti organici che finiscono nel bidone della spazzatura, e – secondo gli analisti di Althesys – se si riuscisse ad aumentare il circuito virtuoso della raccolta dell’umido fino a spingerlo da qui al 2020 a quota 72,5%, con gli scarti della cucina si potrebbe finalmente far partire la filiera del biometano: uno scenario nel quale il rapporto Was indica benefici valutabili, a livello economico, in oltre 1,3 miliardi di euro. A 5 anni da questo possibile orizzonte, i dati raccolti evidenziano come alla produzione di biogas vada meno di un decimo dell’organico intercettato, 450 mila tonnellate, mentre l’80% circa dell’umido raccolto (4,4 milioni di tonnellate) venga trasformato in compost: dato che il recupero di materia rimane da privilegiarsi rispetto a quello d’energia – come da gerarchia europea dei rifiuti – il dato in sé potrebbe anche avere una lettura positiva, non fosse che una quota rilevante benché difficilmente stimabile di questo compost risulta di scarsa qualità (in quanto pessima è quella dell’organico conferito dai cittadini), e dunque inutilizzabile a fini agricoli.
Speculare l’analisi riferita all’altra faccia del macromondo dei rifiuti, inerente gli speciali. Un comparto con un fatturato di oltre 14 miliardi di euro e oltre 1.300 aziende nel solo segmento del trattamento dei rifiuti, ma del quale è dato sapere ancora troppo poco: al proposito in una recente occasione il presidente dell’Ispra ha avuto modo di affermare che «la certezza dell’informazione nel nostro Paese è un’utopia». Secondo i dati raccolti nel Was report, tra il 2008 e il 2013 il settore dei rifiuti speciali ha visto un incremento del recupero di materia di oltre il 10%: dal 61,3% al 71,9%. Minore, rispetto agli urbani, risulta il ricorso alla discarica e alle altre forme di smaltimento (25,5%), mentre è residuale il ruolo dell’incenerimento (2,6%).
Nel settore italiano dei rifiuti speciali si annoverano eccellenze industriali di rilievo europeo (come non ne mancano nel mondo dei rifiuti urbani) e una naturale tendenza a riciclare all’interno delle proprie catene industriali tutto quanto possibile con un margine di guadagno: una sorta di risparmio di materia in house, nel quale il sistema italiano è all’avanguardia. È sul resto che domina l’opacità, in gran parte dovuta a indirizzi normativi e istituzionali al limite dello schizofrenico.
Per una via di fuga dal caos, da Althesys caldeggiano l’istituzione di un’Autorità nazionale indipendente anche per i rifiuti. Esattamente come avvenuto in altri comparti dei servizi pubblici locali – sottolinea Marangoni – l’istituzione di un regolatore indipendente può fornire la stabilità e la certezza delle regole di cui gli operatori necessitano, rilanciando gli investimenti e favorendo così l’industrializzazione del settore. L’Autorità, oltre ad avere competenze in materia di definizione degli schemi di gara per l’affidamento del servizio di igiene urbana dovrebbe definire costi e livelli di qualità standard, stabilire i criteri di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani e occuparsi della regolazione della capacità impiantistica». Per finire, si sottolinea nel Was report, il nuovo soggetto dovrebbe indirizzare il mercato verso «l’implementazione su tutto il territorio nazionale di un sistema di tariffa puntuale». Accanto all’ideale di un incentivo ai cittadini per incrementare la raccolta differenziata, la tariffazione puntuale – dove effettivamente è stata introdotta – nella realtà dei fatti è stata però frequentemente seguita da un aumento delle discariche illegali: alcuni cittadini, per non pagare il dovuto rifiuti prodotti, preferiscono gettarli dove capita. Anche in questo caso, l’intrinseca complessità che permea il mondo dei rifiuti non ammette risposte semplici.