Alaska: bonificare costa troppo, chiude la più grande raffineria del paese
[13 Febbraio 2014]
La più grande raffineria (per capacità) dell’ Alaska chiude le proprie operazioni in modo permanente a partire da maggio di quest’anno, a causa dei costi enormi connessi con le operazioni di bonifica e disinquinamento imposte dalle autorità. La raffineria North Pole, gestita da Flint Hills Resources LLC , una consociata di Koch Industries Inc. – fermerà le operazioni alla sua unità di estrazione il 1° maggio, comportando l’effettivo arresto della produzione di petrolio, e chiudere l’unità n° 2 dal 1 giugno, che fermerà la produzione di prodotti raffinati come i carburanti , come riferito dall’agenzia Bloomberg.
Questo è il secondo annuncio da parte della proprietà in due anni. Nei primi mesi del 2012, la raffineria North Pole interruppe le operazioni al suo impianto/unità n° 1 (estrazione), citando i prezzi del greggio in aumento e l’aumento del costo di risanamento del suolo e delle acque sotterranee contaminate. “La nostra azienda ha speso una quantità enorme di denaro e risorse per rimuovere la contaminazione del suolo e delle acque sotterranee” ha dichiarato Mike Brose , direttore della raffineria Polo Nord, che prosegue dicendo “con le già estremamente difficili condizioni del mercato della raffinazione, l’onere aggiunto di costi eccessivi e le incertezze future sulla responsabilità di bonifica, rendono impossibile per noi continuare ad andare avanti” (come se fosse un prezzo iniquo riparare ai danni ambientali provocati dai propri impianti).
I costi relativi alla bonifica delle contaminazione delle acque sotterranee da sulfolano (solvente chimico inventato dalla Shell nel 1960), stanno facendo diventare la attività industriali di estrazione e raffinazione troppo costose. Lo stato dell’Alaska ha recentemente istituito una rigorosa soglia di contaminazione da sulfolano per la qualità delle acque sotterranee, e che il fatto è molto grave lo dimostra anche la serie di raccomandazioni del dipartimento di salute pubblica per gli abitanti sull’uso dell’acqua.
La chiusura della raffineria però farà rimuovere una fonte di calore per il petrolio greggio spedito lungo la Trans Alaska Pipeline (oleodotto), secondo fonti dei media locali. Calore necessario per mantenere liquido il greggio e impedire che congeli lungo le condotte che attraversano il freddo stato americano. Per questo adeguamenti alle infrastrutture dovranno essere richiesti prima dello shut down.
Tuttavia la chiusura della raffineria significa anche tagli occupazionali. La società stima che 81 membri della forza lavoro (126 addetti complessivi) verranno licenziati dopo il 1° novembre. E questo è l’altro e triste rovescio della medaglia.