Le politiche anti-ambientaliste rimarranno in sella?
Argentina: ha vinto Macri, ma è soprattutto l’addio a Cristina Kirchner
Un voto contro la corruzione peronista, ma il nuovo leader potrebbe far svoltare a destra il Paese
[23 Novembre 2015]
Tutto finisce e anche in Argentina è finita la parabola del peronismo kirchnerista e della Presidenta Cristina Fernández de Kirchner, che sembravano intramontabili. Un misto di autoritarismo socialisteggiante e di populismo tenuti ben saldi nelle mani degli eterni peronisti camaleontici argentini e una classe dirigente che non ha rinunciato a nessuno dei suoi privilegi, sguazzato nella corruzione e continuato nelle politiche petrolifere, nucleariste, a favore degli Ogm e del fracking e in gran parte anti-ambientaliste. Esattamente come nel passato e probabilmente come nel futuro.
Macri, che non è certo un progressista, ha vinto come prevedevano in molti, ma con solo il 51,40% dei voti contro il 48,60% di Daniel Scioli, lo sbiadito fedelissimo della Kirchner imposto per garantire la continuità ma appesantito da un fardello di accuse di corruzione e complicità senza il quale sarebbe addirittura riuscito a vincere. Se non avessero sbagliato candidato probabilmente i peronisti avrebbero vinto un’altra volta.
Come spiega Ricardo Kirschbaum il direttore di El ClarÍn, un giornale odiato dalla Kirchner e che ha sempre ricambiato quest’odio, Macri per arrivare alla Casa Rosada ha sempre puntato sulla moderazione che su un’opposizione implacabile. Ma l’Argentina è terra di grandi passioni (e delusioni) e bisognerà vedere se il moderato Macrì saprà interpretarle.
Eppure Macri si era fatto le ossa nel movimento di massa che nel 2013 fece fallire il progetto di riforma costituzionale cg he avrebbe permesso alla Presidenta di candidarsi a vita. Kirschbaum ha una certezza che è anche una preoccupazione : «Il progetto kirchnerista deve restare senza successore». Ma la tentazione della continuità potrebbe far parte dello stile di governo del neo-presidente argentino che probabilmente cambierà poco per quanto riguarda la gestione del potere – e nulla per quel che riguarda le scelte ambientali – e svolterà a destra, mettendo forse fine a politiche assistenziali che avevano allargato la base del kirchnerismo e mantenuto la sinistra argentina – forte a livello sociale e debole politicamente – ai margini di un peronismo che era riuscito a coprire quasi tutto lo specchio politico e spesso ad incarnare sia il governo che l’opposizione.
Kirschbaum riconosce che «Se la società ha eletto Macri come il candidato per l’alternanza è, anche, perché ha votato contro Cristina, le cui decisioni politiche sono state una catena di errori che ha finito per favorirlo».
Il governo kirchnerista ha accumulato una crescente ostilità per i suoi metpodi arbitrari, per il suo atteggiamento egemonico, per aver paralizzato ogni autoniomia delle province in cambio di fondi federali. «La politica si era ridotta ad un interscambio senza alcun rischio – si legge nell’editoriale di El ClarÍn – Ma peggio ancora, alla musica dettata dalla Casa Rosada ballava tutto il giustizialismo, senza che nessuno provasse a sfidare una strategia che, come ora è chiaro, non era di vittoria, ma di sconfitta».
Il giustizialismo peronista si è immolato alla sua leader ed al kirchnerismo che incarnava l’eterno potere peronista. Ma l’accettazione acritica di ogni decisione di un leader incontrastato alla fine si trasforma in disfatto, sembra una lezione difficile da imparare nell’Argentina vittima da quasi un secolo del leaderismo peronista, ma sembra anche un’epidemia politica che si sta diffondendo nelle democrazie del mondo, Italia compresa.
Il kirchnerismo, che era riuscito ad inimicarsi anche il più famoso argentino vivente, Papa Francesco, è finito nella superbia e nell’autoelogio, nell’ironia denigrante della Presidenta verso i suoi deboli avversari interni, nella promozione di uno stuolo di fedelissimi poco preparati ma spesso e volentieri lesti di mano. Alla fine tutto questo è stato abbattuto da Macri, che non è certo Ernesto Che Guevara, che ora dovrà fare i conti con una società divisa, non florida ma nemmeno povera come ai tempi del crack economico, stanca del kirchnerismo, sfiduciata ma non disposta a tornare indietro rispetto alle poche conquiste sociali che era riuscita a strappare. Inoltre Macri non sembra avere la maggioranza in entrambe le Camere e dovrà comunque trattare con le opposizioni e con i peronisti che continuano a governare diverse province.
Ora, dopo la sconfitta, il Partito Giustizialista dovrà avviare l’ennesimo rinnovamento politico e bisognerà vedere se andrà a destra o a sinistra. Quanto alla sinstra argentina, rischia anche lei di essere surrogata dalle parole del Papa, da un impegno della chiesa per i più poveri che comunque sarà un ostacolo anche per chi volesse spostare a destra l’asse politico del Paese, facendone pagare nuovamente il prezzo alle comunità più sfortunate.
Vedremo come il moderato Macri tradurrà in atti di governo le parole di un Papa argentino che è una presenza incombente su chiun que governio a Benos Aires. In campagna elettorale Macri ha promesso solennemente che lotterà con ogni mezzo contro la corruzione, bisognerà vedere se ne sarà capace e se ne avrà davvero voglia. Come scrive ancora Kirschbaum «Le pratiche corrotte – molte delle quali sono all’attenzione della giustizia – sono state perpetrate in nome di grandi ideali, aggiungendo un altro duro colpo all’illusione. Quindi, se Macri manterrà davvero le sue promesse fatte in campagna elettorale di combattere la corruzione e di rafforzare le istituzioni, darà un contributo significativo al sistema democratico».
Ma i due protagonisti di questo voto, Macri e Scioli sembrano figure sbiadite sullo sfondo di elezioni in gran parte già decise: «Il risultato di ieri sera ha segnato la fine di un sistema politico che ha dominato l’Argentina negli ultimi dodici anni – conclude Kirschbaum – E ‘stata la società con il suo voto, quella che ha deciso».