Bulgaria, luci e ombre nel mercato dell’energia (e delle rinnovabili)
[11 Febbraio 2015]
Un Paese, la Bulgaria, che a giudicare dai numeri presentati, sembra essere all’avanguardia nel ricorso alle FER nel proprio mix energetico. I dati ufficiali, almeno secondo il reportage di Francesco Martino per “Osservatorio Balcani e Caucaso” (qui) raccontano del raggiungimento bulgaro con largo anticipo degli obiettivi di “Europa 2020” insieme a Svezia ed Estonia.
Eppure, il quadro, appare popolato non soltanto da luci, ma anche da numerose ombre. Nel reportage di Martino, infatti sono presenti i contributi di numerosi personaggi che tracciano un quadro abbastanza preciso di quella che fosse la situazione al momento dell’ingresso nell’Unione Europea, il 1 Gennaio 2007.
Un Paese che proveniva dal blocco ex-sovietico con grandi opportunità di investimento, tra le quali il campo delle energie rinnovabili del tutto inesplorato (a parte l’idroelettrico) e quindi fecondo di possibilità anche per investitori con pochi o nessuno scrupolo.
In quegli anni, si legge nel reportage, la Bulgaria vide la nascita di numerosi progetti da parte di investitori stranieri attirati da un contesto normativo probabilmente non adeguato e che consentiva, almeno sulla carta, una notevole “generosità” in termini di superamento dei vincoli ambientali e paesaggistici, con grande disappunto delle associazioni ambientaliste.
La situazione, tuttavia, è, nel corso degli anni, migliorata, tanto che oggi Meglena Rusenova, presidente dell’associazione bulgara del fotovoltaico può tranquillamente affermare: «In pochi anni è stato creato dal nulla un settore innovativo, ad alta tecnologia e rispettoso dell’ambiente. Con capitali esclusivamente privati sono stati creati posti di lavoro per personale giovane e qualificato, altrimenti condannato a lasciare la Bulgaria. E il paese è divenuto leader nelle rinnovabili in Europa sud-orientale, con capacità di esportare il proprio know-how anche al di fuori dei propri confini». Una leadership fatta, aggiungiamo, non solo di solare, ma anche di centrali eoliche, biomasse e geotermia.
Secondo un’infografica (qui) del 29 settembre scorso, infatti, la Bulgaria riesce a produrre il 16,3% (l’obiettivo, ricordiamo era il 16%) del proprio fabbisogno energetico lordo (+6,7% rispetto al 2004) ricorrendo a FER, in queste percentuali: 69,4% Biomassa, 16,9% Idroelettrico, 6,4% Eolico, 5,2% Solare e 2% Geotermico.
Uno sviluppo che ha creato benessere economico ed occupazione, almeno a giudicare dai dati presentati. Dal 2009 al 2012 sono infatti stati investiti più di 4 miliardi di euro per un totale di circa 10.000 occupati e una potenza totale installata pari a 2,2 GW.
Ma, come dicevamo, non ci sono solo luci nel quadro “a tinte verdi” della Bulgaria. Il reportage di Martino, infatti, pone l’accento anche su alcune modalità attraverso le quali si è ottenuto questo sviluppo così veloce. Le politiche di sussidio da parte dello Stato alle energie rinnovabili, l’obbligo di acquisto dell’energia da parte della rete di distribuzione nazionale, hanno fatto sì che il costo della bolletta energetica per l’utente finale aumentasse, facendo crescere il malcontento e le tensioni sociali all’interno di un Paese che è già uno tra i più poveri dell’Unione Europea; costringendo, di fatto il governo del Paese a decretare un deciso cambio di direzione alle politiche “green”.
«Si è passati da un eccessivo permissivismo ad un vero e proprio muro. Formalmente i contratti non sono stati toccati, ma sono sempre di più le misure punitive e retroattive contro gli operatori delle rinnovabili. Un ‘elastico’ che ha caratterizzato anche altri paesi della regione, ma che in Bulgaria ha assunto tratti parossistici, e che rischia di avere ricadute molto pesanti per il futuro del settore – dice Kenneth Lefkowitz, vice presidente dell’Associazione dei produttori di energia eolica in Bulgaria – Lo Stato ha abdicato al suo ruolo di controllo, permettendo la creazione di un sistema spesso poco efficiente. E ora, tenta di correre ai ripari facendo pagare il costo degli errori agli investitori».
Eppure, nonostante la crisi, nonostante le difficoltà, nonostante tutto, l’obiettivo e il sogno della piccola Bulgaria è ancora quello di trasformare ulteriormente il modello energetico interno entro il 2040, eliminando del tutto le fonti fossili.