E’ caccia all’uomo. Il futuro del Paese in mano all’esercito. La Comunità internazionale ha abbandonato i democratici burundesi.
Burundi, il colpo di Stato è fallito, ma ci sono già più di 100.000 profughi
[15 Maggio 2015]
Cyrille Ndayirukiye, il numero due dei golpisti che hanno tentato di spodestare il presidente del Burundi Pierre Nkurunziza ha detto a Radio France International (RFI): «Personalmente riconosco che il nostro movimento ha fallito. Abbiamo incontrato una determinazione militare troppo grande per sostenere il sistema al potere. Ma anche se la nostra iniziativa ha fallito, ha messo a nudo un’organizzazione dei corpi della difesa e della sicurezza che non ha niente di professionale, in particolare l’esercito che è asservito al partito al potere».
I golpisti stanno valutando il da farsi, ma Ndayirukiye ha aggiunto: «Stiamo riflettendo, ma non mi vorrei prendere la responsabilità di mandare alla morte coloro che tra noi sono sopravvissuti».
Il golpe sembra aver riaperto una frattura insanabile e i ribelli ora devono cercare di salvare la pelle e di riorganizzarsi. Intanto il contestatissimo presidente Nkurunziza ha fatto sapere sul suo account Twitter di essere rientrato dalla Tanzania: «Sono in #Burundi. Mi complimento con l’esercito e la polizia per il loro patriottismo. Mi complimento con i burundesi per la loro pazienza». Il problema è che il patriottico esercito e la patriottica polizia da settimane stanno sparando sui manifestanti che hanno perso la pazienza protestano perché Nkurunziza vuole farsi eleggere per la terza volta di fila volando la costituzione.
RFI riferisce fonti dei servizi segreti della Tanzania che invece dicono che Nkurunziza non sarebbe tornato in Burundi, ma sarebbe al sicuro a Kunduchi, a nord di Dar es Salaam, da dove avrebbe parlato via telefono alla radio nazionale del Burundi RTNB.
Intanto in molti temono la vendetta del presidente e la caccia all’uomo sarebbe già cominciata, nel tentativo di eliminare il capo dei golpisti Godefroid Niyombaré e tutti i suoi uomini.
Secondo Karin de Gruijl, portavoce dell’Alto commissario Onu per i rifugiati, «Più di 105.000 persone sono state costrette a lasciare il Burundi in seguito ai conflitti interni provocati da un tentativo di colpo di Stato».
Anche de Gruijl conferma che il golpe è fallito, ma sottolinea che «La situazione a Bujumbura, la capitale burundese, resta tesa», anche se le forze lealiste hanno ripreso il controllo di gran parte della città. I profughi si sono diretti in Tanzania (70.187 persone), Rwanda (26.300) e nella provincia del Sud-Kivu nella Repubblica democratica del Congo (9.183).
In molti in Africa avevano sperato che il golpe riuscisse, accusando la comunità internazionale di aver abbandonato i democratici burundesi alle smanie autoritarie di un presidente che cerca un terzo mandato anticostituzionale appoggiato dalla polizia e da una parte dell’esercito. .
Bark Biiga scrive su Fasozine: «In un’Africa dove il rispetto dell’alternanza così caro alla democrazia non è per nulla la cosa più condivisa, questo po’ essere chiamato un “colo di Stato salutare”». In tanti sospettano che all’Occidente interessino più le risorse energetiche e minerarie della Regione dei Grandi laghi che la democrazia e negli altri Paesi.
Ora bisognerà vedere se l’esercito, che nei giorni scorsi ha spesso difeso i manifestanti dalla polizia scatenata, chiederà a Nkurunziza di garantire l’alternanza e se riuscirà ad evitare che si inneschi un’altra tragica guerra civile della quale ci sono tutti i segnali.
Ma Nkurunziza è un veterano della guerriglia e conosce molto bene le ricette per destabilizzare l’avversario, come ha sperimentato sulla sua pelle Niyombaré, licenziato da capo dei servizi segreti a febbraio per essersi opposto al terzo mandato di Nkurunziza ed ora braccato dalle truppe presidenziali