Amante del carbone e del fracking, non è un fan delle rinnovabili
Donald Tusk, l’Europa sceglie un eco-scettico per la guerra energetica con la Russia
Mogherini: «Fine della partnership strategica con Mosca». Putin avverte sul gas: «Riflettere sull’autunno e l’inverno prossimi»
[1 Settembre 2014]
Secondo Monica Frassoni, già europarlamentare Verde e presidente del Green Party europeo, «scorrere la lista dei nuovi commissari nominati dai differenti Stati membri è una tristezza totale. Troppi uomini, moltissimi conservatori, anche se appartenenti al partito socialista. Praticamente nessun personaggio particolarmente interessante. Non è che rimpiangeremo la Commissione Barroso, vero? Non è sorprendente che Juncker sia abbastanza disperato…». E la Frassoni ancora neanche sapeva che a capo del consiglio europeo sarebbe stato nominato il primo ministro polacco Donald Tusk, presidente della liberal-liberista Piattaforma Civica e noto eco-scettico – o meglio anti-rinnovabili – e che vede nel carbone, “mitigato” da una buona dose di gas shale, l’avvenire energetico dell’Europa. E’ stato proprio il suo governo liberista a gestire il fallimento dell’ultima Conferenza delle parti dell’Unfccc tenutasi nel 2013 a Varsavia, nella quale le industrie carbonifere sponsorizzavano intere sessioni. Alla fine la cosa si è risolta nel rimandare tutto al 2015 alla Cop Unfccc di Parigi: uno stallo presentato come successo.
Tusk è un dichiarato fan del fracking, nonostante la tecnica abbia dato fino ad ora risultati inesistenti nei teoricamente ampi bacini gasieri polacchi, e i russi lo sospettano di essere tra i fautori della “rivoluzione” in Ucraina proprio per motivi gasieri riguardanti le enormi riserve di gas di scisti che ci sarebbero in Ucraina, anche, e forse soprattutto, nella parte sud-orientale del Paese, quella abitata dai russofoni e che ormai i ribelli e Mosca chiamano Novorossia.
Tusk, notoriamente filo-americano, per motivi storici risalenti all’invasione sovietica e poi all’imposizione dei regimi comunisti nei Paesi liberati dall’Armata Rossa, è insieme ai Paesi Baltici la punta di diamante del confronto duro con la Russia, pronto ad ospitare in Polonia scudi antimissile e missili nucleari ed a chiedere dure sanzioni verso Mosca ed aiuti militari (che probabilmente già arrivano discretamente da nord) all’Ucraina, così come “volontari” russi stanno combattendo probabilmente nelle Novorossia a fianco dei ribelli.
Un assaggio di quale sarà la politica del nuovo presidente del Consiglio europeo verso la Russia oggi Tusk l’ha data commemorando il 75esimo anniversario dell’attacco nazista contro la Polonia, che dette spartì temporaneamente il Paese tra nazisti e sovietici e dette il via alla« seconda guerra mondiale. I,l premier polacco, alleato di ferro di Angela Mrkel, se l’è presa soprattutto con i russi, avvisando che non bisogna savere atteggiamenti ottimistici su quel che sta succedendo oggi: «Il settembre 1939 non deve ripetersi in Ucraina». insomma, Putin come Hitler e Stalin.
Non è probabilmente un caso che, dopo a la sua nomina ad alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea (una carica poco più che rappresentativa stranamente accolta con grande euforia dalla stampa e dalla politica italiane) la nostra ministra degli esteri, Federica Mogherini, abbia immediatamente difeso dalle colonne del Corriere della Sera le sanzioni contro la Russia (che stanno costando molto care all’agricoltura ed all’industria alimentari italiane) ed abbia addirittura detto che il partenariato strategico con Mosca non esiste più. Tace per ora Silvio Berlusconi, amico di lettone del presidente russo e garante della democraticità di Putin, Lukashenko e Nazarbaiev e che ambiva al premio Nobel per la pace per la sua proposta di allargare l’Unione Europea alla Russia per arrivare fino a Vladivostok.
Secondo la Mogherini, Putin non ha «Mai rispettato gli impegni presi a Ginevra, in Normandia ed a Berlino» e non avrebbe mai utilizzato la possibilità di cambiare la situazione in Ucraina «Eserv citando un’influenza sui separatisti». La nova responsabile della politica estera europea ha però riconosciuto che la crisi ucraina non può essere risolta con mezzi militari e che occorre mettere in campo la diplomazia». Anche perché Mosca ha già sventolato sotto il naso degli occidentali le sue armi ed il suo riarmo atomico.
Oggi a Minsk, in Bielorussia, si riunisce il gruppo di contatto sulla crisi ucraina in programma con l’obiettivo di concordare il cessate il fuoco e il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha assicurato che «Non ci sarà un intervento militare russo in Ucraina, Mosca è per una soluzione esclusivamente pacifica di questo gravissima crisi, di questa tragedia». Poi è sembrato rispondere indirettamente alla Mogherini: «Siamo persuasi che le nostre relazioni con gli Usa e l’Ue devono tornare sulla strada della cooperazione e pragmatica basata sul rispetto reciproco. Pertanto, per arrivarci, è necessario rinunciare alla politica assolutamente controproducente delle minacce, degli ultimatum e delle sanzioni». Di fronte agli studenti dell’Istituto di Stato per le relazioni internazionali dell’università di Mosca, il Migmo, Lavrov ha invitato americani ed europei a «Sedersi e a discutere, invece di minacciare sanzioni. In ogni caso, Mosca non sbatterà la porta in caso di nuove sanzioni occidentali e non uscirà ‘ dal Wto (l’organizzazione mondiale per il commercio, ndr). La decisione del Consiglio europeo dimostra che l’inerzia delle sanzioni resta molto forte».
Secondo il ministro della difesa ucraino, Valeri Gheletei, ai combattimenti in corso a Donetsk e nell’aeroporto di Lugansk prenderebbero parte truppe russe e all’aeroporto addirittura i paracadutisti ucraini starebbero combattendo contro un battaglione corazzato russo. Intanto i ribelli dicono di aver abbattuto un caccia Sukhoi 27 ucraino nel Merezhki. E di aver fatto molti prigionieri tra le truppe di terra ucraine ad Ilovaisk.
Mosca smentisce tutto e quale sia la sua strategia politica lo aveva detto ieri il portavoce di Putin dopo che il presidente russo si era incontrato con quello ucraino Piotr Poroshenko: «Per regolare la situazione nell’est dell’Ucraina, Kiev deve negoziare con la Novorossia (cioè le autoproclamate repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk, ndr), Non possiamo avere un accordo con Poroshenko sulla regolamentazione del conflitto, è impossibile, perché non si tratta di un conflitto tra a Russia e l’Ucraina, ma di un conflitto interno ucraino».
Smentendo le interpretazioni occidentali sulle dichiarazioni di Putin su una possibile indipendenza dell’Ucraina filo-russa, il portavoce presidenziale ha detto che «La Novorossia deve restare all’interno dell’Ucraina ed il suo status deve essere fissato delle autorità di Kiev. E’ solo l’Ucraina che può negoziare con la Novorossia, tenendo conto dei suoi interessi ed arrivare, su questa materia, ad una soluzione politica».
Putin nell’intervista al primo canale della Tv russa dopo i colloqui con Poroshenko ha detto: «Mi sembra si tratti di una buonissima lezione per tutti noi, abbiamo concordato che con Piotr Alexeevich (Poroshenko, ndr) che dobbiamo permettere di mettere fine a questa tragedia il più rapidamente possibile. Abbiamo anche convenuto che più nessuno dovrà ripetere l’errore commesso attualmente in Ucraina durante la presa armata del poter, perché quest’ultima è la causa primordiale di quel che succede attualmente».
Ma Putin ha dato un pesante avvertimento a Poroshenko, ed attraverso di lui a Tusk, alla Mogherini ed all’Unione europea: ha invitato la leadership ucraina a «Riflettere sull’autunno e l’inverno prossimi, a fermare le ostilità e ad avviare il ripristino delle infrastrutture nel sud del Paese». Insomma Putin parla di gas e di energia… e aggiunge: «Nessuno, tranne la Russia, ci pensa (…). La prima condizione sine qua non è quella di fermare immediatamene le ostilità e di iniziare il ripristino delle infrastrutture. Bisogna rifare il pieno delle forniture, avviare i lavori di riparazione e prepararsi all’autunno e all’inverno».
Insomma, ancora una volta la Russia dice a Ucraini, polacchi ed europei che il generale inverno avanza, il fracking è ancora lontano da venire e, come 75 anni fa, l’inverno aiuterà i russi.