Dramma carbone, riduce di 5 anni e mezzo l’aspettativa di vita dei cinesi
[10 Luglio 2013]
Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas) ha pubblicato lo studio Evidence on the impact of sustained exposure to air pollution on life expectancy from China’s Huai River policy nel quale un team di ricercatori cinesi, statunitensi e israeliani evidenzia che, a causa del forte inquinamento atmosferico della Cina settentrionale, l’aspettativa di vita delle persone che vivono nel nord della Cina è di 5 anni e mezzo in meno dei cinesi che vivono nel sud del Paese. Questo scarto è dovuto soprattutto alla combustione del carbone.
Analizzando i dati della qualità dell’aria in 90 città cinesi tra il 1981 e 2000 e quelli sulla mortalità dal 1990, il team sino-statunitense-israeliano stima che l’inquinamento atmosferico elevato costerà ai circa 500 milioni di persone che vivono a nord del fiume Huai 2,5 miliardi anni di aspettativa di vita in meno rispetto a chi vive a sud di quello che sembra essere il confine del mega-inquinamento da carbone cinese.
Un autore dello studio, Yuyu Chen dell’Università di Pechino, sottolinea: «E’ una perdita enorme. L’inquinamento atmosferico in Cina danneggia la salute delle persone dannose molto più seriamente di quanto suggerirebbero i risultati dalla letteratura precedente. Dopo questo studio, non ci dovrebbe essere più alcun argomento contrario al fatto che dovremmo prendere sul serio la questione dell’inquinamento atmosferico… Abbiamo bisogno di mettere in atto una completa pulizia dell’aria in Cina»
I ricercatori scrivono su Pnas che l’aumento della mortalità, attribuibile all’aumento delle malattie cardio-respiratorie, «E’ la conseguenza non voluta di una politica cinese che dal 1950 al 1980 prevedeva il carbone gratuito per caldaie nelle città a nord della Huai, ma non per coloro che vivono nel sud». Secondo lo studio, le concentrazioni di particelle in sospensione totali (Tsp) a nord dell’Huai hanno superato i 500 microgrammi per metro cubo, circa il 55% in più rispetto ai livelli del sud. All’inizio di quest’anno, alcune città cinesi, tra cui Pechino, hanno a registrato livelli di polveri sottili superiori a 700 microgrammi per metro cubo, un inquinamento esteso e perdurante, che è stato chiamato Airpocalypse, che ha messo in crisi per settimane intere megalopoli industriali.
Uno degli autori del documento, Michael Greenstone, un professore di economia ambientale del Department of economics del Massachusetts institute of technology, non da tutta la colpa al maoismo: «Non è che il governo cinese aveva deciso di causare tutto questo. Questa è stata la conseguenza non voluta di una politica che deve essere apparsa molto sensibile. In Cina non è generalmente richiesta l’installazione di apparecchiature per ridurre l’inquinamento atmosferico da utilizzo del carbone nelle case».
I ricercatori erano sicuri che risultato del loro studio non sarebbe stato buono ma Greenstone dice «Eppure, sono rimasto sorpreso dalla sua dimensione, sia in termini di quantità di particolato che in termini di salute umana. Spero che la scoperta avrà un impatto politico non solo in Cina, ma anche in altri Paesi in rapida crescita che stanno aumentando il consumo di carbone. Inoltre, data la necessità di limitare le emissioni di carbonio a livello mondiale, al fine di rallentare il cambiamento climatico, spero che i dati forniranno un ulteriore impulso ai paesi di pensarci due volte sul consumo di combustibili fossili. Ciò che questo documento aiuta a rivelare e che ci possono essere immediate ragioni locali, per la Cina e per gli altri Paesi in via di sviluppo, per fare meno affidamento sui combustibili fossili. Il pianeta non ha intenzione di risolvere il problema dei gas serra senza la partecipazione attiva della Cina. Questo potrebbe dare loro un motivo per agire oggi».
Greenstone conclude: «Tutti capiscono che è sgradevole vivere in un luogo inquinato. Ma essere in grado di dire con una certa precisione quali siano i costi sanitari e quale sia la perdita di aspettativa di vita, acuisce l’importanza di trovare politiche di crescita in equilibrio con la qualità ambientale».
Intanto il ministero cinese della sicurezza pubblica ha annunciato che «La polizia cinese ha raddoppiato gli sforzi per perseguire e sanzionare gli inquinatori». Da gennaio, la polizia cinese ha terminato 112 inchieste su inquinamenti ambientali. A giugno la Corte Suprema e il governo cinese avevano pubblicato una nuova spiegazione giuridica che inasprisce le sanzioni contro gli inquinatori.