Enel, un cambio vertici nel segno della sostenibilità?
Per Greenpeace e Banca Etica sarebbe «un'occasione unica per cambiare passo sulle strategie di politica energetica nazionale»
[11 Aprile 2014]
Il 22 maggio l’assemblea degli azionisti di Enel voterà il rinnovo del Consiglio di Amministrazione della società. Nei prossimi giorni il Ministero dell’Economia e delle Finanze, principale azionista di Enel con il 31,24%, presenterà – come di consueto – una lista di sei candidati, tra cui il presidente e l’amministratore delegato.
«Per il governo è un’occasione unica per cambiare passo sulle strategie di politica energetica nazionale», dichiarano Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace Italia e Andrea Baranes, presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica (Banca Etica).
«Come evidenziato dalla relazione tecnica del Senato, la gestione di Fulvio Conti è stata deludente: la società è oberata dai debiti e il ritorno per gli azionisti è inferiore alla media di settore – continuano Onufrio e Baranes – A preoccuparci maggiormente sono però le politiche energetiche di Enel: dopo il fallimento del piano nucleare si è puntato sul carbone e ora la società è costretta a sospendere la produzione per sovraccapacità in numerosi impianti, per un totale di 8.000 MW entro il 2016. Enel è ormai un gigante dai piedi d’argilla. Se non riconoscerà pienamente le opportunità offerte dalle rinnovabili e dalla produzione decentrata di energia è destinata a soccombere».
Per Greenpeace e Fondazione Banca Etica non è sufficiente che i nuovi amministratori siano competenti e slegati da appartenenze politiche, c’è infatti anche un urgente bisogno di personalità in grado di guardare al futuro, a una transizione ormai inevitabile verso fonti di energia rinnovabile a generazione decentrata.
«Con la produzione decentrata di energia grazie ai pannelli solari sui tetti, il mini-eolico, il mini-idroelettrico, siamo di fronte a qualcosa di mai visto, che ribalta completamente il modello energetico costruito negli ultimi secoli intorno alle fonti fossili, ai grandi impianti, agli oligopoli. E’ in atto una rivoluzione, che Enel, e il governo italiano che ne è l’azionista principale, finora ha osservato in disparte – aggiungono Onufrio e Baranes – Le nuove rinnovabili, solare e eolico, contribuiscono solo per il 3,14% al mix di produzione energetica di Enel a livello globale. La crescita dal 2011 al 2012 è stata inferiore all’1%. Il solare non è nemmeno indicato in bilancio. E’ ora di cambiare».
Per Greenpeace e Fondazione Banca Etica «è apprezzabile che Enel abbia puntato sulle rinnovabili nel nuovo piano industriale 2014-2018, ma è un investimento che riguarda soprattutto l’estero. In Italia gli investimenti nelle nuove fonti di energia rimangono al palo e il management ha sin qui perso l’opportunità per ristrutturare parte dell’azienda nella direzione della generazione distribuita, che è il futuro. La potenza installata di solare di Enel, ad esempio, è marginale sul totale italiano; è stata persa una grande occasione, se ne deve prendere atto».
Fondazione Banca Etica parteciperà all’assemblea di Enel per il settimo anno consecutivo come azionista critico, con un numero simbolico di azioni. L’azionariato critico, sostenuto fin dall’inizio da Greenpeace, Re:Common e altre associazioni, ha lo scopo di «portare la voce della società civile e dei movimenti del Sud del mondo nelle assemblee delle più importanti società italiane».
di Greenpeace