Estrazione di uranio in Niger: la battaglia della gente contro il progetto Dasa
Global Atomic e governo del Niger proseguono lungo la strada dell’inquinamento e del colonialismo nucleare
[2 Marzo 2023]
La Société des mines de Dasa (SOMIDA), filiale nigerina della società canadese Global Atomic, è stata creata l’11 agosto 2022 dallo Stato del Niger e dalla stessa Global Atomic Corporation, che nel 2007aveva iniziato la prospezione per avviare lo sfruttamento del deposito di uranio di Dasa, a circa 140 km a nord di Agadez e 130 km a sud di Arlit (dove si trovano le miniere operative di Somair e in smantellamento di Cominak, sussidiarie di Orano (ex Areva). SOMIDA punta a produrre 1.400 tonnellate di uranio entro il 2025.
Dopo un’ispezione sul campo effettuata il 28 giugno 2022, Almoustapha Alhacen, della coordination de la société civile d’Arlit, ha rivolto alla SOMIDA, prima verbalmente e poi per iscritto, 13 domande, comprese richieste specifiche sui risultati del punto zero radiologico. Dopo 8 mesi non ha ancora ricevuto risposta.
Il lavori per la messa in servizio della miniera di uranio sono stati avviati il 5 novembre 2022 alla presenza del primo ministro del Niger Ouhoumoudou Mahamadou (ex ministro dell’energia e delle miniere e delle finanze) , mentre le organizzazioni della società civile esponevano striscioni per denunciare: «Uno studio di impatto ambientale su misura, senza la partecipazione della popolazione interessata dal progetto. Questo studio non fornisce fondi per la riqualificazione del sito o per le generazioni future. Assegnazione del 20% delle azioni al Niger, una percentuale irrisoria rispetto al 33% ottenuto dal nostro Paese 60 anni fa nelle miniere sopra citate. La volontà degli imprenditori ha superato quella delle popolazioni. Mancata presa in considerazione delle compensazioni alle popolazioni che vivono nell’area espropriata. L’effettuazione di analisi radiologiche delle acque e del suolo per il punto zero, sciatte e truccate che potrebbero esporre a gravi contaminazioni gli allevatori e i loro animali. Il mantenimento all’interno di questa compagnia di tutte le pratiche retrograde e l’esclusione dei giovani della regione, l’ignoranza e l’emarginazione delle comunità e dei leader tradizionali che vivono nell’area».
Il coordination de la société civile d’Arlit concludeva: «In Niger non abbiamo imparato nulla dalla nostra esperienza di 60 anni di estrazione mineraria e dovremmo continuare a chiederci se lo sfruttamento dell’uranio sia la nostra felicità o la nostra sfortuna».
Poi le ONG hanno portato il caso davaanti alla giustizia e il 13 febbraio 2023, il tribunale di Agadez ha confermato la fondatezza delle loro denunce e ha disposto «La sospensione delle operazioni operative della miniera di uranio di SOMIDA SA» e «La pubblicazione dello studio di impatto ambientale ed eventualmente la sua perizie e contro-perizie», il tutto con «Il monitoraggio e valutazione da parte degli attori della società civile».
Tra i denuncianti c’è l’ONG Cresca Tanakra, della quale Alhacen è il vicepresidente. Parte delle argomentazioni sviluppate dalla ONG è anche frutto di scambi di dati er infornazioni con Aghirin’Man (della quale Alhcen è presidente) e il laboratorio della Commission de Recherche et d’Information Indépendantes sur la Radioactivité (CRIIRAD) francese che collabora con l’ONG Aghirin’Man dal 2002i.
Ma la battaglia legale è appena cominciata, la SOMIDA ha presentato ricorso contro la sentenza alla Corte d’Appello di Tahoua e dice di «Aver rispettato la normativa vigente». Ma il CRIIRAD fa notare che «Tuttavia, una rapida revisione dello studio d’impatto mostra che è totalmente incompleto».
Il 27 febbraio il presidente della ONG Cresca Tanakra ha informato CRIIRAD che, «Dichiarandosi incompetente, la Corte d’appello ha annullato la sentenza del tribunale di Agadez che è sotto la sua responsabilità amministrativa. Non appena questa decisione è stata annunciata, il prezzo delle azioni di Global Atomic ha registrato un aumento del 5%».
Ora le Ong nigerine ricorreranno alla Corte di Cassazione. La lotta contro l’inquinamento e il colonialismo nucleare non si fermano nemmeno in uno dei Paesi più poveri del mondo.