Aspettando l’inflexion point
Gaza, il Medio Oriente e la “rivoluzione” del petrolio non convenzionale
Fino al 2019 aumenterà il consumo di petrolio, ma il picco della crescita è già in vista
[10 Luglio 2014]
La guerra senza fine (ri)scoppiata nella Striscia di Gaza e la proclamazione dell’Emirato islamico nelle regioni ricche di petrolio fra Siria e Iraq hanno fatto tornare immediatamente alla mente il Medium Term Oil Market Report 2014 presentato pochi giorni fa dall’International energy agency (Iea) che preconizzava una rivoluzione del petrolio non convenzionale del fracking e delle sabbie bituminose, spinto dalle difficoltà dei Paesi Opec.
Presentando il rapporto a Parigi, la direttrice esecutiva dell’Iea, Maria van der Hoeven, aveva sottolineato: «Stiamo continuando ad assistere ad una crescita della produzione senza precedenti nel Nord America e negli Stati Uniti in particolare. Entro la fine del decennio, il Nord America avrà la capacità di diventare un esportatore netto di liquidi petroliferi. Allo stesso tempo, mentre l’Opec rimarrà un fornitore fondamentale per il mercato, si presentano turbolenze significative per la sua capacità espansiva».
Estrarre petrolio dai vecchi campi petroliferi è un problema per quasi tutti i Paesi produttori dell’Opec, ma è sul terreno che stanno aumentando i guai: «I problemi di sicurezza sono un problema crescente in diversi Paesi produttori – dice il rapporto – e i rischi di investimento hanno dissuaso alcune compagnie petrolifere internazionali». Quanto sta accadendo in Iraq stava già preoccupando l’Iea già prima della proclamazione dello Stato Islamico, infatti il rapporto evidenzia che «fino a tre quinti della crescita della capacità dell’Opec attesa entro il 2019 dovrebbe venire dall’Iraq». Ma la previsione di un incremento di 1,28 milioni di barili al giorno (mb/d) della produzione irachena entro il 2019, una previsione prudenziale, era stato fatta prima della guerra santa lampo che ha portato i jihadisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante alle porte di Bagdad, e prima dello scoppio della nuova guerra israelo-palestinese che potrebbe infliggere una scossa insostenibile al già terremotato Medio Oriente.
Questo scenario, che una volta avrebbe terrorizzato gli Usa, oggi sembra invece preoccupare molto di più europei e asiatici, mentre gli statunitensi potrebbero ricavare immediati e inaspettati vantaggi da un Medio Oriente turbolento che vedesse rinsecchire i suoi rubinetti petroliferi. Infatti, l’altro punto essenziale del dell’International energy agency è che «la rivoluzione dei rifornimenti non convenzionali che ha ridisegnato la mappa mondiale del petrolio probabilmente si estenderà oltre il Nord America entro la fine del decennio», ma il rapporto prevede anche un «rallentamento della crescita della domanda di petrolio globale», e che alla fine l’Opec riuscirà a far fronte alle difficoltà ed ai crescenti squilibri regionali nei mercati della benzina e del diesel.
L’Iea raffredda però anche gli entusiasmi dei fan del fracking: «Nessun paese al di fuori degli Stati Uniti offre il mix unico di caratteristiche sopra e sotto-terra che hanno reso possibile il boom dello shale e light tight oil». Nonostante tutto, diversi Paesi cercheranno di replicare il successo Usa. Il rapporto prevede che «entro il 2019, la fornitura di petrolio al di fuori degli Stati Uniti potrebbe raggiungere i 650.000 barili al giorno (650 kb/d), tra cui 390 kb/d dal Canada, 100 kb/d dalla Russia e 90 kb/d dall’Argentina» e prevede che le esportazioni di Lto Usa arrivino a circa il doppio del 2013, fino a 5 mb/d.
Ma il petrolio, convenzionale o meno, non sembra destinato ad abbandonare la scena: le proiezioni quinquennali del rapporto Iea su domanda fornitura, il commercio di greggio, capacità di raffinazione e fornitura di prodotti, vede nel 2019 la domanda mondiale in crescita del 1,3% annuo a 99,1 mb/g. Però il rapporto si aspetta che il mercato arrivi ad un “inflexion point”, «dopo il quale la crescita della domanda potrebbe iniziare a rallentare a causa dei prezzi del petrolio elevati, delle preoccupazioni ambientali e delle alternative di carburanti più convenienti. Questo porterà al “fuel-switching” dal petrolio, nonché ad un risparmio complessivo di carburante».
La conclusione alla quale arriva il rapporto, dunque, è che «mentre “i picchi di domanda” di petrolio – nelle economie non mature – possono essere ancora ad anni di distanza, e mentre ci sono differenze regionali, il picco di crescita della domanda di petrolio per il mercato nel suo complesso è già in vista».