I comitati possono agire in giudizio per tutelare l’ambiente
[7 Agosto 2014]
Anche i comitati sorti spontaneamente allo scopo di proteggere l’ambiente, la salute e la qualità della vita, possono ricorrere alla giustizia contro gli atti e le omissioni dei privati e delle pubbliche autorità lesivi di interessi ambientali. Purchè sia chiara la loro finalità. Lo ricorda il tribunale amministrativo della Sardegna (Tar) in riferimento agli interventi sugli impianti fotovoltaico del Comune di Narbolia e alle contestazioni rivolte da associazioni, comitati e cittadini.
In linea generale, viene riconosciuta un’ampia legittimazione attiva ai comitati spontanei costituiti allo scopo di contrastare un intervento da essi considerato lesivo dell’ambiente, purché sia chiara la finalità del comitato e senza che si possa pretendere, dal comitato stesso, la dimostrazione della stabilità e della non occasionalità dell’iniziativa collettiva. Altrimenti, per definizione, non si tratterebbe più di un comitato spontaneo, ma di una associazione stabilmente costituita.
Elemento richiesto per le associazioni locali. La legittimazione spetta non soltanto alle associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale individuate con decreto ministeriale, ma anche alle articolazioni regionali di tali associazioni. Il giudice amministrativo può riconoscere la legittimazione, caso per caso, in capo alle associazioni locali (indipendentemente dalla loro natura giuridica), purché perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale e abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità nella zona in cui è situato il bene leso. Per tal fine i parametri utilizzabili sono le finalità statutarie dell’ente, la stabilità del suo assetto organizzativo, la vicinitas rispetto all’interesse sostanziale leso per effetto dell’azione amministrativa, a tutela del quale, l’associazione intende agire in giudizio.
La giurisprudenza ha, anche affermato che la legittimazione ad agire può essere riconosciuta pure ai comitati spontanei che si costituiscono al precipuo scopo di proteggere l’ambiente, la salute e la qualità della vita. Addirittura il Consiglio di Stato ha affermato che la legittimazione deve essere riconosciuta non soltanto alle associazioni e ai comitati stabili, “ma anche ai soggetti, da questi ultimi diversi, siano essi singoli o collettivi e, in quest’ultimo caso, sia che si tratti di meri comitati sorti spontaneamente al precipuo scopo di proteggere l’ambiente, la salute e/o la qualità della vita delle popolazioni residenti su un circoscritto territorio, sia che si tratti di singole persone fisiche in posizione differenziata sulla base del criterio della vicinitas quale elemento qualificante dell’interesse a ricorrere”.
La possibilità di ricorrere alla giustizia contro gli atti e le omissioni dei privati e delle pubbliche autorità che violano le norme di diritto ambientale è uno dei tre pilastri della Convenzione di Aarhus – “Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini e l’accesso alla giustizia in materia ambientale” – firmata nella cittadina danese di Aarhus nel 1998, entrata in vigore nel 2001.
E’ la Convenzione di Aarhus che riconosce la possibilità al cittadino e alle associazioni di richiedere le informazioni ambientali alle autorità che le detengono. Ed è sempre la Convenzione che riconosce a loro la possibilità di partecipare alle procedure decisionali su progetti e programmi che hanno un impatto ambientale.
La Convenzione infatti tende ad assicurare una “informazione ambientale” il più possibile diffusa ed efficace, tale da consentire a ciascun cittadino di conoscere, in modo tempestivo e concreto, ogni possibile scelta che incida significativamente sull’ambiente. Si fonda, infatti, sulla convinzione che una diffusa conoscenza dei dati ambientali, una concreta partecipazione ai processi decisionali consentono di migliorare le qualità delle decisioni delle autorità, ne rafforzano l’efficacia, contribuiscono a sensibilizzare il pubblico alle tematiche ambientali e gli consento di esprimere le proprie preoccupazioni permettendo alle autorità di tenerne adeguatamente conto.