Il drone made in Italy che controlla i parchi fotovoltaici (VIDEO)
[23 Aprile 2015]
Il drone “PPL612F” è un esacottero (cioè un multirotore dotato di 6 eliche), con un peso massimo al decollo di 4,95 kg e un’autonomia massima di 40 minuti di volo: sviluppata dall’azienda torinese Nimbus, che si è avvalsa anche delle competenze del Politecnico di Milano, la macchina volante in questione presenta caratteristiche adatte per la supervisione dei parchi fotovoltaici.
L’Italia, dopo l’assai meno soleggiata (ma più lungimirante) Germania, è il secondo stato europeo per produzione di energia solare, e può contare già su circa 648mila impianti fotovoltaici. Una superficie considerevole, che una volta installata non può certo essere lasciata a sé stessa. Il drone prodotto da Nimbus, che verrà presentato ufficialmente martedì 28 aprile durante la conferenza “Droni per la scienza” (a Roma, presso il Centro congressi Frentani), s’inserisce in questa scia.
L’azienda torinese propone questo scenario: un drone sorvola rapidamente un grande parco fotovoltaico. Pochi istanti dopo, il gestore dell’impianto riceve il dato reale dell’efficienza complessiva e anche la segnalazione di eventuali malfunzionamenti dei pannelli.
Per poter servire allo scopo, il drone viene fornito di appositi sensori, sia nella banda del visibile sia dell’infrarosso; in collaborazione con il Solar Tech Lab del Politecnico di Milano, è stato anche sviluppato un sofisticato algoritmo capace di incrociare le informazioni raccolte in volo dal drone con i dati elettrici dell’impianto, al fine di ottenere informazioni precise sull’efficienza e sui pannelli guasti da manutenere o sostituire. Cambiando le caratteristiche a seconda del caso, lo stesso drone potrà anche operare per il controllo delle grandi infrastrutture stradali (come ponti e viadotti) e gli interventi nelle emergenze.
Uno degli aspetti più interessanti rimane comunque quello legato alla tecnologia fotovoltaica. L’utilizzo dei droni per il controllo dei parchi solari, sottolineano settimo e ultimo appuntamento del ciclo “Roma Drone Conference”, rappresenterà presto per i parchi fotovoltaici «un’innovativa soluzione per verificarne l’efficienza reale e anche una nuova opportunità di business». Se tale prospettiva si realizzerà potrà essere un contributo importante in termini di efficienza gestionale, ma pone i consueti – e non trascurabili – dilemmi occupazionali. A fronte di nuovi ingegneri e tecnici occupati nella costruzione dei droni, è altamente probabile che altri, gli addetti alla sorveglianza (in questo caso degli impianti fotovoltaici, parte dei famosi “green jobs”), saranno rispediti a casa. Parlando di occupazione netta, ci sarà un aumento o una diminuzione dei posti di lavoro? La risposta non è semplice, ma l’esperienza empirica non induce all’ottimismo. Da qui a sostenere che l’innovazione – anche quella portata dai droni – andrebbe fermata prima che crei problemi ce ne corre. E con alta probabilità non sarebbe utile, né giusto farlo. Come non lo è però far finta di niente: una volta di fronte all’evidenza, la speranza è che per affrontare il problema della disoccupazione tecnologica ci sia finalmente spazio anche ai massimi livelli del dibattito pubblico e politico.