Il gasolio miscelato con altre sostanze non è (sempre) un rifiuto di cui disfarsi
[27 Dicembre 2013]
Non è “rifiuto“ il carico di gasolio accidentalmente miscelato con un’altra sostanza quando il suo detentore abbia realmente l’intenzione di reimmetterlo sul mercato, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.
Lo ha affermato la Corte di giustizia europea con sentenza in riferimento alla questione riguardante la Shell e il trasporto, dal Belgio nei Paesi Bassi, di un carico di gasolio a bassissimo tenore di zolfo (gasolio Ulsd) involontariamente mescolato con del methyl tertiary butyl ether. Un carico restituito dal destinatario alla Shell. Perché il carico non poteva essere rivenduto come carburante per motori diesel in quanto il punto di infiammabilità è troppo basso. Perché il carico non poteva essere immagazzinato sulla base del permesso ambientale del destinatario.
Dinanzi al Rechtbank te Rotterdam, il pubblico ministero ha sostenuto che, al momento del suo trasporto dal Belgio nei Paesi Bassi, il prodotto costituisce un rifiuto – opinione contestata dalla Shell – e che, non essendosi conformata alla procedura la Shell è colpevole di traffico illecito.
Ma ritenendo che la soluzione dipenda dall’interpretazione della nozione di “rifiuto” ai sensi del regolamento sulla sorveglianza e sul controllo delle spedizioni di rifiuti all’interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio (259/93) e il regolamento sulle spedizioni di rifiuti (1013/2006) – regolamento che non è applicabile ratione temporis al caso di specie perché la questione risale al settembre 2006 – il Rechtbank te Rotterdam ha deciso di sospendere i procedimenti e di sottoporre alla Corte la questione.
Il regolamento del 93 – così come modificato dal regolamento del 2001 – si prefigge di organizzare la sorveglianza e il controllo delle spedizioni di rifiuti in modo da tener conto della necessità di salvaguardare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente. Tanto che i trasferimenti, da uno Stato membro ad un altro e/o il transito attraverso uno o più altri Stati membri, di rifiuti destinati allo smaltimento o al recupero, devono essere previamente notificati alle autorità competenti in modo da consentire loro di adottare le misure necessarie per la tutela della salute umana e dell’ambiente.
Per “rifiuto” si deve intendere qualsiasi sostanza od oggetto “di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi” e che con la direttiva sui rifiuti del 2006 – sostituita nel 2008 dalla nuova che non lo prevede – rientrano in una delle categorie elencate nell’allegato I. Un allegato che comunque aveva carattere illustrativo tanto che secondo una giurisprudenza costante, la qualifica di “rifiuto”
deriva anzitutto dal comportamento del detentore e dal significato del termine “disfarsi”.
L’espressione “disfarsi”, va interpretata tenendo conto dell’obiettivo dell’Ue consiste nella tutela della salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi causati dalla raccolta, dal trasporto, dal trattamento, dall’ammasso e dal deposito dei rifiuti. Del resto la politica dell’Unione europea in materia ambientale mira ad un elevato livello di tutela ed è fondata, in particolare, sui principi della precauzione e dell’azione preventiva. Ne consegue che il termine «disfarsi», e dunque la nozione di “rifiuto”, non può essere interpretati in modo restrittivo.
L’esistenza di un “rifiuto” va accertata alla luce del complesso delle circostanze, perché talune circostanze possono costituire indizi dell’esistenza di un’azione, di un’intenzione o di un obbligo di disfarsi di una sostanza o di un oggetto. Anzitutto, occorre prestare particolare attenzione alla circostanza che l’oggetto o la sostanza non abbia o non abbia più alcuna utilità per il suo detentore, per cui potrebbe diventare un ingombro per il detentore. In questo caso sussiste un rischio che il detentore si disfi dell’oggetto o della sostanza in suo possesso con modalità che potrebbero cagionare un danno ambientale, in particolare mediante abbandono, scarico o smaltimento incontrollati.
Comunque sia, spetta al giudice nazionale – nel caso di specie alla Rechtbank te Rotterdam –verificare se il detentore dell’oggetto o della sostanza ha effettivamente l’intenzione di “disfarsene”. Una verifica che deve tenere conto del complesso delle circostanze del caso di specie, assicurando che le operazioni di recupero e di smaltimento siano eseguite senza mettere in pericolo la salute umana e senza che siano usati procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio all’ambiente.
Verifica che deve pure tenere conto se il riutilizzo del bene o della sostanza non sia soltanto eventuale ma certo.