I jihadisti all’attacco del nord del Mozambico, nel mirino i giacimenti di gas “italiani”?
Frelimo e Renamo spiazzati dall’emergere di un’opposizione islamista nel nord del Paese
[26 Marzo 2018]
Il 24 marzo la polizia del Mozambico ha fermato 29 persone nella provincia di Nampula che stavano cercando di raggiungere i ribelli a Mocimboa da Praia, nella provincia di Cabo Delgado, nell’estremo nord del Paese.
Secondo Manuel Zandamela, comandante provinciale della polizia a Nampula, «Le 29 persone, tra le quali bambini e donne, sono state attirate dal denaro e dalle opportunità di lavoro a Cabo Delgado promesse dagli islamisti estremisti che dall’ottobre 2017 hanno lanciato degli attacchi sporadici contro i posti di polizia e le case civili. Non abbiamo alcun dubbio che queste persone, tra cui bambini di 12 anni, avrebbero potuto partecipare ai disordini in corso a Delgado, Dato che sono persone innocenti che sono state ingannate, non saranno arrestate e verranno liberate a casa loro».
Il problema è che finora le forze di difesa e sicurezza del Mozambico hanno arrestato nel nord del Paese almeno 400 persone, tra le quali cittadini di Zimbabwe, Somalia, Uganda e Tanzania. E proprio dalla Tanzania verrebbero i commando jihadisti che hanno attaccato Mocimboa da Praia, una località fino ad ora priva di importanza. Tutto è cominciato il 5 ottobre 2017 all’una di notte, quando 4 giovani in tunica si sono presentati al posto di polizia e hanno attaccato gli agenti a colpi di machete. E’ stato il segnale dell’attacco, questa volta con mitragliette, a due altre guarnigioni della polizia mozambicana. Per otto ore i jihadisti si sono impadroniti di Mocimboa da Praia, poi sono stati sloggiati dall’esercito durante combattimenti che hanno causato la morte di due poliziotti e quella di 24 jihadisti, nessuno sa quanti siano stati i feriti.
L’attacco armato di un gruppo di giovani musulmani ha sorpreso tutti in Mozambico, visto che finora l’Africa australe era stata risparmiata dalla minaccia islamista. I jihadisti vengono chiamati dalla popolazione con il nome arabo Al-Shabaab (i giovani) proprio come le milizie islamiste somale fedeli ad Al Qaeda, anche se secondo le autorità mozambicane i due gruppi non avrebbero nessun legame.
I jihadisti ritiratisi da Mocimboa da Praia si sono rifugiati nella foresta che circonda la città da dove hanno lanciato raid sporadici ma sanguinosi contro i villaggi dei dintorni, assassinando uomini a colpi di machete, rapendo donne e bruciando case.
A fine gennaio la situazione sembrava essersi calmata dopo che il governo aveva deciso di demolire la moschea Nanduadua, che si innalzava nel cuore di un labirinto di vicoli a Mocimboa da Praia, diventata «La moschea dei criminali» o «La moschea di quelli con il cuore di pietra», identificata come la base dei giovani musulmani radicalizzati che la frequentavano.
Ma l’attacco jihadista ha provocato un’onda d’urto in tutto il Mozambico, uscito nel 1992 dalla lunga guerra civile tra l’ex marxista-leninista Frente de Libertaçao de Moçambique (Frelimo) e l’opposizione di destra della Resistência Nacional Moçambicana (Renamo) che era forte proprio nel nord del Paese.
L’emergere dello jihadismo sarebbe il frutto degli stessi problemi che avevano fatto la fortuna della Renamo: la popolazione a maggioranza musulmana si sente oppressa e abbandonata dai “cristiani” laici del governo di Maputo del Frelimo che però continua a riferirsi ai ribelli “Al-Shabaab” come «un gruppo che cerca di sconvolgere l’ordine stabilito».
Intanto però la polizia ha arrestato almeno 300 musulmani e ha chiuso diverse moschee e il presidente del Mozambico Filipe Nyusi ha licenziato i capi dell’esercito e dei servizi segreti accusandoli di non aver visto i segnali di pericolo.
Eppure a Mocimboa da Praia in molti sapevano che nella comunità musulmana si era formata una fazione radicale. Come ha detto Ussene Amisse, un insegnante di una scuola coranica «Tutto è iniziato tre anni fa: una cinquantina di giovani della città dicevano che non eravamo veri musulmani. Alcuni di loro hanno imparato queste cose in Somalia, quando sono tornati hanno iniziato a causare problemi». I jihadisti mozambicani hanno detto ai loro seguaci di non mandare i loro figli a scuola, di non votare e di disobbedire alle autorità. Amadi Mboni, uno dei leader religiosi della città, spiega amaramente: «Hanno seguito l’esempio dei fondamentalisti di altri Paesi. Lo sapevamo ed avevamo informato le nostre autorità del pericolo, ma non siamo stati in grado di impedire ad alcuni dei nostri figli e nipoti di unirsi a loro».
Per il Frelimo, ma anche per l’opposizione liberista della Renamo, è un bel guaio: secondo i dati ufficiali, il 17% dei mozambicani è musulmano, ma i leader islamici affermano che la cifra reale potrebbe essere doppia e a Mocimboa, più della metà della popolazione è musulmana.
Il Frelimo ha sempre esaltato la coesistenza pacifica di diverse religioni e la Renamo non ha mai nascosto la sua nostalgia per il colonialismo cattolico e fascista portoghese.
Ma il nord del Mozambico dove aveva la sua base la guerriglia della Renamo è stato in gran parte escluso dalla crescita economica degli ultimi 20 anni e in molti dubitano che beneficerà dei frutti dei giganteschi giacimenti di gas scoperti di recente al largo di Mocimboa e che saranno sfruttati anche dall’Eni.
E’ in questa regione, che si considera un confine abbandonato che si affaccia su un’enorme ricchezza sfruttata dalle multinazionali occidentali con la complicità del Frelimo, che l’ideologia radicale di Al-Shabaab ha trovato un terreno di coltura ideale. Come ha detto il giornalista e commentatore mozambicano Fernando Lima, «E’ un’area di influenza islamica, in cui il potere dello Stato è debole».
Il sindaco del Frelimo di Mocimboa da Praia, Fernando Neves dice che dopo gli attacchi tutto è tornato alla normalità: «Abbiamo iniziato a lavorare di nuovo. Queste persone hanno usato l’Islam per cercare di dividerci … ma non ci sono riusciti».
Ma la situazione è peggiorata nei villaggi intorno alla città, dove le comunità si stanno armando per respingere gli attacchi degli Al-Shabaab e la gente ha paura ad andare a lavorare nei campi e quindi manca il cibo. Recentemente in un villaggio è stata rapita una donna e un uomo è stato decapitato e ci sono decine di storie simili di rapimenti di cui vengono accusati gli al-Shabaab.
Certo, non siamo ancora alla follia omicida e ai rapimenti di massa di Boko Haram in Nigeria, ma nelle tattiche usate dai jihadisti in Mozambico ci sono sorprendenti somiglianze.
Di fronte a tutto questo, fino ai recenti arresti di “volontari” che cercavano di unirsi ai Jihadisti, l’atteggiamento del governo di Maputo era quello di minimizzare: le autorità dicevano di non essere a conoscenza dei rapimenti e che la regione è sicura, mentre la vera preoccupazione sembrava quella di scoprire i mandanti che armano gli al-Shabaab e il legami che possono avere con altri Paesi.
Ma se la vera ragione dell’insorgenza jihadista va ricercata nella stioria del Mozambico e nell’ingiusta distribuzione delle (scarse) ricchezze dopo la liberazione dal colonialismo fascista portoghese, oggi la vera ragione potrebbero essere gli enpormi giacimenti di gas sui quali in troppi vogliono mettere o hanno già messo le mani.