Quando la bolletta del gas la decide lo Stato «per interesse generale»
La Corte di giustizia europea si esprime sul caso francese, dove vigono tariffe regolamentate
[9 Settembre 2016]
Lo Stato può prevedere una regolamentazione sulla determinazione del prezzo di fornitura del gas naturale se giustificata dalla necessità di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e la coesione territoriale, purché si tratti di obiettivi di interesse generale. Nonostante ciò, una regolamentazione permanente delle tariffe su base nazionale, imposta esclusivamente ad alcune imprese del settore del gas naturale, potrebbe risultare discriminatoria e eccedere quanto necessario.
Lo afferma la Corte di Giustizia europea in riferimento al caso francese. La Francia ha imposto all’operatore storico di gas naturale, Gdf-Suez, alle imprese locali di distribuzione e a Total Energie Gaz di proporre il gas naturale a tariffe regolamentate (vale a dire massime) per categorie determinate di consumatori. Se da una parte prevede questa imposizione dall’altra consente la possibilità da parte dei fornitori di gas naturale (comprese le imprese che devono fornire gas naturale a tariffe regolamentate) di proporre la fornitura di gas naturale a prezzi inferiori rispetto alle tariffe regolamentate.
L’Association nationale des opérateurs détaillants en énergie (Anode) ritiene che la regolamentazione francese violi gli obiettivi della direttiva sul mercato interno del gas naturale. La regolamentazione ostacolerebbe la realizzazione di un mercato del gas naturale concorrenziale, a maggior ragione dal momento che determinati condizioni (in particolare l’associazione fa riferimento a quelle imposte dalla sentenza del 2010) non sarebbero soddisfatte.
Per questo coinvolge il Conseil d’État (Consiglio di Stato) francese il quale chiede alla Corte di giustizia se la regolamentazione delle tariffe del gas naturale in Francia costituisca un ostacolo di tale genere e, nel caso di risposta affermativa, se esso sia giustificato.
È la direttiva del 2009 che contiene le norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che fa del rispetto degli obblighi relativi al servizio pubblico un elemento fondamentale della disciplina. Obblighi che se pur comuni possano essere interpretati su base nazionale, tenendo conto di circostanze e fatto salvo il rispetto del diritto comunitario.
La direttiva, quindi, definisce standard minimi comuni per gli Stati membri, che tengano conto degli obiettivi della protezione comune, della sicurezza degli approvvigionamenti, della tutela dell’ambiente e di livelli equivalenti di concorrenza in tutti gli Stati membri.
C’è da dire, però, che un intervento pubblico sui prezzi di vendita del gas naturale è una misura che, per sua stessa natura, costituisce un ostacolo alla realizzazione di un effettivo mercato interno del gas. Come lo è la normativa nazionale – come quella francese – che prevede un intervento statale consistente nell’imporre ad alcune imprese di offrire sul mercato, a categorie determinate di clienti, il gas naturale a prezzi che sono il risultato di un calcolo effettuato secondo criteri ed utilizzando tariffari fissati dalle autorità pubbliche.
Le tariffe fissate in tale maniera costituiscono prezzi regolamentati che in nessun modo risultano da una libera determinazione derivante dall’incontro della domanda e dell’offerta nel mercato. Al contrario, tali tariffe sono il frutto di una scelta effettuata sulla base di criteri imposti dalle autorità pubbliche, operata pertanto al di fuori della dinamica delle forze di mercato.
Nonostante tutto ciò un tal tipo di intervento statale può essere ammesso a patto che rispetti tre condizioni. In primo luogo, tale intervento deve perseguire un obiettivo di interesse economico generale; in secondo luogo, deve rispettare il principio di proporzionalità e, in terzo luogo, deve prevedere obblighi di servizio pubblico chiaramente definiti, trasparenti, non discriminatori e verificabili e deve garantire alle società dell’Unione che operano nel settore del gas parità di accesso ai consumatori.