La guerra etnica per il petrolio dell’Abyei rivendicato dai due Sudan
In Sudan 25 milioni le persone necessitano di assistenza umanitaria e17,7 milioni soffrono la fame acuta
[6 Febbraio 2024]
Dal 27 gennaio, decine di civili sono stati uccisi in una serie di attacchi nel sud della regione petrolifera di Abyei, contesa da Sudan e Sud Sudan. Sono stati uccisi anche 4 membri del personale fuori servizio di organizzazioni non governative locali.
I combattimenti hanno provocato lo sfollamento di oltre 2.200 persone, la maggior parte delle quali donne e bambini che hanno cercato rifugio in un complesso dell’United Nations Interim Security Force for Abyei (UNISFA) a Rumajak, a circa 7 chilometri a nord della città di Abyei.
Negli ultimi tre giorni, nonostante le grandi difficoltà logistiche e di accesso. l’Onu e i suoi partner umanitari hanno fornito cibo e materiali per l’alloggio agli sfollati, Un’équipe sanitaria ha effettuato anche visite mediche. Team umanitari continuano a effettuare valutazioni nei villaggi colpiti dal conflitto per la terra tra le etnie Neurs e i Ngok Dinka.
Nel giugno 2011, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha autorizzato il dispiegamento di forze di pace delle Nazioni Unite nell’area contesa di Abyei per fermare la violenza dilagante e lo sfollamento della popolazione nella regione mentre il Sud Sudan si preparava a dichiarare formalmente l’indipendenza dal Sudan il 9 luglio 2011, in seguito all’accordo di pace del 2005. Abyei, poverissima e ricca di risorse, era stata il teatro di decine di scontri mortali che avevano costretto oltre 100.000 persone ad abbandonare le loro case nelle settimane precedenti la decisione del Consiglio di Sicurezza.
L’UNISFA conferma che «Una nuova esplosione di attacchi nella parte meridionale di Abyei durante il fine settimana ha provocato una serie di morti e feriti tra civili, rapimenti, incendi di villaggi e furto di bestiame. La serie di attacchi armati contro civili, avvenuta il 3 e 4 febbraio a Malual Aleu, Banton, Awolnhom, Abathok, Majbong, Awal e a est di Rumamier, comprendeva l’uso di armi pesanti, come granate con propulsione a razzo e mortai. I primi rapporti indicano che 23 persone sono state uccise e altre 17 ferite negli attacchi. L’UNISFA ha intensificato i pattugliamenti via terra e via aerea per scoraggiare ulteriori violenze e proteggere i civili. Anche le forze di pace dell’UNISFA sono state prese di mira durante le violenze, con un veicolo corazzato finito sotto il fuoco pesante durante un’imboscata. Anche le forze di pace ghanesi delle Nazioni Unite nella base di Marial Achak sono state colpite da fuoco prima che gli aggressori venissero respinti».
La missione di pace dell’Onu nel territorio conteso ricorda che «La violenza fa seguito a una serie di attacchi simili da parte di gruppi armati il 27 e 28 gennaio, che hanno provocato un numero significativo di vittime civili, la perdita di due caschi blu delle Nazioni Unite e diffusi sfollamenti. Le forze di pace dell’UNISFA stanno attualmente dando rifugio e fornendo supporto di base a più di 2.000 sfollati nelle loro basi, tra cui centinaia di bambini, donne incinte, anziani e persone con disabilità».
L’UNISFA denuncia con forza la violenza in corso, che «Sta aggravando le tensioni intercomunitarie e minacciando la fragile pace. La missione esprime le sue sincere condoglianze alle famiglie di coloro che hanno perso la vita e ricorda che prendere di mira le forze di pace può costituire un crimine di guerra ai sensi del diritto internazionale. L’UNISFA sta compiendo tutti gli sforzi per riportare la calma, proteggere i civili e collaborare con le autorità locali, i leader comunitari, la società civile e altri stakeholder per prevenire attacchi di ritorsione. La missione sollecita la cessazione immediata delle ostilità, il rispetto del diritto internazionale umanitario e la protezione dei civili. L’UNISFA invita tutte le parti interessate a collaborare per ritenere responsabili i colpevoli e garantire il ripristino della pace ad Abyei».
La guerra civile in corso in Sudan tra i militari golpisti e i loro ex alleati delle Rapid Support Forces (RSF) si sta ripercuotendo sull’Abyei, dove il debolissimo governo del Sud Sudan sembra non poter esercitare nessun controllo. Diverse fonti denunciano infiltrazioni delle milizie delle RSF che puntano ad impadronirsi delle risorse petrolifere per finanziare la guerra contro l’esercito sudanese.
Intanto, in Sudan la crisi umanitaria si aggrava e l’Internationa organization for migration (IOM) denuncia che circa 25 milioni le persone necessitano di assistenza umanitaria, di cui 14 milioni sono bambini.
L’IOM chiede un cessate il fuoco e avverte che «Ogni momento in più di violenza mette a rischio più vite».
I pesanti combattimenti scoppiati nell’aprile 2023 tra l’esercito al potere e i ribelli delle RSF si sono estesi in tutto il Sudan, spingendo più di 1,7 milioni di persone a fuggire nei Paesi vicini e i profughi interni fuggiti dai combattimenti in altre zone del Sudan sono 8,3 milioni. Il solo Egitto ospita più di 415.000 profughi sudanesi.
Quasi 4 persone su 10 – 17,7 milioni – in Sudan ora affrontano la fame acuta e la guerra in corso ha peggiorato le tensioni tra le comunità. Gli esperti di diritti umani dell’Onu sottolineano che «Altrettanto preoccupanti sono la mancanza di risorse e di aiuti internazionali, che fanno aumentare in modo significativo il rischio di violenza tra le comunità ospitanti e gli sfollati interni. Gli anziani, le persone con disabilità, le donne e le ragazze sono vittime di attacchi mirati da parte dei membri della comunità ospitante».
L’IOM ha lanciato l’ennesimo drammatico appello: «Gli aiuti devono raggiungere i milioni di bisognosi. Le persone devono poter accedere a cibo, carburante, medicinali e altre forniture e servizi essenziali. Le persone che cercano di fuggire e di accedere all’assistenza dovrebbero poterlo fare in sicurezza».