La Russia ha ripreso a importare uranio impoverito dalla Germania. Nel 2009 aveva promesso che non lo avrebbe fatto più
Le associazioni ambientalista: un traffico che nasconde lo stoccaggio di scorie nucleari in Russia
[11 Novembre 2019]
Alla fine di ottobre, i media russi hanno rivelato che dei container pieni di uranio impoverito – l’esafluoruro di uranio, un composto tossico – di proprietà della compagnia tedesca Urenco, venivano trasportati dalla Germania in Russia nell’ambito di un accordo con Tekhsnabexport (Tenex), una sussidiaria di Rosatom, la società nucleare statale russa.
L’esafluoruro di uranio, chiamato anche uranio impoverito, è una polvere radioattiva incolore che viene prodotta come sottoprodotto dell’arricchimento dell’uranio da utilizzare come combustibile nelle centrali nucleari. Urenco e una partnership tra compagnie energetiche tedesche, britanniche e olandesi e dal 1985 gestisce un impianto di arricchimento a Gronau, in Germania.
Le associazioni ambientaliste hanno immediatamente espresso preoccupazione per il fatto che la Russia abbia nuovamente accettato di importare uranium tails proveniva da compagnie straniere e he si forma quando l’uranio viene arricchito, rimettendo nuovamente in dubbio che questa sostanza possa essere definita come scorie nucleari.
La Russia aveva sospeso nel 2009 le importazioni dell’esafluoruro di uranio quando venne denunciato che la Russia stava accettando uranium tails proveniente da compagnie straniere e poi lo stoccava all’aperto. Allora Rosatom si piegò alle pressioni ambientaliste russe e internazionali e promise di non importare più la sostanza radioattiva.
Ma il 23 ottobre Greenpeace e l’associazione ambientalista russa Ecodefense hanno reso noto un documento del Land tedesco Nordrhein-Westfalen che dimostra che le spedizioni di esafluoruro di uranio dell’Urenco verso la Russia sono riprese fin dal maggio scorso. Secondo il contratto tra Urenco e Tenex, entro il 2022 verranno trasportate fino a Novouralsk, vicino a Ekaterinburg, circa 12.000 tonnellate di uranium tails. Finora sembra ne siano state spedite circa 4.600 tonnellate.
Gli ambientalisti dicono che se la Russia dovesse effettivamente rielaborare l’uranium tails per riutilizzarne parte come combustibile nucleare, il contratto deve prevedere che le scorie derivanti da questo procedimento vengano rispedite in Germania.
Ma Alexander Nikitin, che dirige l’ufficio di Bellona a San Pietroburgo, «Non è ancora chiaro se Tenex intende farlo». Secondo Ecodefense e Greenpeace, «Esportando uranium tails , Urenco si sta semplicemente sbarazzando della necessità di stoccare rifiuti radioattivi in Germania, che è più costoso di quanto non sia in Russia. Infatti, nel 2005 Urenco ha aperto un proprio impianto di arricchimento [dell’esafloruro di uranio], mettendo in discussione lo scopo di trasportare uranium tails a migliaia di chilometri in Russia per arricchirle». L’impianto stocca anche uranio impoverito all’aperto. Prima che la Russia chiudesse le importazioni di uranium tails – alle quali aveva aperto subito dopo il crollo dell’Unione Sovietica- un contratto del 1996 tra Tenex e Urenco prevedeva l’importazione di 100.000 tonnellate di uranium tails tra il 1996 e il 2009.
Come spiega l’associazione scientifica/ambientalista Bellona, «La questione se le uranium tails costituiscano effettivamente scorie nucleari dipende da chi se lo chiede. Sia Rosatom che l’industria nucleare tedesca classificano l’esafluoruro di uranio come materiale riciclabile. Tuttavia, la Nuclear Regulatory Commission ha a lungo sostenuto che le uranium tails dovrebbero essere classificate come scorie nucleari», una indicazione condivisa da Bellona, Ecodefense e Greenpeace.
Ma anche se Rosatom dice che le uranium tails sono una materia prima preziosa, gli ambientalisti fanno notare che non si capisce quale sia il motivo per importarle. A Bellona fanno notare che «Secondo la maggior parte delle stime, la Russia detiene già quasi 1 milione di tonnellate di uranium tails derivanti dalla sua produzione di carburante nucleare, il che rende discutibile la necessità di altre 12.000 tonnellate provenienti dall’estero».
Sulla questione delle esportazioni di esafloruro di uranio per decenni ci sono state proteste ambientaliste sia in Germania che in Russia che riguardavano soprattutto i rischi della sostanza, anche perché l’esafluoruro di uranio, se riscaldato, può trasformarsi e, in caso di un incidente che portasse la sostanza a contatto con l’acqua, si potrebbe produrre acido fluoridrico altamente tossico.
Ma la principale accusa avanzata dagli ambientalisti è che dopo il trattamento viene restituita alla Germania solo una piccola quantità di uranio, il resto rimane in Russia come scorie radioattive. Come ha detto a Deutsche Welle Alexandra Koroleva, una delle fondatrici di Ecodefense, «La verità è che l’uranio di Urenco rimarrà nei locali delle aziende russe, oltre a quasi 1 milione di tonnellate di scorie nucleari della produzione russa. L’esperienza dimostra che oltre il 90% dell’uranio rimane in Russia».
E precedenti studi dell’agenzia di sorveglianza industriale russa Rostekhnadzor confermano quanto dice la Koroleva. Ad esempio, quando nel 2007 le proteste anti-uranium tails erano al culmine, la stessa Rostekhnadzor riferì che solo 1.700 della 21.000 tonnellate di esafloruro di uranio ricevute dalla Russia quell’anno erano state riprocessate e restituite alla Germania. E la stessa agenzia russa ha anche scoperto che i container di esafluoruro di uranio sono conservati all’aperto «in condizioni normativamente inadeguata e con un significativo livello di rischio di perdita dei sigilli».
Nel 2009, Sergei Kiriyenko, allora a capo di Rosatom, disse ai rappresentanti delle ONG che costituivano il Consiglio pubblico delle compagnie che il progetto di importazione delle uranium tails sarebbe stato finalmente interrotto. Ora Nikitin denuncia la violazione di questo impegno e dice che «Quelle promesse devono essere mantenute. Se i piani sono cambiati, allora deve essere spiegato perché e per cosa e quali obiettivi ci sono per l’uranio impoverito, e così via. Dobbiamo avere queste informazioni. Se tutto viene messo sotto silenzio e in segreto e nessuno lo può scoprire, allora vuol dire che è una brutta cosa».
Per la Koreleva, che dopo le minacciose pressioni ricevute dalle autorità russe ha fatto domanda di asilo in Germania, «La segretezza che circonda il procedimento è intenzionale. Le importazioni di scorie sono nascoste dietro termini come “materiale strategico” e “ritrattamento”».
Dopo queste denunce e la crescente preoccupazione dell’opinione pubblica tedesca e russa, l’ufficio di Bellona a San Pietroburgo ha espresso ufficialmente la sua posizione «sull’importazione di questi materiali pericolosi, che sembrano rifiuti radioattivi». Gli ambientalisti russo/norvegesi scrivono in un comunicato:
1 – Un accordo di questo tipo dovrebbe essere reso pubblico. I cittadini della Federazione Russa hanno il diritto di sapere perché l’uranio impoverito debba essere importato nel Paese, dato che la Russia detiene già considerevoli riserve del proprio uranio impoverito.
2 – Il contratto dovrebbe essere pubblicato e reso di pubblico dominio, compresa qualsiasi informazione che riveli eventuali segreti commerciali redatti di conseguenza.
3 – Dobbiamo ricordare che nel 2006 Sergei Kiriyenko, che allora era a capo del Rosatom, aveva promesso che i contratti per l’importazione di uranio impoverito non sarebbero più stati conclusi. Dopo un’attiva campagna pubblica nel 2009, il trasporto di uranio impoverito è stato interrotto. Cosa è cambiato da allora?
4 – Al momento sembra che, con il pretesto di fornire servizi di arricchimento dell’uranio, il materiale pericoloso venga trasportato in Russia allo scopo di immagazzinarlo a lungo termine all’interno del Paese.
5 – Riteniamo che l’opinione pubblica russa abbia il diritto a informazioni aperte e affidabili sui dettagli del contratto di importazione e sugli ulteriori piani di Rosatom per transazioni simili. In effetti, con il pretesto dell'”estrazione di metalli”, in Russia potrebbe anche essere importata qualsiasi tipo di attrezzatura contaminata.
Bellona San Pietroburgo conclude: «La nostra società ha fatto molta strada dai giorni del completo blackout delle informazioni alla possibilità di trasferire file di testo e multimediali in qualsiasi parte del mondo in qualsiasi momento. Oggi, tutti possono vedere come appaiono le discariche pericolose e tracciare le rotte attraverso le quali vengono consegnati le scorie. I cittadini sono sempre più consapevoli dello stato dell’ambiente e nascondere informazioni all’opinione pubblica in queste circostanze è un chiaro segno di incompetenza».