Le emissioni del ciclo di vita delle auto elettriche possono essere inferiori del 70% rispetto alle auto a benzina e diesel

Una nuova analisi di BloombergNEF smentisce le fake news sui veicoli elettrici: sono davvero meno inquinanti delle auto fossili

[22 Marzo 2024]

Mentre i veicoli elettrici diventano sempre più diffusi, sui social media emergono posizioni e teorire su una loro insostenibilità rispetto ai motori a combustibili fossili e, quindi, a una loro inutilità per combattere il riscaldamento globale e il  cambiamento climatico.

Ma per Corey Cantor, un noto esperto di veicoli elettrici che ha appena firmato l’ultimo studio sul tema pubblicato da BloombergNEF, quando si tratta di emissioni del ciclo di vita, la risposta alla domanda se le auto elettriche siano più pulite di quelle endotermiche, «La risposta è un sonoro sì». Il nuovo rapporto di BloombergNEF evidenzia che «In tutti i casi analizzati, i veicoli elettrici hanno emissioni nel ciclo di vita inferiori rispetto alle auto a benzina». Quanto inferiore dipende dalla distanza percorsa e da quanto sia alimentata ad energie rinnovabili la rete in cui si caricano.

Cantor ammette che «All’inizio della loro vita, i veicoli elettrici a batteria, o BEV, sono ad alta intensità di emissioni, in gran parte grazie alle loro esigenze di produzione di batterie. Ma una volta sulla strada, i veicoli con motore a combustione interna (ICE) superano rapidamente i BEV – almeno in termini di emissioni di CO2 – a causa delle pesanti emissioni emesse dalle auto ad alto consumo di combustibile».

Per determinare il punto di pareggio, BloombergNEF ha esaminato cinque diversi Paesi: Stati Uniti, Cina, Germania, Regno Unito e Giappone e ne è venuto fuori che «In uno qualsiasi di questi mercati, le emissioni di CO2 del ciclo di vita di un BEV di medie dimensioni prodotto oggi e guidato per 250.000 chilometri (155.000 miglia) sarebbero inferiori del 27-71% rispetto a quelle dei veicoli ICE equivalenti. Un automobilista negli Usa  raggiungerebbe il punto di pareggio a 41.000 km, ovvero in circa due anni di guida, presupponendo una distanza media annua percorsa di circa 19.000 km. In Cina, nel frattempo, la distanza di pareggio scenderebbe a 118.000 km, o dopo circa 10 anni, grazie alla rete ad alta intensità di combustibili fossili della regione. Con la produzione a emissioni zero in aumento in tutto il mondo, il punto di pareggio potrebbe arrivare molto prima entro la fine del decennio».

Nei cinque mercati esaminati, il pareggio del ciclo di vita scende a 1 – 4 anni per un BEV prodotto nel 2030. Negli Usa Un conducente statunitense dovrà percorrere solo circa 21.000 chilometri, o circa un anno di guida, affinché un BEV possa avere un utilizzo meno impattante di un ICE. Un conducente cinese avrebbe comunque bisogno di più tempo rispetto ai conducenti di altre aree analizzate, ma gli occorrerebbero solo 53.000 km – ovvero poco più di 4 anni – per raggiungere il punto di pareggio.

L’analisi di BNEF presuppone un’intensità media delle emissioni all’anno per ciascun Paese, ma in realtà, l’intensità delle emissioni di ricarica dei veicoli elettrici varierà a seconda del mix energetico regionale e anche dell’ora del giorno in cui avviene la ricarica. Cantor fa l’esempio di un guidatore di veicoli elettrici in California: «Se effettua la ricarica durante le ore diurne produrrà la metà dei grammi di CO2 per kilowattora addebitato rispetto a un conducente che effettua la ricarica di notte. Il gap tra la ricarica diurna e quella notturna diventerà ancora più ampio entro la fine del decennio. Attualmente, le utilities offrono tariffe per incoraggiare la ricarica notturna, ma in futuro potrebbero ottenere un miglior rapporto qualità-prezzo incentivando la ricarica nelle ore di punta delle rinnovabili».

E il rapporto fa notare che «I miglioramenti al processo di produzione dei veicoli elettrici potrebbero rendere i veicoli elettrici ancora più ecologici. Il riciclaggio delle batterie potrebbe aiutare a ridurre le emissioni del ciclo di vita dei nuovi veicoli elettrici, mentre l’ on-shoring o near-shoring dell’intero processo di produzione delle batterie – incoraggiato da leggi come l’Inflation Reduction Act Usa – potrebbe ridurre le emissioni legate al trasporto globale».

L’analista BNEF  Colin McKerracher, ha commentato: «Corey giunge alla stessa conclusione raggiunta praticamente da tutti gli altri studi indipendenti: i veicoli elettrici hanno emissioni nel ciclo di vita inferiori rispetto ai loro omologhi a combustione interna. Questo non significa assenza di emissioni. Sia la produzione di batterie che l’utilizzo dei veicoli aggiungono emissioni significative durante il loro ciclo di vita. Ma anche in luoghi come la Cina, dove il carbone svolge ancora un ruolo importante nella produzione di energia, i veicoli elettrici hanno complessivamente emissioni inferiori. La riduzione è di circa il 27%, rispetto al 71% in meno  in un mercato come il Regno Unito, dove il carbone è stato in gran parte escluso dal mix produttivo. Un altro modo di pensare a questo aspetto è in termini di tempo di recupero dell’investimento per le emissioni derivanti dalla produzione della batteria. In un mercato come quello statunitense, un veicolo elettrico diventa un’opzione più pulita dopo circa 25.000 miglia di guida, ovvero circa 2,2 anni per il veicolo americano medio».

E McKerracher sul suo blog affronta di petto anche gli avversari dei veicoli elettrici e gli amici delle auto fossili: « Ogni pochi anni, viene pubblicato un nuovo studio che fa una controaffermazione su questo argomento, affermando che i veicoli elettrici hanno effettivamente emissioni più elevate, ma queste affermazioni raramente reggono ad un esame accurato. In genere si basano su informazioni obsolete sulla velocità con cui sta cambiando il settore energetico, su dati di produzione di batterie obsolete o su ipotesi di chilometraggio totale dei veicoli artificialmente basso. Gli studi accademici a volte associano i veicoli elettrici a quella che viene definita la fonte di generazione marginale (spesso carbone), il che li fa sembrare peggiori, ma ci sono buone ragioni per essere scettici su questo approccio. Alcuni studi confrontano anche diverse classi di veicoli per peggiorare le cose per i veicoli elettrici, confrontando ad esempio un camioncino con un’utilitaria. Le auto più piccole sono decisamente migliori di quelle più grandi, dal punto di vista delle emissioni, ma l’acquirente dell’auto che entra nel parcheggio del concessionario per acquistare una Ford F-150 non verrà mai convinto a comprare una Honda Civic».

McKerracher conclude ricordando che per quanto riguarda le emissioni del ciclo di vita dei veicoli «La maggior parte degli studi (compresi quelli di BNEF) non includono le emissioni derivanti dalla raffinazione e dalla distribuzione di benzina e diesel.  Questi combustibili non compaiono solo alla pompa e chiunque sia passato davanti a una raffineria di petrolio può vedere la vasta dimensione della nostra attuale infrastruttura energetica. Si tratta di un’area difficile da definire, ma le emissioni globali delle raffinerie ammontano a circa 1,4 gigatonnellate di CO2 all’anno. Si tratta di una non piccola percentuale delle emissioni globali di CO2 e, sebbene non tutto dovrebbe essere attribuito ai carburanti stradali, una parte considerevole dovrebbe sicuramente esserlo».