Libia, per l’Onu l’accordo di Skhirat è storico. Ma il difficile comincia ora
Un governo di Accordo Nazionale in un Paese diviso e insanguinato. Lo spauracchio del Daesh
[18 Dicembre 2015]
Ieri i rappresentanti di diverse delle fazioni che si sono spartite la Libia e che hanno dato via a due governi nazionali e a diversi staterelli tribali e “califfati” settari, hanno firmato a Skhirat, in Marocco, un accordo per la formazione di un governo di unità nazionale che il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha definito «storico», ma anche come «l’inizio di un cammino difficile ed un lungo il percorso».
Dopo la firma dell’accordo Ban Ki-moon ha detto: «Accolgo con grande favore l’odierna storica firma dell’accordo politico libico da parte dei partecipanti al dialogo politico libico. L’accordo porterà alla creazione di un unico governo di Accordo Nazionale e ad istituzioni nazionali che assicureranno un’ampia rappresentanza. Si tratta di un passo fondamentale per continuare la transizione post-rivoluzione della Libia dopo mesi di disordini e di incertezza».
Ban ha aggiunto di sperare che «La firma dell’accordo metterà Libia di nuovo sulla strada per via la costruzione di uno Stato democratico fondato sui principi di inclusione, dei diritti umani e dello stato di diritto», cose che sembrano quasi fantascienza, visto come è ridotta la Libia post-Gheddafi, dove ogni giorno quei principi vengono negati nel sangue e nella violenza che purtroppo non cesseranno con questo accordo dal quale già diversi gruppi armati prendono le distanze. Anche per questo il segretario generale dell’Onu ha sottolineato che «La porta rimarrà aperta per coloro che desiderano unirsi sulla via della pace. Noi continueremo a lavorare per ampliare la base di sostegno al nuovo governo».
Martin Kobler, rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu in Libia e a capo della United Nations Support Mission in Libya (UNSMIL) Unite in Libia (UNSMIL), ha detto che con la firma di Skhirat, «I partecipanti al dialogo politico libico hanno girato una pagina della storia della Libia. Dopo un periodo di divisioni politiche e di conflitti, la Libia riavvia la sua transizione politica. Questo accordo mette in campo un insieme unico di istituzioni legittime, che sono anche dei pezzi essenziali per l’edificazione di una Libia pacifica e prospera».
Ma il senso di tregua armata resta forte: chi ha partecipato all’affollato summit di Skhirat rappresenta teoricamente gran parte della società libica, ma al ritorno in Libia dovrà fare i conti con uno s Stato fantasma e con fortissime istanze politiche, tribali e settarie sedimentate e che si erano solo in parte coagulate nei due Parlamenti rivali, la Camera dei rappresentanti e il Congresso nazionale generale, di fatto ostaggi delle rispettive milizie armate e di partiti politici che quando va bene hanno un insediamento tribalistico, mentre la società civile libica non è mai nata davvero dopo la rivoluzione ”assistita” contro Gheddafi.
Per questo anche Kobler, come Ban Ki-moon ha sottolineato che «La porta resta spalancata per coloro che non erano presenti. Le loro preoccupazioni dovranno essere prese in considerazione dal governo di intesa nazionale con l’appoggio dell’ONU. Tutti i libici hanno un ruolo da svolgere nella transizione politiche che si sta riavviando. Il governo di intesa nazionale deve essere un governo per tutti i libici, nella capitale, Tripoli». Ma anche su quale debba essere la capitale tra i gruppi ribelli ci sono divisioni.
Kobler e le cancellerie occidentali e arabe che hanno praticamente costretto le fazioni libiche a firmare il patto di Skhirat sanno bene che l’accordo si basa su fragili fondamenta petrolifere, sulla necessità di fermare il flusso di profughi verso l’Europa gestito dalle milizie armate e sullo spauracchio di un’espansione dell’influenza dello Stato Islamico/Daesh in Libia, che non sembra in realtà un pericolo davvero imminente e che è “pompato” dalle opposte propagande. Infatti, il capo dell’UNSMIL ha ribadito che «L’accordo non è l’inizio di un processo difficile» e ha sottolineato che «La necessità impellente di una riconciliazione nazionale e un dialogo inclusivo sulla sicurezza nazionale. Devono essere trovate urgentemente delle soluzioni per sostenere la lotta condotta dai libici contro il terrorismo, in particolare contro il Daesh. La situazione umanitaria drammatica a Bengasi e in altre zone del Paese deve essere risolta prioritariamente, compreso con la risoluzione di un fondo di ricostruzione dedicato a Bengasi». Una città distrutta anche per ordine di molti tra quelli che ieri assistevano compiaciuti alla firma dell’accordo di Skhirat e con il beneplacito delle potenze arabe, che si combattono in Libia per interposte milizie, che hanno finalmente imposto quell’accordo ai loro amici .
Pee questo Kobler ha ricordato che «Anche le preoccupazioni dei libici dell’est e del sud devono essere messe in primo piano. Questo lavoro deve cominciare immediatamente. La firma dell’Accordo politico libico è solo il primo passo sulla via dell’edificazione di uno Stato libico democratico e fondato sui principi dei diritti dell’uomo e dello Stato di diritto». Una via che la Libia non ha mai percorso e che si è persa ancora di più nel deserto dopo la sciagurata guerra petrolifera della NATO contro Gheddafi che ha fatto cadere un dittatore, un imbarazzante ma omaggiato amico dell’Italia, per consegnare un altro Paese arabo al caos sanguinario ed al settarismo dal quale speriamo riesca a farlo uscire questo fragile accordo politico.
Visto i protagonisti e i padrini stranieri purtroppo c’è da dubitare che tutto fili liscio e che nessun signore della guerra armato e finanziato da qualche potenza occidentale o araba non reclami il potere nel nome della democrazia e/o della fede.