In Norvegia le auto elettriche sono il 30% del totale, nel Bel Paese lo 0,1%
Mobilità elettrica, l’Italia rimane scollegata
Nel XX secolo la combustione interna, nel XXI l’elettricità: il futuro della mobilità è già qui, ma il nostro Paese si muove in ritardo
[18 Febbraio 2016]
Nel Nord Europa il passaggio dai combustibili all’elettricità nel campo dell’automotive è già in fase di sviluppo concreto, un percorso da poco iniziato ma già considerato inevitabile. Si è fatto infatti strada il concetto secondo cui passare dalla pompa di benzina al cavo elettrico sarà come è già stato pochi anni fa il passaggio dall’analogico al digitale. L’aria dei centri urbani sarà più pulita e anche globalmente la sparizione del motore a scoppio porterà enormi risparmi in termini di emissioni. Nell’Europa che conta sono tutti d’accordo. In Italia, invece, tra resistenze e titubanze ci scopriamo ancora molto indietro.
Cosa dice il mercato?
I veicoli a combustibile alternativo (AFV) vengono per convenzione distinti in tre grandi categorie di appartenenza: EV (veicoli 100% elettrici, ibridi modello “plug-in”, celle a combustibile), HEV (veicoli ibridi non plug-in) e NGV/LPG (veicoli a gas propano/gas naturale)[1].
In Europa, nel 2015 sono stati immatricolati più di mezzo milione di AFV, determinando una crescita del 20%, e uno share del 4,2% sul totale del venduto. Le auto “con la spina” (EV) hanno quindi traguardato la quota dell’1% (fonte dati gen-giu di ACEA). Dividendo gli AFV nelle tre categorie (EV, HEV e NGV/LPG) si può notare che l’impulso alla crescita è dato dagli EV (+108,8%), una crescita meno importante viene dagli HEV (23,1%), mente il gas propano e naturale è in decremento (-8,4%).
Andando poi a vedere il quarto trimestre 2015, i dati si fanno ancora più interessanti (Figura 1): detto in sintesi, l’elettrico piace, e il gas non piace più.
Figure 1: confronto dei dati di vendita di veicoli “alternative fuel” tra l’ultimo trimestre 2014 e ultimo trimestre 2015
I paesi membri che già presentano una notevole penetrazione degli EV sono la Svizzera (6.711, 4,14%), i Paesi Bassi (6.730, 3,33%), la Svezia (3.368, 2%). Ma stanno facendo grandi passi avanti anche Francia e Germania. Un discorso a parte lo meriterebbe la Norvegia, dove un’auto su tre è elettrica (22.445, 30,17%), grazie ad un lungo corso di politiche incentivanti gli EV e disincentivanti le auto a combustione interna[2].
L’Italia si attesta al diciannovesimo posto, con una percentuale dello 0,1%, quasi esclusivamente concentrata nei grandi centri metropolitani. E chi compra veicoli elettrici? Al momento, l’acquisto è per la maggior parte fatto da utilities, aziende ed enti locali. Il privato, invece, almeno in Italia non vede ricompensati gli extracosti all’acquisto da adeguate misure incentivanti o risparmi per ricarica.
Le agevolazioni all’acquisto
In Francia, acquistando un EV al posto di un diesel immatricolato prima del 2005 si ha diritto ad un superbonus di 10.000 €. Lo stato, in ogni caso, offre un lauto bonus anche a chi acquista elettrico senza permuta. In Norvegia, (paese produttore di petrolio) oltre al bonus per l’acquisto elettrico vengono fortemente tassati i veicoli termici, ed inoltre i possessori di auto elettriche hanno una serie di diritti come l’esenzione dai pedaggi autostradali, dalla tassa di circolazione, agevolazioni sui parcheggi e sulle corsie dedicate ai mezzi pubblici.
Dopo una lunga e significativa assenza sul tema, anche la Germania, per bocca del suo ministro dell’Economia Sigmar Gabriel, dichiara di voler stanziare 2 miliardi di euro per programmi di incentivazione dell’auto elettrica.
Per tutta risposta, in Italia non esistono incentivi all’acquisto (previsti dal governo Monti nel 2012 e attualmente congelati dal governo Renzi), e non esiste una politica di agevolazione che faccia la differenza. Un utilizzatore di auto elettrica, in pratica, oltre a non avere sussidi all’acquisto vedrebbe poco utilizzabile il mezzo se non a Milano, dove la rete di ricarica è capillare. Localmente, infatti, la Lombardia è la regione dove si comincia a sentir parlare di incentivi all’elettrico.
Anche guardando alle case automobilistiche, mentre BMW, Mercedes, Audi rilanciano con nuovi programmi di elettrificazione, FCA, che negli Stati Uniti vede la 500 elettrica come il quarto veicolo elettrico per numero di vendite, non prevede l’inserimento della “e500” sul mercato italiano.
Le reti di ricarica
Per quanto riguarda la situazione europea a livello di reti di ricarica, dopo uno sviluppo a singhiozzo legato ad una mancanza di standardizzazione (quasi ogni casa automobilistica ha proposto una propria metodologia di ricarica), le “spine” presenti sul mercato e la tipologia di ricarica permettono di realizzare colonnine Fast-Charge (raggiungimento dell’80% della carica in meno di mezz’ora) universali. Senza entrare nei dettagli, si prevede che le colonnine di ricarica lenta (la grande maggioranza di quelle italiane) vadano scomparendo, soppiantate da quelle veloci, che richiedono un investimento iniziale maggiore ma che, presumibilmente, godranno di maggior vita. Quando infatti le batterie auto avranno autonomie maggiori, questo tipo di ricarica potrebbe richiedere un tempo di completamento “fuori mercato”. Chi lascerebbe la propria auto parcheggiata per uno o due giorni in centro città o peggio su un’arteria di scorrimento?
Sono una dimostrazione di questa tesi le utilities già da tempo operative di Estonia (ELMO), Paesi Bassi (FASTNED), Svezia (CLEVER), ed i progetti francese (CORRI-DOOR) e tedesco (SLAM): corridoi di ricarica rapida lungo le autostrade, semplici e standardizzati. Si ricarica in 20 minuti, si paga attraverso una App scaricabile da cellulare: tutto molto facile. Se la più grande caratteristica dell’automobile “tradizionale” quando ne iniziò la diffusione fu la libertà che generava, anche l’automobilista “green” in alcuni paesi europei può vantare la stessa libertà.
Progetti come questi ce ne sono in Italia? Non ancora: ci sono alcuni precursori, tra cui la neonata startup SPIN8, che propone in Italia un servizio simile a quello dei distributori esteri citati. Ma sarà necessario un contributo forte dalla politica, in termini di sussidi ma anche – e soprattutto – di visione e pianificazione del futuro.
Altrimenti l’energia per le nuove auto elettriche ce la forniranno i “nuovi distributori” esteri.
[1] Nomenclatura e dati da ACEA, European Automobile Manufacturers’ Association, organo di rappresentanza dei produttori di automobili europei.
[2] % sull’immatricolato gen-giu 2015 – Elaborazione OmniAuto.it su dati ACEA