Il disaccoppiamento Pil-CO2 c’è stato. Ma sul consumo di risorse resta molto da fare
Nel 2014 le emissioni di gas serra dell’Ue hanno raggiunto il livello più basso dal 1990
In Italia -4,6% emissioni nel 2014 e -19,8% rispetto al 1990. Nell'ultimo anno sono però tornate pesantemente a crescere
[22 Giugno 2016]
L’Unione europea ha presentato all’Onu il suo “Annual european union greenhouse gas inventory 1990–2014 and inventory report 2016”, che ora viene reso noto dall’European environment agency (Eea), che spiega: «In termini assoluti, a partire dal 1990, le emissioni di gas serra sono diminuite di 1.383 milioni di tonnellate (Mt) nell’Ue raggiungendo 4282 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti nel 2014».
Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’Eea, sottolinea: «E’ positivo che l’Europa sia stata in grado di ridurre sostanzialmente le emissioni di gas serra dal 1990. Si tratta di un passo importante verso il raggiungimento dei nostri obiettivi climatici per il 2030 e il 2050. Per accelerare la transizione verso una società low-carbon dobbiamo migliorare ulteriormente i nostri investimenti in tecnologia e innovazione, al fine di ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili».
La riduzione delle emissioni di gas serra nei 28 Paesi Ue più l’Islanda in 24 anni è avvenuta grazie a una serie di fattori, come il crescente utilizzo di energie rinnovabili, l’utilizzo di carburanti a più basso tenore di carbonio e il miglioramento dell’efficienza energetica, ma un determinante contributo è venuto anche dalla recessione economica e dai cambiamenti strutturali nell’economia.
Ma bisogna “ringraziare” anche il riscaldamento globale causato proprio dalle emissioni di gas serra: è diminuita anche la richiesta di energia per il riscaldamento domestico, perché, a partire dal 1990, l’Europa, in media, ha vissuto inverni più miti.
Tra il 2013 e il 2014 le emissioni di gas serra nell’Ue sono diminuite di 185 mt (4,1%) e in Italia del 4,6%. L’Eea spiega che «la riduzione delle emissioni è dovuta principalmente alla minore richiesta di riscaldamento da parte delle famiglie a causa dell’inverno molto caldo in Europa Anche l’aumento delle fonti rinnovabili non combustibili, in particolare dell’eolico e dell’energia, ha contribuito a ridurre le emissioni nel 2014».
Anche se, secondo l’ultimo Climate report della Fondazione per lo sviluppo sostenibile dell’’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi, nel 2015 In Italia le emissioni di gas serra in Italia sono aumentate di circa il 2,5% – circa 3 volte tanto la crescita del Pil (che ha segnato un +0,8%) – nel periodo 1990 -2014 l’Italia, nonostante alcuni governi dichiaratamente eco-scettici, fino al 2014 ha fatto la sua parte: –19.8%, passando da 521,9 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 emesse nel 1990 ai 418,6 milioni di tonnellate CO2/eq del 2014.
Le emissioni di gas serra, tra il 1990 e il 2014 sono diminuite nella maggior parte dei settori, e i decrementi sono stati maggiori nelle industrie manifatturiere e delle costruzioni (-372 Mt), per la produzione di elettricità e calore (-346 Mt), e per il riscaldamento residenziale (-140 Mt). Le dolenti note vengono dal trasporto su strada, responsabile per il più grande aumento di emissioni di CO2, cresciute di 124 Mt nel periodo 1990-2014, e di 7 Mt nel 2013-14. Anche le emissioni derivanti dai trasporti internazionali (aviazione e navale), che non sono incluse nei totali nazionali comunicati all’Unfccc, sono aumentate di ben 93 Mt tra il il 1990 e il 2014 (93 Mt). Aumento (99 Mt) infine anche per le emissioni di idrofluorocarburi (HFC), un gruppo di gas serra utilizzato nella produzione di dispositivi di raffreddamento, sistemi di condizionamento e frigoriferi.
Almeno in Europa, il disaccoppiamento tra emissioni di gas serra e crescita economica sembra cosa fatta. Secondo il rapporto, dal 1990 al 2014, con una riduzione complessiva del 24,4% delle emissioni di gas serra (il 23% includendo gli impatti del trasporto aereo internazionale), si è registrato nello stesso periodo un aumento del 47% del prodotto interno lordo europeo. Ma come noto il vero disaccoppiamento è quello tra crescita economica e impatti ambientali si misura anche – se non soprattutto – nel consumo di risorse naturali, e da questo punto di vista (soprattutto a livello globale) rimane ancora moltissimo da fare.