Nucleare, altro che indipendenza energetica: nel 2023 l’Ue ha raddoppiato le sue importazioni di combustibile nucleare russo

Il direttore dell’Iaea Grossi ai governi europei: «Non dividere i fornitori di combustibile nucleare in buoni e cattivi»

[22 Marzo 2024]

Oggi la putiniana Russian TelevisionRT, rilancia con irridente soddisfazione le dichiarazioni rilasciate dal direttore generale dell’International atomic energy agency (Iaea) Rafael Grossi in chiusura del Nuclear Energy Summit tenutosi a Bruxelles e che ha riunito rappresentanti di 30 Paesi, Infatti Grossi ha ammesso che: «Non esiste un modo rapido per abbandonare il combustibile nucleare russo, mentre tagliare i legami troppo presto danneggerebbe i mercati energetici globali». E, parlando a un summit convocato per invocare l’indipendenza energetica europea dalla Russia, il capo dell’Iaea ha esortato a «Non dividere i fornitori di combustibile nucleare in “buoni e cattivi. E’ importante tenere conto delle esigenze dei vari Paesi, tenendo presente che ci sono alcuni progetti infrastrutturali a lungo termine in cui il combustibile russo è vitale. Vorrei mettere in guardia contro l’energia nucleare buona e contro l’energia nucleare cattiva, non penso che questo sia ciò di cui abbiamo bisogno nel mercato energetico globale».

Una netta snmentita di quanto aveva detto poco prima il co-organizzatore del summit nucleare, il primo ministro belga Alexander De Croo che haveva sottolineato che «Le catene di approvvigionamento dell’industria nucleare europea devono essere disconnesse dalla Russia il più velocemente possibile, bilanciando al contempo le operazioni esistenti».

E Grossi ha creato qualche problema anche alla commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, che aveva appena detto che  «I 5 Stati membri che sono ancora fortemente dipendenti dal combustibile nucleare russo devono diversificarsi il prima possibile». Anche se poi ha ammesso che «Non è un compito facile».

Così, mentre la lobby atomica approfitta della guerra in Ucraina per convincere che garantirà l’indipendenza energetica del continente utilizzando risorse delle quali l’Europa non dispone e alcuni stati membri dell’Ue hanno proposto di estendere le sanzioni al combustibile nucleare venduto da Mosca, la realtà è che, come ricorda soddisfatta RT, «Il colosso statale russo dell’energia nucleare, Rosatom, possiede quasi il 50% delle infrastrutture globali per l’arricchimento dell’uranio e rappresentava quasi il 36% delle esportazioni mondiali nel 2022. Rosatom sta attualmente costruendo più di 20 reattori nucleari in tutto il mondo, incluso in Turchia, Cina, India e Ungheria, membro dell’Ue».

Per capirlo non occorreva convocare il contestato Nuclear Energy Summit a Bruxelles, sarebbe bastato leggersi i dati del dossier pubblicato  il 15 marzo dall’ONG Bellona sulle operazioni commerciali transfrontaliere con il codice doganale 840130 – che designa i  gruppi di combustibile o elementi di combustibile non irradiati – che mostrano  «Un aumento più che raddoppiato delle importazioni di combustibile nucleare fresco verso i paesi dell’Ue in termini finanziari. Se i paesi dell’Ue avessero pagato un totale di 280 milioni di euro per il combustibile nucleare russo nel 2022, la cifra sarebbe più che raddoppiata arrivando a 686 milioni di euro lo scorso anno. In termini fisici, ciò rappresenta un aumento da 314 tonnellate a 573 tonnellate di combustibile nucleare».

Bellona evidenzia che «Nonostante non vi siano sanzioni o divieti sulle forniture nucleari dalla Russia all’Europa, questi Paesi rimangono altamente vulnerabili a causa della loro dipendenza da Mosca per il combustibile. Ma nei prossimi 5 anni, il mercato è destinato a cambiare in modo significativo, e l’aumento delle importazioni russe negli ultimi anni potrebbe semplicemente riflettere le ansie degli operatori nucleari dell’Ue che si tutelano dalle interruzioni che potrebbero derivare dal cambio di fornitore». E i nuovi fornitori sarebbero in gran parte Paesi con problemi di democrazia uguali o opeggiori di quelli della Russia putiniana.

Bellona ricorda che «Nella sua relazione per il 2022, l’ Euratom Supply Agency  aveva già osservato che durante il primo anno dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia, i consumatori europei di combustibile nucleare russo hanno iniziato ad accumulare scorte in caso di future interruzioni delle forniture. A quel tempo, l’aumento delle importazioni era piccolo – più del 10% rispetto al livello prebellico. Ovviamente, nel 2023, questo trend non ha fatto altro che intensificarsi – più dell’80% – con un acquisto facilitato dall’assenza di sanzioni vere e proprie sugli acquisti di carburante da TVEL, la filiale di Rosatom».

Mentre la propaganda nuclearista parlava di indipendenza energetica, la Repubblica Ceca ha quasi raddoppiato l’acquisto di carburante nucleare russo, passando da 90 tonnellate nel 2022 a 199 tonnellate nel 2023. E Bellona fa notare che «Negli ultimi anni, il paese ha cercato di aumentare le proprie scorte di combustibile nucleare fresco, una strategia giustificata dalla sua dipendenza dall’estero. Combustibile russo negli impianti nucleari che rappresentano il 40% della sua produzione di elettricità. Questo è tanto più vero alla luce delle relazioni tese di Praga con la Russia anche prima dell’invasione dell’Ucraina del 2022». Così, la centrale nucleare ceca di Dukovany che a inizio 2023 disponeva di una fornitura di combustibile per circa 3 anni, nell’ottobre 2023 ha portato le strutture di stoccaggio ad ospitare una fornitura di carburante di quasi 5 anni e la Repubblica Ceca nei mesi di novembre e dicembre 2023 ha importato circa 80 tonnellate di carburante nucleare, pari a circa il 40% del volume annuale delle importazioni Ue di carburante dalla Russia.

Il maggiore aumento delle importazioni di combustibile nucleare nel 2013 è stato registrato in Slovacchia, dove è quasi triplicato, passando da 80 tonnellate negli anni precedenti a 229 tonnellate nel 2023. Dall’inizio del 2024, la Slovacchia gestisce 5 reattori VVER-440 in due centrali nucleari: Mochovce e Bohunice. Bellona spiega che «L’attuale contratto di fornitura di carburante della Slovacchia con TVEL è stato firmato nel 2019 e prevede consegne dal 2022 al 2026, con una possibile estensione fino al 2030. Nell’autunno del 2022 è iniziato il caricamento del carburante nel nuovo reattore Mochovce-3, il quinto nel Paese. La consegna di un lotto così grande di carburante per il primo carico potrebbe spiegare l’aumento delle forniture di carburante alla Slovacchia nel 2022, dalle solite 50-60 tonnellate nel 2019-2021 a 80 tonnellate. Tuttavia, nel 2023, la Slovacchia ha importato una quantità record di carburante: circa 230 tonnellate, per un totale di circa 200 milioni di euro. Questo volume potrebbe includere il primo carico (circa 50 tonnellate) per la costruzione del reattore numero 4 di Mochovce, il sesto nel Paese, un reattore che potrebbe essere messo in servizio già nel 2024. Ma anche tenendo conto di questo, la quantità di carburante La Slovacchia importata nel 2023 potrebbe coprire il fabbisogno dei 6 reattori del paese per i prossimi 2-3 anni.

Nel 2023 l’Ungheria di Orban – amico di Vladimir Putin e di Giorgia Meloni – ha importato circa 103 tonnellate di combustibile nucleare dalla Russia, per un valore di oltre 124 milioni di euro, più o meno quanto acquistato nel 2022, circa 104 tonnellate, ma molto di più in termini finanziari: circa 94 milioni di euro. Inoltre, il volume di combustibile acquistato nel 2023 e nel 2022 supera i normali acquisti di combustibile nucleare effettuati dall’Ungheria negli ultimi 10 anni, che variavano da 50 a 80 tonnellate all’anno

Al contrario, la Finlandia ha ridotto di quasi la metà le sue importazioni di combustibile nucleare dalla Russia, passando dalle 37 – 39 tonnellate precedenti a 20 tonnellate. Ma bellona dice che questo potrebbe essere dovuto a ritardi nella spedizione di uno dei lotti, piuttosto che a una deliberata riduzione delle forniture dopo l’ingresso della Finlandia nella NATO e che «Nel complesso, gli acquisti della Finlandia negli ultimi 6 – 7 anni – per un totale di circa 35 – 40 tonnellate – superano il fabbisogno annuale delle due unità VVER-440 che gestisce presso l’impianto nucleare di Loviisa. E’ possibile che queste importazioni consentano determinate riserve di carburante, ma la loro dimensione non è nota».

Come non sono purtroppo noti i dati sulle operazioni commerciali con la Bulgaria. In risposta alle domande di Bellona, ​​i funzionari della centrale nucleare di Kozloduy si sono rifiutati di fornire informazioni sul volume degli acquisti di combustibile nucleare o sulla disponibilità delle scorte di combustibile. Ma Bellona evidenzia che «Se consideriamo il numero e il tipo di reattori gestiti dalla Bulgaria, l’importazione di carburante russo nel Paese dovrebbe ammontare a circa 50 tonnellate di carburante all’anno. Inoltre, a partire da quest’anno, la Bulgaria intende avviare il processo di cambio dei fornitori e ricevere i primi lotti di combustibile Westinghouse per la quinta unità della centrale nucleare di Kozloduy».

Attualmente, solo l’Ungheria non ha piani per passare dal combustibile nucleare russo ad alternative. A partire dal 2024 la Repubblica Ceca prevede di ricevere le prime forniture di carburante occidentale prodotto da Westinghouse e forse da Framatom, per il quale sono già stati firmati i contatti . Quindi, le riserve accumulate di carburante russo potrebbero essere destinate ad aiutare le centrali nucleari a sopravvivere al periodo difficile del cambio di fornitore. L’operatore delle centrali nucleari slovacche, Slovenské Elektrárne, nell’agosto 2023, ha firmato un contratto per il combustibile con Westinghouse per i suoi reattori e prevede di completare il processo di licenza entro il 2026-2027. Ma dovrebbe volerci un altro anno per iniziare le nuove consegne di carburante. La realizzazione di questo contratto, tuttavia, dipende dal nuovo governo di Robert Fico, i cui buoni rapporti con Mosca potrebbero far naufragare i piani. Dal 2027 al 2030, la Finlandia prevede di convertire i suoi due reattori Loviisa passando dal combustibile russo a fonti alternative quando scadranno i suoi attuali contratti per le forniture di combustibile russo. Il gestore di Loviisa, Fortum Corporation, ha confermato a Bellona che l’impianto ha scorte di combustibile nucleare, ma non ne ha specificato il volume.

Il dossier di Bellona sottolinea che «Se consideriamo gli attuali contratti che prevedono cambiamenti nella fornitura per la maggior parte degli impianti nucleari dell’Ue, le importazioni russe di combustibile nucleare potrebbero diminuire di almeno il 60% rispetto ai livelli del 2022 entro la fine del decennio, per allora comprendendo solo circa 70 – 100 tonnellate all’anno. Questo significa che la Russia rischia di perdere da 10 a 15 reattori – con una capacità da 7 a 9 GW – come clienti all’interno dell’Ue. Molto probabilmente, la crescita delle importazioni nel periodo 2022-2023 riflette il desiderio degli acquirenti di ottenere rapidamente i volumi di combustibile contrattato per garantire la riserva per il periodo di cambio dei fornitori e le possibili difficoltà con le forniture in caso di inasprimento delle sanzioni nell’industria nucleare o altro inasprimento delle relazioni tra Russia e Ue.

L’ Euratom Supply Agency  ​​ha confermato che la maggior parte degli operatori di centrali nucleari dotate di reattori VVER nell’Ue hanno intensificato gli sforzi per trovare fornitori alternativi e hanno quindi aumentato le importazioni di combustibile per evitare possibili interruzioni dell’approvvigionamento negli ultimi due anni e ha aggiunto che, in linea di principio, gli acquisti nell’ambito dei contratti attuali dovrebbero diminuire progressivamente nei prossimi anni.

Una simile situazione paradossale si osserva negli Stati Uniti d’America, dove aumentano gli acquisti di uranio arricchito dalla Russia mengtre il Congresso discute una legge che vieta l’importazione di uranio arricchito dalla Russia. Alla fine del 2023, le importazioni di uranio arricchito russo negli Usa sono aumentate al livello record di 1,2 miliardi di dollari, il 40% in più rispetto al volume delle importazioni nel 2022. In un contesto di aumento dei prezzi, sono aumentate anche le importazioni fisiche di circa il 20%, passando da 588 tonnellate nel 2022 a 702 tonnellate nel 2023.

Per Rosatom, l’attuale aumento degli acquisti di uranio negli Stati Uniti e di combustibile nucleare in Europa potrebbe essere vantaggioso perché le consente di realizzare i contratti più rapidamente prima di eventuali sanzioni che Washington o Bruxelles potrebbero adottare. Ma Bellona prevede che sul lungo periodo il mercato di combustibile nucleare di Rosatom nell’Ue si ridurrà così come il mercato dell’uranio arricchito negli Stati Uniti. L’ONG scientifica e anti-nucleare non condivide l’opinione del capo dell’Iaea Grossi conclude: «Questi sviluppi nel mercato del combustibile nucleare – che spesso rimangono nascosti – sottolineano ancora una volta la necessità di aumentare la trasparenza nell’industria nucleare, indipendentemente dal Paese in cui opera. Questo è particolarmente vero alla luce dei legami estesi e di lunga data che molti Paesi hanno con l’industria nucleare della Russia, un Paese il cui regime politico è impegnato in guerre aggressive e utilizza ogni strumento e opportunità per raggiungere i propri obiettivi e fare pressione sui suoi oppositori, in particolare i Paesi occidentali. In questo contesto, la riduzione graduale, anche se non rapida, della dipendenza dell’Ue dal combustibile nucleare russo è senza dubbio un passo nella giusta direzione».