Prodotti energetici a uso combinato, gli Stati membri li possono tassare
[26 Maggio 2014]
Il regime europeo che impone livelli minimi di armonizzazione della tassazione per la maggior parte dei prodotti energetici, compresi l’elettricità, il gas naturale e il carbone non si applica ai prodotti a uso combinato. Però, per una maggiore tutela ambientale gli Stati membri, possono sottoporre a tassazione tali prodotti, purché ciò avvenga nell’esercizio delle competenze loro attribuite nel rispetto del diritto dell’Unione.
Questa è l’opinione dell’avvocato generale europeo Eleanor Sharpston che, per il processo produttivo dello zucchero, definisce come prodotto a uso combinato quello che viene utilizzato come “combustibile per riscaldamento in un forno da calce al fine di generare diossido di carbonio per la produzione di gas, successivamente utilizzato per l’appuramento del succo grezzo ottenuto dalla barbabietola da zucchero, processo da cui deriva precipitato, ossia il sottoprodotto costituito dai fanghi di carbonatazione”.
L’Avvocato interviene sulla questione sollevata dal Gerechtshof ’s‑Hertogenbosch dei Paesi Bassi. Questione che ha origine dalla richiesta di rimborso – negata dall’autorità competente – per l’imposta sui carburanti versata per il carbone utilizzato come combustibile per riscaldamento nel processo di produzione dello zucchero al fine di scindere il calcare e di produrre CO2.
Nel processo di produzione dello zucchero dalla barbabietola si distinguono diverse fasi di lavorazione. La prima fase comporta l’estrazione del sugo grezzo dalla barbabietola che successivamente viene depurato. Il sugo leggero ottenuto dal processo di appuramento viene, invece, sottoposto a evaporazione e cristallizzazione da cui ha origine, alla fine, lo zucchero granulato. Tale processo dà origine anche un precipitato, conosciuto come fanghi di carbonatazione, costituito principalmente da carbonato di calcio. Un sottoprodotto consistente in un fertilizzante calcareo, che viene utilizzato nel settore agricolo per mantenere l’equilibrio del pH nel terreno.
Per poter depurare il sugo grezzo estratto dalla barbabietola, l’impianto di trasformazione dello zucchero necessita del gas del forno da calce una miscela di CO2 proveniente dal carbone, dal calcare stesso e dall’azoto proveniente dall’aria.
Nel contempo, il forno da calce viene utilizzato per produrre calce viva. Attraverso il riscaldamento del calcare sino a una temperatura sufficientemente elevata viene prodotto CO2 facendo reagire il carbone con l’ossigeno dell’aria. Da questa reazione si sprigiona calore che viene utilizzato per scindere il calcare in calce viva e diossido di carbonio (dissociazione).
Circa il 12% del gas del forno da calce viene eliminato nell’aria, mentre la parte restante (l’88%) viene utilizzata nelle carbonatazioni.
Dopo l’uso del gas del forno da calce nelle carbonatazioni, una parte di esso viene eliminata. Circa un quarto del CO2 utilizzato nelle carbonatazioni viene perso in questo modo mentre il restante CO2 viene assorbito nei fanghi di carbonatazione.
La direttiva del 2003 (la numero 96) ha tre obiettivi principali:
istituire un regime che assoggetti a tassazione minima i prodotti energetici esclusi quelli a uso combinato; garantire il buon funzionamento del mercato interno riducendo le differenze tra i livelli nazionali di tassazione sull’energia; e migliorare la tutela dell’ambiente, in particolare riducendo le emissioni di CO2 conformemente al protocollo di Kyoto.
La direttiva, però, nell’istituire il regime di tassazione e definire il campo di applicazione non fornisce una spiegazione espressa del significato del termine “uso combinato”. Si limita a dire che è quello utilizzato sia come combustibile per riscaldamento sia per fini diversi dal riscaldamento. Non spiega cosa si debba intendere per fini “diversi”. Non esplica se il prodotto energetico debba essere utilizzato contemporaneamente per fornire calore e per fini diversi dal riscaldamento e se l’«uso combinato» riguardi anche le procedure sequenziali in un processo di produzione, ad esempio quando un prodotto energetico viene utilizzato, dapprima, per creare una particolare reazione chimica e, successivamente, per fornire calore. Si limita, invece, a elencare vari esempi, compreso l’uso di prodotti energetici per la riduzione chimica e nei processi elettrolitici e metallurgici.
Però, manca una terminologia limitativa da cui si evinca che gli esempi previsti sono esaustivi.
Comunque nell’escludere i prodotti energetici sottoposti a usi combinati la direttiva lascia agli Stati membri la libertà di prevedere una migliore tutela dell’ambiente, ad esempio, assoggettando a imposta tutti i prodotti sottoposti a usi combinati, oppure scegliendo di concentrarsi su alcuni di essi, in particolare. In alternativa, gli Stati membri possono scegliere di attenersi alla direttiva non tassando affatto tali prodotti.
Gli Stati membri, però, non possono ricorrere a una definizione più ampia di “uso combinato” rispetto alla nozione del diritto dell’Unione.
Perché procedendo in tal senso escluderebbero illegittimamente i prodotti energetici che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva e che dovrebbero essere assoggettati ai livelli armonizzati di tassazione fissati dall’Ue.