Renzi e il gas algerino: la realtà non corrisponde alle speranze
[3 Dicembre 2014]
Si può davvero dire che la visita di Matteo Renzi in Algeria sia stata tanto seguita da giornali italiani, quanto poco coperta da quelli algerini. Ed anche che la sicumera del nostro premier sul fatto che l’Italia riuscirà facilmente a sostituire il gas russo con quello che viene dal Mediterraneo e dall’Africa nera, da queste parti solleva più che qualche scetticismo. A parte che agli algerini brucia ancora il fallimento del gasdotto Galsi che avrebbe dovuto approdare in Toscana passando per la Sardegna, anche gli altri Paesi a cui fa riferimento probabilmente Renzi non sono messi meglio: la Nigeria è nel caos per le stragi degli integralisti di Boko Harram e pensare di realizzare il gasdotto Nigeria Algeria passando per il Niger dove scorrazzano le bande armate di al Qaeda e dei tuareg indipendentisti è pura follia; la Libia ha due governi impotenti ed ormai è uno Stato fantasma diviso in califfati islamisti e staterelli tribali sostenuti gli uni e gli altri dai governi arabi. Quindi il gas potrebbe arrivarci dal Congo, dalla stessa Nigeria, o dai nuovi giganteschi giacimenti scoperti dall’Eni al largo del Mozambico solo via nave e sotto forma di Gnl, una chance per progetti fermi come l’Olt di Livorno, ma non certo rifornimenti sicuri ed a basso costo
Sono stati gli stessi algerini ad organizzare ad Orano il workshop internazionale “Marchés mondiaux de gaz naturel: enjeux, stratégies d’acteurs et impacts” per esaminare gli aspetti legati al mercato mondiale del gas e la loro incidenza sulla “stratégie nationale”. Il vice-presidente del Conseil national économique et social (Cness), Mustapha Mekideche, ha detto che la questione del mercato gasiero internazionale ed i suoi sviluppi «Intervengono in un contesto abbastanza particolare, quello del calo drastico dei prezzi del petrolio. Quando il petrolio ha la febbre, il gas tossisce».
Mekideche ha ricordato che l’Alferia fa i conti con le minacce dei mercati mondiali del gas dal 2010 e che questo «Ha dato luogo ad un assommarsi di problematiche ingenerate soprattutto dalle incerte condizioni per la valorizzazione internazionale del gas naturale convenzionale, i contratti di presa in carico a lungo termine dei bisogni della domanda nazionale e la competizione con le altre fonti di energia tra le quali il carbone, come nel caso della Germania».
I più pericolosi concorrenti del gas algerino sono il Qatar, gli Usa e la Russia, «e questo sullo sfondo della debole domanda mondiale di gas, in particolare in Cina ed in Europa, la stabilizzazione dell’offerta di questa energia che, nel 2013, è aumentata solo dello 0,8 %, e della bassa crescita del consumo mondiale solamente l’1,3% nel 2013». Poi c’è la crescita parallela del “gas non convenzionale”, lo shale gas estratto con la tecnica del fracking, soprattutto negli Usa, che «Comporta una rimessa in discussione dei contratti a lungo termine del gas naturale e del Gnl sui mercati internazionali».
Quel che Renzi non dice ma Mekideche sì è che «L’Algeria presenta un’offerta problematica in termini di volumi e di durata. Il gas naturale rappresenta il 34% del consumo totale nel Paese, con una domanda interna in forte crescita (12,4% dal 2011 al 2012), segnata a una tariffazione obsoleta che spinge allo spreco delle famiglie ed ad un trasferimento dei guadagni a profitto delle industrie che utilizzano il gas. Delle industrie energivore».
Uno che di gas e petrolio se ne intende, l’ex direttore di Sonatrach ed ex ministro Abdelmadjid Attar, ha ricordato che «Il mercato del gas è sensibile perché è indicizzato a quello del petrolio. Le prospettive sono incerte a causa della recessione economica generalizzata, degli effetti catastrofici dei cambiamenti climatici e dei pesi delle carbon tax, così come per delle crisi geopolitiche regionali che si vanno aggravando. La recessione destabilizza le zone di produzione e di transito. L’Europa ha importato il 30% di gas in meno nel 2013 ed alcuni Paesi consumano carbone, come la Germania e la Gran Bretagna. Da questa situazione e dalla presa di coscienza dell’esaurimento delle riserve è nata la necessità di assicurare la sicurezza energetica attraverso la diversificazione delle risorse. L’arrivo di risorse non convenzionali, soprattutto dagli Usa e dal Canada, sta cambiando la mappa energetica mondiale».
La pensa così anche Abderrahmane Mebtoul, del’università di Orano: «L’energia è al centro della sicurezza dell’Algeria e la situazione attuale influenzerà le entrate dell’Algeria». Ma lo sguardo è più rivolto ai consumi interni di una popolazione in crescita che all’esportazione: «E’ necessario rivedere i metodi per risparmiare l’energia, rivedere le sovvenzioni ed andare verso dei prezzi energetici». Ma Ahmed Mecheraoui, del ministero dell’energia, ha detto che il governo di Algeri continuerà a sovvenzionare i prezzi dell’elettricità e del gas: «Non ci saranno aumenti. La domanda interna di elettricità e gas aumenta in maniera esponenziale. Il programma di 2 milioni di alloggi necessita di energia i 5 milioni di climatizzatori in Algeria chiedono energia, anche le decine di tipi di telefonini richiedono energia… E’ per questo che lo Stato deve fare in modo di fornire questa energia. La politica del governo è quella dell’elettricità e del gas per tutti e non ci saranno quindi aumenti di prezzo di queste due energie». Anche perché se il governo toccasse i prezzi molto probabilmente si troverebbe di fronte alla rivolta popolare che ha evitato per un pelo al tempo delle primavere arabe.
Renzi nella sua spedizione in Algeria forse non ha ben capito quanto sia esplosiva la situazione energetica, politica e sociale nella sponda sud del Mediterraneo e fino a quelle che sono le terre ed i mari conquistati da Eni nell’Africa nera. La competizione per l’energia sarà sempre di più con le popolazioni locali, in forte crescita demografica (ma anche economica) che vedono ormai l’accesso all’energia come un diritto, anche per continuare a cresce economicamente.