Siria: l’esercito di Assad a un passo dal confine turco e la Turchia attacca i kurdi del Rojava
L’intervento russo terremota la diplomazia internazionale. Verso un nuovo ordine in Medio Oriente?
[27 Ottobre 2015]
L’Ufficio Stampa delle Unità di difesa popolare (YPG) del Rojava (il kurdistan occidentale siriano) ha denunciato che sono in corso attacchi dell’esercito turco «contro le posizioni coperte dai combattenti delle People’s Defense Units (YPG) in prossimità delle due città di frontiera di Kobane e Tal Abyad», l’invasione turca nel territorio siriano liberato della milizie kurde e dichiarato autonomo, sarebbe iniziata il 24 ottobre.
Le YPG dicono che «Il 25 ottobre, tra le 22,00 e le 23:00 nella zona ovest della città di confine di Gire Spi (Tal Abyad), nel Cantone di Kobane, l’esercito turco – armato con armi A4 – ha attaccato posizioni protette dalleunità di difesa. Intorno alle 02,00 di oggi, 26 ottobre, i militari turchi questa volta ha utilizzato cecchini contro le posizioni della unità di difesa ‘di confine nei pressi del villaggio di Zormaghar, nel Kobane occidentale. Durante le violazioni commesse oggi dall’esercito turco non sono state segnalate vittime. Contemporaneamente nella parte occidentale e meridionale della regione Kobane, le bande dell’ISIS (lo Stato Islamico/Daesh, ndr) continuano ad attuare le loro aggressioni con armi pesanti. Tra le 21,00 e le 22,00 del 25 ottobre e le 8,00 e le 10,00 di oggi (26 ottobre), le bande dell’ISIS hanno lanciato una serie di attacchi pesanti sui villaggi di Shikayf e Mirvah nel circondario della cittadina Sarrin, nel cantone di Kobanê. Anche oggi, tra le 3,00 e le 4:00 un gruppo di banditi dell’ISIS che si sono posizionati nel villaggio di Hamam, vicino alla città Jarabulus, hanno preso di mira con colpi di mortaio il villaggio di Jade nella regione di Kobane occidentale. Questo attacco è mirato direttamente alla popolazione civile, per fortuna, non ci sono state vittime. Analogamente, nel villaggio di Mikhara, Ain Issa, gli assalitori dell’ISIS hanno effettuate un altro attacco con un mortaio dalle 14,00 alle 15,00 nella regione di Kobane».
Quella che denunciano le milizie progressiste kurde potrebbe essere una risposta congiunta della Turchia e del Daesh all’avanzata delle truppe dell’esercito regolare siriano di Bashir al Assad verso nord, che rischia di tagliare le vie del contrabbando di petrolio tra Stato Islamico e Turchia. Le milizie nere del Daesh, aiutate sempre più spudoratamente dai servizi segreti turchi, potrebbero cercare di aprirsi nuovamente un corridoio nel Rojava per raggiungere la Turchia più ad est.
Infatti, Ali Mayhub, generale di brigata dell’esercito siriano fedele ad Assad, ha annunciato di aver occupato diverse alture vicino alla frontiera turca: «Le nostre forze armate si sono impadronite dei puntri dominanti nella regione della città di Salma, vicino salla frontiera turca, hanno effettuato attacchi militari alle posizioni dei jihadisti, alle loro postazioni di comando ed ai loro depositi di materiale militare nella città di Salman e nei suoi dintorni. Delle posizioni terroriste sono state abbattute e decine di jihadisti sono stati eliminate».
Ad aprire la strada sono gli aerei russi, ma il regie di Damasco dice che «Le forze aeree della Siria hanno eliminato i posti di comando dei jihadisti nelle province di Idleb e di Homs».
L’intervento russo è stata una vera e propria iniezione di forza in quello che sembrava un esercito demoralizzato e in rotta: i soldati del regime siriano (insieme agli hezbollah libanesi e ai pasdaran “volontari” iraniani) continuano l’offensiva di terra anche a sud, vicino alla città di Kuneitra, nella regione del Golan e vicino alla frontiera del territorio occupato da Israele. Ma per ora non si vedono gli aerei israeliani che fino a poche settimane fa bombardavano le colonne di militari che portavano rifornimenti e forze fresche sul fronte dei combattimenti, evidentemente il governo israeliano teme un incidente con gli aerei russi che sorvolano l’area per difendere le truppe di Assad e i volontari sciiti: uno scontro nei cieli siriani tra russi e israeliani aprirebbe uno scenario di guerra che potrebbe portare a conseguenze inimmaginabili.
Grazie alla protezione russa (e qualcuno dice anche alla partecipazione di truppe speciali “volontarie” russe a terra) nel Golan l’esercito siriano starebbe infliggendo forti perdite alle milizie jihadiste, sia in termini di uomini che di materiale bellico fornito da Arabia Saudita e Qatar o contrabbandato dalla Turchia in cambio di petrolio. L’esercito siriano dice anche di aver ucciso Abou Suleiman al-Masri, il leader del Fronte al-Nusra, la branca siriana di Al Qaeda. Il capo terrorista sarebbe morto in combattimento nel villaggio di Tal-al-Karsani, vicino ad Aleppo. Grazie ai massicci bombardamenti degli aerei russi, l’esercito di Assad è ormai all’offensiva su diversi fronti e i soldati della divisione del secondo corpo di armata dell’esercito arabo siriano sono entrati a Qatana, una città della provincia di Damasco e capoluogo di distretto che, all’inizio della guerra aveva una popolazione di 23.000 abitanti.
L’indubbio successo dell’intervento russo sta terremotando la diplomazia internazionale: ieri il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov si è sentito per telefono con il segretario di Stato Usa John Kerry per discutere di una possibile soluzione politica in Siria e il ministero degli esteri di Mosca spiega che «Hanno discusso dei possibili passi per sostenere gli sforzi che permettano di regolare il processo politico inter-siriano con la partecipazione dei Paesi chiave della regione».
Lavrov ha parlato anche con il ministro degli esteri degli Emirati Arabi Uniti, Abdallah Ben Zayed Al Nahyane e ha spiegato che «Durante la loro conversazione, un’attenzione particolare è stata dedicata alla situazione in Siria (…) con l’obiettivo di integrare gli sforzi di tutte le parti per rispondere in maniera decisiva ai terroristi e mettere in opera il più rapidamente possibile una regolamentazione politica nella Repubblica Siriana, sulla base del comunicato firmato nel giugno 2012 a Ginevra».
Il ministro degli esteri russo si riferisce al summit del 30 giugno 2012 a Ginevra, quando il Gruppo di azione per la Siria, che comprende i ministri degli esteri dei 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu (Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia ed USA). La Turchia e i Paesi della Lega Araba approvarono i principi per una soluzione della crisi siriana e i Russi sottolineano che «Questi principi prevedono in particolare la creazione di un governo di transizione che riunisca le parti in conflitto».
Per questo il presidente russo Vladimir Putin ha telefonato al Re dell’Arabia Saudita Salmane ben Abdelaziz Al Saud dopo l’incontro che a Vienna ha messo allo stesso tavolo russi, sauditi, turchi e statunitensi. Il presidente russo e il re saudita hanno parlato della situazione del Medio Oriente e un comunicato del Cremlino sottolinea che «Le due parti si sono mostrate soprattutto allarmate per il degrado della situazione in Israele e in Palestina». Inoltre, «Il re saudita ha ampiamente apprezzato il ruolo attivo della Russia nel processo di pace».
Il 23 ottobre a Vienna, Russia e Usa, Arabia Saudita e Turchia hanno riaffermato impegno di Ginevra e detto che solo il dialogo politico può permettere di risolvere la sanguinosa crisi siriana. Poi hanno tutti allegramente continuato a bombardare la Sietia e la Turchia ha attaccato i Kurdi del Rojava che combattono contro lo Stato Islamico. .
Ma Lavrov, che è u in una evidente posizione di forza, vuole ampliare la discussione e secondo lui il gruppo negoziale che dovrebbe risolvere la crisi siriana «Dovrebbe comprendere tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, la Germania ed i Paesi chiave della regione, cioè: l’Arabia Saudita, la Turchia, ma anche l’Egitto l’Iran, il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti, la Giordania, la Lega Araba e l’Organizzazione della cooperazione islamica (OCI) che potrebbero così unirsi alle discussioni».
Ma le aperture di Mosca non convincono quelli che gli occidentali indicano come uno degli interlocutori per la soluzione politica della guerra civile siriana: l’ormai screditata Free Syrian Army (FSA) che avrebbe dovuto rappresentare l’alternativa democratica al regime nazional-socialista di Assad. Infatti, secondo quanto dice il network televisivo Al Arabia, l’Esercito Siriano Libero si è rifiutato di collaborare con i russi contro lo Stato Islamico/Daes.
Ahmed Saud, uno dei leader del FSA ha detto che “la Russia non riuscirà a cooperare con l’opposizione ed a sostenere allo stesso tempo il regime del presidente siriano Bashir al Assad. La Russia deve subito cessare di bombardare le posizioni del FSA».
E’ stata quindi rimandata al mittente la proposta di Lavrov, avanzata in un’intervista alla televisione nazionale russa, che si è detto pronto a «Cooperare con l’opposizione patriottica in Siria e a sostenere, dall’aria, l’Esercito Siriano Libero». Ma il ministro degli esteri di Mosca ha anche aggiunto che gli statunitensi si rifiutano di fornire alla Russia sia le informazioni sui lughi dove si trovano i terroristi sia quelle sulle basi degli «oppositori siriani patriottici». Lavrov ha aggiunto: «Noi non abbiamo mai interrotto i contatti né col governo siriano né con l’opposizione. Siamo senza dubbio il solo Paese che ha intrattenuto e intrattiene sempre rapporti con tutte le forse politiche siriane».
Chi invece sta fornendo dati ai russi (e agli iraniani) sono i servizi segreti della Giordania, uno dei più fedeli ed importanti alleati degli Usa in Medio Oriente e secondo il Wall Street Journal, Kerr, dopo la riunione del Quartetto per il Medio Oriente (Ue, Onu, Russia ed Usa) ha detto che la decisione di Amman, «Alla fine potrebbe apportare vantaggi a tutte le parti». L’intervento russo, oltre a ribaltare la situazione sul terreno in Siria, sta rimettendo in gioco l’Iran e l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Fedérica Mogheirni ha detto che la Russia e l’Iran potrebbero essere in grado di cambiare la situazione in Medio Oriente se riuscissero a coinvolgere Assad nel processo politico di transizione al potere. Che è quello che evidentemente Teheran e Mosca stanno facendo.
Anche per il Wall Street Journal, l’accordo tra Russia e Iran per dialogare con Washington potrebbe significare che l’equilibrio di potere in Medio Oriente cambia. : «Quel che succede in Siria porta alla creazione di un nuovo ordine in Medio Oriente. Col tempo, sarà sempre più difficile per gli Stati Uniti trovare l’unanimità e la risolutezza dei loro alleati su altre questioni di sicurezza nazionale. Inoltre, l’evoluzione nei sistemi di sicurezza e nelle strutture delle alleanze regionali create, durante gli ultimi 50 anni,.dagli Usa in Medio Oriente, incitano gli Stati arabi, abituati prima a obbedire a Washington, a guardare in direzione della Russia».