Snam ha comprato il nuovo rigassificatore per Ravenna, da 367 milioni di euro

Atteso al largo di Punta Marina, si prevede inizi a operare nel corso del 2025. Nel frattempo le energie rinnovabili restano al palo

[5 Dicembre 2023]

Il nuovo rigassificatore atteso al largo delle coste di Ravenna – a 8 km da Punta Marina, dove dovrebbe iniziare a operare nel corso del 2025 – è stato acquistato ieri da Snam per 367 milioni di euro.

Dopo gli accordi già formalizzati durante l’estate 2022, il gruppo Snam ha infatti finalizzato l’acquisizione della società Fsru I Limited, che detiene la proprietà dell’unità di stoccaggio e rigassificazione galleggiante (Floating, storage and regasification unit – Fsru) “BW Singapore”.

Il rigassificatore BW Singapore può operare sia come nave metaniera per il trasporto del gas naturale liquefatto (Gnl) sia come Fsru. La nave, costruita nel 2015, ha una capacità di stoccaggio di circa 170.000 metri cubi di gas naturale liquefatto e una capacità di rigassificazione di circa 5 miliardi di metri cubi all’anno.

«Insieme alla Golar Tundra, la cui messa in esercizio a Piombino è avvenuta a luglio del 2023, le due Fsru consentiranno di portare la capacità di rigassificazione complessiva del Paese dall’attuale 25% a circa il 40% della domanda di gas naturale a livello nazionale», dichiara l’ad di Snam, Stefano Venier.

Nei prossimi mesi, Snam avvierà anche le attività per la contrattualizzazione della capacità di rigassificazione del Gnl che si renderà progressivamente disponibile con l’avvio dell’operatività del rigassificatore.

In compenso, ancora non è chiaro il destino a medio termine del rigassificatore Golar Tundra ancorato al porto di Piombino, dove dovrebbe rimanere fino al 2026; successivamente è previsto il suo spostamento a Vado Ligure, un’operazione dal costo stimato in 25 mln di euro, che potrebbero però ricadere sulle pagate dai cittadini.

Più in generale, l’Italia continua a puntare con forza sui rigassificatori nonostante un simile approccio sia nato come strategia cautelativa, per affrontare la contingenza della crisi energetica seguita alla ripresa economica post-Covid e all’invasione russa dell’Ucraina.

Non a caso nel marzo 2022 l’allora ministro Cingolani dichiarava che i rigassificatori galleggianti «hanno il vantaggio che possono essere utilizzati finché servono e tolti in qualsiasi momento», informando di aver dato mandato ad acquistarne uno e noleggiarne un secondo.

In realtà entrambi le navi rigassificatrici sono state acquistate (destinandole a Piombino e Ravenna) e adesso l’aspettativa è di tenerle in attività per almeno un quarto di secolo. Anche perché, mentre la crisi climatica avanza, Eni continua ad ampliare i contratti di fornitura Gnl fino a oltre il 2050.

Il tema della sicurezza energetica tramite Gnl appare già oggi marginale, tant’è che all’edizione 2023 dell’Italian Lng summit, svoltasi a Roma a fine giugno, la parola d’ordine è stata “sovraccapacità”: «Una capacità di gas naturale liquefatto superiore anche al fabbisogno interno non deve preoccupare, dobbiamo essere in grado di gestire la sovraccapacità di Gnl», spiegavano gli organizzatori.

In un contesto simile, i rigassificatori dovrebbero essere trattati per quel che sono: delle ancore di sicurezza nel percorso di abbandono del gas russo, ma anche l’ennesimo ostacolo alla transizione ecologica, da dismettere il prima possibile, dato che  la soluzione strutturale alla crisi climatica e a quella energetica passa piuttosto dalle energie rinnovabili.

Che però restano al palo: l’obiettivo europeo al 2030 prevede una penetrazione nel mix energetico pari almeno 42,5% mentre l’Italia è ferma al 19%, eppure anche nei primi nove mesi di quest’anno sono entrati in esercizio solo 3,9 GW di nuovi impianti rinnovabili, quando dovrebbero essere circa +12 GW l’anno.