Confermato il summit tra Russia, Ucraina, Francia e Germania a Minsk
Ucraina, esplode una fabbrica chimica a Donetsk
Vi si producevano esplosivi industriali e militari, ancora ignoto l'inquinamento prodotto dall’esplosione
[9 Febbraio 2015]
Quello che si temeva sta accadendo: la guerra in Ucraina è diventata anche una battaglia per la distruzione delle infrastrutture produttive, alcune delle quali molto pericolose. Ieri sera, intorno alle 22,50, Donetsk – la più importante città del sud-est dell’Ucraina in mano alle milizie filo-russe – è stata scossa da una potente esplosione nella fabbrica chimica di Kazenni, che avrebbe fatto diversi feriti. I filorussi accusano l’esercito ucraino di aver bombardato volutamente l’impianto.
La notizia è stata confermata oggi in una conferenza stampa da Edouard Bassurin, il vice-comandante dell’esercito dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, che ha spiegato ai giornalisti: «L’esplosione si è prodotta nell’impianto di Kazenni. Per il momento l’obiettivo dell’attacco non è chiaro. Si tratta di un missile Totchka-U, è stato preso di mira l’aeroporto. C’è stato un martellamento, mentre l’esercito ucraino ha cercato di distruggere l’impianto, che è unico nel suo genere». A Kazenni si producono infatti esplosivi industriali e militari, quindi la cosa non solo poteva tramutarsi in una tragedia immane, ma nessuno sa davvero quale tipo di inquinamento possa aver prodotto l’esplosione.
Infatti, Bassurin ha detto che «per il momento, non disponiamo di informazioni precise, ma la maggior parte dei 20 abitanti di Donetsk che sono stati feriti questa notte lo sono stati durante questa esplosione».
Con la tensione ancora alle stelle arriva intanto dal quotidiano russo Vedemosti arriva la conferma che il presidente Valdimir Putin, il presidente francese François Hollande, quello ucraino Piotr Poroshenko e la cancelliera tedesca Angela Merkel si incontreranno l’11 febbraio a Minsk per concordare un possibile cessate il fuoco. «I partecipanti – dettaglia l’ufficio stampa di Poroshenko – si attendono che gli sforzi di Minsk conducano a un cessate il fuoco immediato e incondizionato». Nel mentre, a Berlino si riuniscono i rappresentanti dei ministeri degli Esteri dei quattro Paesi proprio per preparare il vertice di Minsk. Il 10 febbraio, sempre nella capitale bielorussa, ci sarà una riunione della commissione trilaterale con la partecipazione di rappresentanti dell’Osce, della Russia, dell’Ucraina e anche delle Repubbliche popolari ribelli del Donetsk e di Lugansk, le quali hanno dichiarato che questo viaggio a Minsk era già previsto.
Dall’altra parte dell’Oceano, gli Usa si danno molto da fare e non sembrano per niente d’accordo con il percorso messo in piedi da Hollande e dalla Merkel. Ma quel che spicca maggiormente in questo conflitto è l’assenza dell’Unione europea, messa probabilmente da parte dai Paesi più potenti dell’Ue, forse perché il suo avventurismo al tempo della rivoluzione di Piazza Maidan (che i russi, filorussi e bielorussi continuano a chiamare colpo di Stato) è una delle cause dell’attuale drammatica situazione in Ucraina; così come l’ondivaga politica estera dell’Ue, insieme al duro atteggiamento di Mosca e alle tentazioni geopolitiche di Washington, ha portato al fallimento del precedente accordo di Minsk che prevedeva un governo di unità nazionale e un’Ucraina federale. Oggi si sta di nuovo tentando di evitare una guerra che sconvolgerebbe l’Europa, ripartendo dalla federalizzazione dell’Ucraina, anche se l’unità nazionale sembra ormai un reperto del passato e si sta addirittura pensando a una fascia demilitarizzata di 50 Km che separi l’Ucraina dalle Repubbliche popolari filo-russe.
E’ da notare che, con l’avvitarsi della crisi e degli scontri sempre più feroci e con l’avanzata delle forze e dei “volontari” filo-russi, sembra completamente eclissata tutta la questione energetica (dal gas russo, al fracking per lo shale gas ucraino, alla gestione dei gasdotti per l’Ue) che era sullo sfondo all’inizio del conflitto, ma c’è da giurare che tornerà prepotentemente fuori non appena (speriamo) le acque si saranno calmate. Così come, restando in campo energetico, bisognerà risolvere il problema delle miniere di carbone e dell’industria ucraina, che sono in grandissima parte nelle aree a prevalenza russofona, per non parlare di quello che rappresenta davvero la possibilità di un disastro di dimensioni incalcolabili: un nuovo incidente nucleare in una delle vecchie centrali ancora in funzione. L’Ucraina, è bene non dimenticarlo, è il Paese di Chernobyl.
L’unica cosa certa al momento è che il “Quartetto della Normandia”, come viene definito dai giornali russi, si riunirà a Minsk, capitale di quella che l’Ue considera l’ultima dittatura europea, per discutere dell’unità e della democrazia in Ucraina, e Vladimir Putin non poteva fare regalo migliore al suo fedele amico Alexandr Lukashenko: il presidente della Bielorussia viene riammesso così nel mondo della diplomazia internazionale.
Chi invece resterà fuori dal tavolo è l’italiana Federica Mogherini, l’Alta rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, anche se non è un dramma, visto che – nonostante la propaganda politica e l’orgoglio patrio che circondarono la sua nomina dal novembre 2014 – tutti in realtà sapevano che quello assegnatole è nell’Ue e un incarico più o meno simbolico e di rappresentanza. I commissari Ue di peso se li erano già spartiti i Paesi più forti, che poi sono quelli che fanno la vera politica estera europea; o meglio, la loro politica estera, spacciata per quella dell’Ue.