Yemen: il golpe “congelato” e la guerra dimenticata degli sciiti lungo le rotte del petrolio
[20 Gennaio 2015]
A San’a, la capitale dello Yemen, la situazione resta ad alta tensione dopo i combattimenti tra la guardia presidenziale yemenita e le milizie sciite Huti. Secondo quanto scrive la ben informata radio internazionale iraniana Irib, «l’ufficio del primo ministro Khaled Bahah è circondato da ieri da numerosi uomini armati che hanno sbarrato ogni via di accesso all’area, malgrado la promessa – disattesa – di tutte le parti di interrompere le ostilità». Il premier si trova all’interno dell’edificio ed è impossibilitato ad uscire, mentre il presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, dopo essere fuggito ieri in elicottero, è rinchiuso nella sua residenza privata nella capitale, da dove sta provando a consultare le forze politiche per stabilire «una road map per la fine delle violenze».
Dopo la tregua concordata ieri sera, c’era stato solo qualche scambio di colpi e nella capitale yemenita sembrava tornata la calma, dopo che le milizie Houthi di Ansarullah, che hanno occupato San’a, erano entrate in contatto con l’esercito, nell’area del palazzo presidenziale che tentavano di occupare e che poi hanno effettivamente conquistato oggi, in seguito ad uno scambio di colpi di arma da fuoco con i soldati lealisti che avrebbe fatto più di 20 vittime.
Iribn dice che Gli Houthi, che chiedono modifiche alla bozza per la nuova Costituzione dello Yemen, e che vogliono dividere il Paese in due regioni federate, invece che in 6, hanno occupato anche la montagna al-Nahdayn, di fronte al palazzo presidenziale, nel quale sono entrati stasera, ma dove però non risiede attualmente Mansour Hadi.
L’offensiva degli sciiti Houti ha completamente spiazzato non solo il fragile regime yemenita, ma anche le bande sunnite di al Quaeda nello Yemen (nemiche giurate degli sciiti) che controllano parte del sud ed i separatisti che vogliono ricostituire un Sud Yemen indipendente. Ma le più preoccupate sono le monarchie sunnite del Golfo, a partire dall’Arabia Saudita, che temono che la rivolta sciita si estenda anche alle comunità del resto della penisola araba, il che comporterebbe, come in Bahrein (a maggioranza sciita, ma retto da una monarchia sunnita) non solo un rovesciamento dei governo, ma anche grossi problemi in aree che producono petrolio. Anche il poverissimo Yemen potrebbe diventare un grosso problema per il commercio petrolifero internazionale, visto che il Paese è proprio nell’angolo più delicato, dopo lo stretto di Hormuz, per il passaggio delle petroliere verso il Canale di Suez e l’Europa. Gli sciiti di Ansarullah hanno già assunto il controllo dei principali porti, sconfiggento le milizie quaediste.
A quanto pare, come ha detto il ministro dell’Informazione yemenita Nadia al Sakkaf, ad al-Jazeera «parte dell’esercito non obbedisce agli ordini del Presidente» e secondo la CNN l gli Usa, che hanno basi nel Paese, sono pronti ad evacuare l’ambasciata. .
Il movimento Ansarullah è formato dalle tribù sciite del nord, per anni discriminate dalla dittatura e che hanno continuato a subire una feroce repressione anche dopo la rivoluzione che ha cacciato il regime ma che ha precipitato lo Yemen nel caos. Gli Houti vogliono che il governo cacci dal Paese le bande di Al Qaeda ed accusano l’Arabia Saudita di finanziarle proprio in finzione anti-sciita. Alla fine San’a ed un bel pezzo dello Yemen del nord sono finite sotto il controllo di Ansarullah che si ispira a Hezbollah e che controlla anche diversi pozzi petroliferi yemeniti. Ma a quanto pare il movimento sciita riesce ad attrarre, grazie alla sua forza militare ed alla sua organizzazione sociale, anche tribù e pezzi di società civile sunniti, ma anche nostalgici del precedente regime, che odiano più i quaedisti ed il nuovo governo che gli sciiti.
Per l’Arabia saudita e i suoi alleati jihadisti sunniti e occidentali nello Yemen le cose si stanno mettendo davvero male, e la guerra dimenticata in questo Paese potrebbe presto diventare un nuovo conflitto aperto per il petrolio e le sue rotte.