A Gaza un razzo ogni 3 minuti. Oxfam: «È emergenza umanitaria per 395.000 civili»
Il 70% delle vittime non sono militari, ma bambini per il 30%. Più di 15.000 gli sfollati
[15 Luglio 2014]
L’organizzazione internazionale Oxfam oggi traccia un tragico quanto temporaneo quadro dell’escalation militare in corso nella Striscia di Gaza, che – stando a quanto riferito dall’Osservatorio per i diritti umani Euromed – è colpita da Israele ogni tre minuti: «Secondo le stime in totale sono stati fino ad oggi 2.144 i raid israeliani mentre da Gaza sono partiti 1.103 razzi, che avrebbero causato almeno 22 feriti. Nelle ultime ore è salito inoltre il numero delle vittime arrivate a 172, mentre sono oltre 1.130 i feriti, di cui due terzi costituiti da donne e bambini». Secondo l’ufficio di coordinamento per i diritti umanitari (Ocha), almeno il 75% dei decessi riguarda civili, il 30% dei quali è rappresentato da bambini. Dati confermati in linea di massima anche da altre fonti Onu che parlano del 70% di civili colpiti.
Dall’inferno del più grande carcere all’aperto del mondo, la Striscia di Gaza, l’operatrice di Oxfam Arwa Mahna dice che «Le persone continuano a chiedermi quale sia l’attuale situazione di Gaza, e io non so da dove iniziare per descriverla. Spaventosa. Pericolosa. Confusa. Moltissime emozioni sono in gioco. Gli aerei colpiscono dovunque, in ogni istante, giorno e notte. La notte è il momento più difficile. I bombardamenti si intensificano e li sento farsi sempre più vicini. Anche se sono esausta cerco di forzarmi a non dormire… Le esplosioni sono anche più spaventose al risveglio, così preferisco essere desta quando colpiscono».
Inoltre, Oxfam sottolinea che «Con l’intensificarsi dei raid aerei, adesso sono 395.000 le persone in 18 diverse località, che si sono viste distruggere le strutture idriche e sanitarie che fornivano loro servizi essenziali. L’approvvigionamento idrico di più di 100.000 persone è stato interrotto in seguito alla distruzione di una tubatura e di due pozzi d’acqua. Anche una stazione di drenaggio delle acque reflue è stata gravemente danneggiata, con più di 25 milioni di litri di liquami che si stanno rovesciando in mare. «Il 90% dell’acqua a Gaza è già rischiosa da bere – dicono ad Oxfam – e questo causerà il peggioramento di una situazione già disperata. Molte persone hanno dimezzato la quantità d’acqua che ricevevano prima del conflitto: alcuni sono state costrette a bere e utilizzare acqua contaminata, aumentando così il rischio del di malattie».
In grave difficoltà anche le strutture sanitarie: sono stati danneggiati 4 ospedali, 3 cliniche, un centro per disabili e 4 ambulanze. Le 10 cliniche mobili di Oxfam hanno dovuto sospendere momentaneamente il proprio lavoro a causa dei bombardamenti in corso». Mofeed Alhasayna, ministro del lavoro e dell’edilizia abitativa di Gaza, ha denunciato che «Più di 390 case sono state completamente rase al suolo, mentre quelle distrutte solo parzialmente sono 10.500. Inoltre 36 scuole sono state danneggiate».
Lo staff di Oxfam, che era presente a Gaza con 34 operatori, lancia un altro allarme: «Cresce nel frattempo l’emergenza cibo: i prezzi dei beni alimentari stanno salendo rapidamente: Il prezzo di verdure come pomodori è raddoppiato nei giorni scorsi. Mentre ovviamente i negozi restano chiusi». L’unico attraversamento per il passaggio di beni tra Israele e Gaza – da cui proviene la maggior parte del cibo – è stato chiuso il 9 luglio. Gli agricoltori palestinesi non possono raggiungere le loro terre, gli allevatori non possono prendersi cura del loro bestiame in un delicato periodo di riproduzione» Il governo israeliano ha limitato le attività dei pescatori di Gaza solo entro le 3 miglia dalla costa (fino ad ora il limite imposto da Israele era di 6 miglia) e per loro sarà quasi impossibile sfamare le loro famiglie. Gli accordi di Oslo prevedevano una “fishing zone” di 20 miglia, visto che gran parte del pesce si trova a più di 9 miglia dalla costa di Gaza. «Inoltre – evidenzia Oxfam – se i pescatori si avvicinano al limite stabilito, vengono frequentemente raggiunti da colpi di arma da fuoco, arrestati e le loro barche confiscate. Molti pescherecci e attrezzature per la pesca sono stati danneggiati durante gli attacchi aerei».
La guerra ha un impatto sui civili anche in Israele: «Secondo le stime sono decine di migliaia i civili israeliani che sono stati colpiti dall’incremento degli attacchi missilistici provenienti da Gaza – dice Oxfam – Diversi edifici sono stati colpiti e alcune scuole e altre strutture sono state chiuse. Inoltre, nel corso delle scorse settimane ci sono state diverse segnalazioni di persone ferite (una dall’inizio delle operazioni militari)».
Ma è innegabile che siano i palestinesi prigionieri a Gaza a subire di più le conseguenze del nuovo conflitto: dopo la prima operazione terrestre dell’esercito israeliano nel Nord della Striscia, cresce anche il numero di civili costretti a scappare dai bombardamenti e dalla minaccia di ulteriori incursioni. Umiliana Grifoni, responsabile dell’area Mediterraneo per Oxfam, sintetizza così l’evolversi della situazione e la crescente urgenza di intensificare il lavoro di assistenza umanitaria: «Al momento si contano oltre 15.000 sfollati dall’interno della Striscia, comprendenti le famiglie che si sono viste distruggere o danneggiare le proprie abitazioni. Da ieri, le famiglie che scappano dal nord della Striscia di Gaza a seguito dei ripetuti avvertimenti di Israele riguardo un imminente attacco di terra, sono ospitate nelle scuole che l’Unrwa (l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi) ha messo a disposizione, ma necessitano di assistenza immediata (cibo ed acqua in primo luogo). La cosa potrebbe ulteriormente aggravarsi nelle prossime ore in caso di un attacco via terra di Israele considerando che la popolazione nel nord di Gaza ammonta a 300.000 persone. Oxfam, che ha già in corso diversi tipi di interventi per assistere la popolazione, si sta organizzando per dare immediata assistenza a 3.000 famiglie sfollate».
Ma alcune importanti attività umanitarie sono state sospese per motivi di sicurezza, «È impossibile lavorare normalmente quando le bombe vengono lanciate ovunque, per tutto il giorno e la notte – fa notare Oxfam – Gaza si trova in un’estrema situazione di bisogno: è di vitale importanza che le organizzazioni internazionali possano fornire i propri servizi in maniera sicura. Oxfam sta facendo tutto il possibile per garantire i propri servizi: oggi abbiamo distribuito voucher alimentari d’emergenza a 215 famiglie che hanno abbandonato le proprie case».
A causa del blocco in corso, in molti ospedali a Gaza mancano i farmaci essenziali, le attrezzature mediche e il carburante necessario per i generatori e le ambulanze. Oxfam lavora con un ospedale che sta lottando per far fronte all’afflusso dei feriti, e che riferisce che «E’ probabile che il suo carburante finirà nel giro di pochi giorni». L’Ong dice che a Gaza «Oltre un quarto dei medicinali fondamentali è al momento esaurito. Il centro sanitario di un partner di Oxfam è stato danneggiato durante un raid aereo, lo stesso vale per altre cliniche: finora sono stati danneggiati 4 ospedali, 3 cliniche, un centro per disabili e 4 ambulanze. Le 10 cliniche mobili di Oxfam hanno dovuto sospendere i servizi in quanto le strade sono diventate troppo pericolose».
Il blocco israeliano sta completamente mettendo in ginocchio la già debolissima economia di Gaza: i civili non possono spostarsi da e verso la Cisgiordania e Gerusalemme e questo impedisce alle persone di andare a lavorare oppure alle università, nei luoghi sacri ed a trovare la loro famiglia. Prima del blocco – spiegano ancora ad Oxfam – ogni mese, circa mezzo milione di persone attraversava Gaza verso Israele e la Cisgiordania, quest’anno la cifra è stata di meno di 6.000 persone al mese, mentre a partire dalla metà di Giugno le autorità israeliane hanno chiuso la tratta a tutti eccetto i casi medici gravi ed i possessori di altro passaporto».