Strage in Egitto nel Medio Oriente che esplode
Iran: «Un’estate di piombo o un inverno glaciale potrebbero succedere alle primavere arabe»
[8 Luglio 2013]
Anche Hamas dalla striscia di Gaza ha condannato il massacro di decine di Fratelli Musulmani a Il Cairo stamani all’alba, quando un gruppo di provocatori armati, forse cecchini e provocatori legati alle forze che appoggiano il deposto dittatore Hosni Mubarak, hanno tentato di prendere d’assalto la sede della Guardia Repubblicana.
I militari hanno risposto al fuoco e poi hanno attaccato i pacifici manifestanti musulmani. I morti sarebbero più di 50 ( 42 secondo la tv di Stato, 37 per i Fratelli Musulmani, 35 per una fonte del ministero della Sanita), ma alcune fonti mediche dicono almeno 70. I feriti sarebbero un migliaio.
Uno dei leader della Fratellanza accusa i cecchini filo-Mubarak della strage: «I soldati hanno lanciato gas lacrimogeni e successivamente alcuni cecchini hanno aperto il fuoco. I morti sono stati quasi tutti colpiti alla testa».
Tutto questo sull’altra sponda del Mediterraneo, da dove provengono e passano molti dei disperati sui quali oggi, la visita di un Papa argentino a Lampedusa ha squarciato per qualche ora il velo spesso dell’indifferenza, dell’ignoranza e dell’odio.
Mentre l’unica vera reazione del mondo alla strage egiziana sembra la solita isteria economica con il prezzo del petrolio che sale, nessuno sa che fine ha fatto il deposto presidente Mohamed Morsi che si credeva fosse agli arresti proprio nella caserma della Guardia Repubblicana a Il Cairo.
Dopo l’attacco armato e la brutale controffensiva dei militari contro i manifestanti, il generale dell’esercito Hamdi Bakhit ha detto ad Al Ahram, il giornale più importante dell’Egitto, che «Morsi non si trova né sul territorio della sede della Guardia, né nei locali del Ministero della difesa».
Ma proprio oggi l’ufficio del Partito Libertà e Giustizia (la Fratellanza Musulmana) ha pubblicato un messaggio attribuito a Morsi, che, abbandonati i toni pacifici di subito dopo il golpe militare, promette di «resistere fino all’ultima goccia di sangue», però invita ancora i Fratelli Musulmani «a svolgere le loro manifestazioni in maniera pacifica per non dare pretesto ai violenti di poter fomentare le proteste democratiche e trascinare il paese nel caos».
Secondo i giornali della capitale egiziana più di 1000 sostenitori di Morsi hanno bloccato la strada per l’aeroporto del Cairo e chiedono il ritorno al potere di Morsi. I fratelli musulmani hanno chiamato «il grande popolo egiziano a sollevarsi contro quelli che vogliono rubargli la rivoluzione con dei tanks e dei veicoli blindati, anche sui cadaveri del popolo».
La risposta dell’esercito è stata la chiusura della sede centrale dei Fratelli Musulmani a Il Cairo. Secondo il network televisivo Sky News Arabia, che cita fonti delle forze armate egiziane, durante una perquisizione «la polizia ha trovato dei liquidi infiammabili, dei coltelli e delle armi nella sede del Partito Libertà e Giustizia, ala politica della Fratellanza».
Intanto sta succedendo proprio quel che si temeva: il fronte musulmano si sta rinsaldando contro il golpe “laico” e il partito salafita di al-Nour, finanziato dalla monarchia waabita saudita e dagli emirati del Golfo che non avevano in nessuna simpatia i fratelli musulmani, si sono ritirati dal processo politico che avrebbe dovuto portare ad un governo di transizione ed alla road map verso nuove elezioni.
Il loro portavoce, Nader Bakkar, ha scritto su Facebook: «Non possiamo tacere riguardo al massacro perpetrato oggi dalla Guardia Repubblicana. Noi volevamo impedire che il sangue scorresse ed ecco che abbiamo un fiume di sangue. Dichiariamo la nostra uscita da ogni negoziato, come prima reazione a quel che sta succedendo».
Con i Fratelli Musulmani si schiera decisamente anche l’Iran sciita. Già ieri, prima del massacro, il portavoce del ministero degli esteri iraniano, Abbas Araghchi, aveva detto che «la destituzione del presidente egiziano Mohamed Morsi è stata una scelta inappropriata. I partigiani del presidente Morsi non devono rinunciare alla loro aspirazione di riportarlo al potere, perché la questione della presidenza non si decise nella strada».
Araghchi ha anche chiesto «alle forze arabe e della rivoluzione di non perdere la speranza», poi ha aggiunto che «un’estate di piombo o un inverno glaciale potrebbero succedere alle primavere arabe».
Il pericolo di una deriva di tipo siriana in Egitto è ben presente non solo agli iraniani ma anche agli altri alleati del regime nazionalsocialista di Bashir al Assad che è all’offensiva contro le milizie integraliste sunnite che ormai egemonizzano la resistenza siriana.
Il presidente russo Vladimir Putin ha detto: «E’ triste da dire, ma la Siria è giù sprofondata in una guerra civile e l’Egitto si dirige nella stessa direzione. Vorrei che il popolo egiziano evitasse la stessa sorte».