La Chiesa Ortodossa: «L’Ucraina è in equilibrio sul bordo della catastrofe nazionale»
A Kiev è guerra civile e l’Ue non sa cosa fare
[19 Febbraio 2014]
Ormai a Kiev è guerra civile e sia nel governo filorusso che nell’opposizione filo-europea sembrano prevalere i falchi e le colombe, se mai ci sono state, stanno bruciando negli incendi appiccati dalle bombe Molotov o sono abbattute dai colpi ad altezza d’uomo sparati dai reparti speciali.
Si parla ormai di più di 25 morti in quella che sembra la battaglia finale per la conquista di Kiev e più si va avanti più il desiderio di vendetta e la rabbia renderanno impossibile tornare indietro. Le cifre ufficiali del ministero della salute ucraino parlano di 11 morti tra i manifestanti e 9 tra i poliziotti, con 211 feriti tra i civili (ma sono probabilmente molti di più perché in molti non ricorrono alle cure mediche “ufficiali”) e 349 tra le forze dell’ordine.
Dopo un periodo di tesa calma, gli scontri sono riesplosi ieri, al termine di una grande manifestazione popolare, quando una parte dei dimostranti capeggiata dall’ala più radicale della destra nazionalista ucraina ha tentato di avvicinarsi alla Rada, il Parlamento ucraino, che doveva esaminare un progetto di legge sulla riforma costituzionale. Il presidente della Rada, Viktor Rybak, si è rifiutato di sottoporre il documento all’esame dei deputati dopo che l’opposizione aveva assalito la tribuna parlamentare. I partiti di opposizione filo-Ue cercano di restaurare la Costituzione ucraina del 2004, adottata dopo la rivoluzione arancione, che prevedeva un regime parlamentare con un premier con ampi poteri.
Intanto altri gruppi radicali occupavano edifici pubblici nel centro di Kiev, incendiavano barricate di pneumatici e tiravano pietre contro le forze speciali antisommossa schierate e pronte a rispondere con la solita violenza. I manifestanti accusano il governo di aver utilizzato cecchini che sparavano dai tetti sulla folla e il governo accusa i manifestanti di aver utilizzato per la prima volta in maniera organizzata armi da fuoco contro la polizia
La situazione sembra sfuggita di mano a tutti e il presidente ucraino Viktor Ianukovich ha rivolto un nuovo appello all’opposizione perché si sieda al tavolo della trattativa «Per salvare il Paese». Il contestato presidente filo-russo ha detto sfoggiando il solito paternalismo minaccioso: «Abbiamo già pagato un prezzo troppo pesante per coloro che cercano di impadronirsi del potere. E perché questo prezzo non diventi ancora più pesante, vi chiedo di ravvedervi. E’ necessario mettersi al tavolo dei negoziati per salvare l’Ucraina».
Un’Ucraina che sembra ormai ostaggio delle due Ucraine, quelle russofona e filo-russa e quella nazionalista e filo-europea. Ma la guerra civile che sta devastando Kiev mette in imbarazzo sia Bruxelles, che non può accogliere un Paese dove un governo viene abbattuto da una “rivoluzione” violenta ormai capeggiata da forze della destra radicale che non nascondono le loro simpatie filo-naziste ed antisemite, sia Mosca, che sa bene che alla fine di tutto questo ci sarebbe o la divisione dell’Ucraina o tempi molto duri per la comunità russa e russofona dell’est e del sud del Paese.
Questa situazione esplosiva ai confini tra l’Ue (e la Nato) e l’ex impero sovietico sta preoccupando molto il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon che ha chiesto agli ucraini di mantenere la calma e di riprendere un dialogo reale che porti a risultati rapidi. Il portavoce di Ban, Martin Nesirky, ha detto che «Il segretario generale è scioccato e profondamente preoccupato per l’escalation di violenza nella capitale ucraina, Kiev, che ha provocato nuove vittime. Chiede ad entrambe le parti di raddoppiare i loro sforzi per dar luogo a misure positive, tra le quali l’amnistia per i manifestanti arrestati e la liberazione degli edifici pubblici occupati dai manifestanti».
E’ chiaro che nessuno si aspettava che quella che sembrava una nuova pacifica rivoluzione arancione si trasformasse in una battaglia strada per strada senza esclusione di colpi in una capitale europea ed anche il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha detto: «Sono seriamente preoccupato per il ritorno delle violenze in Ucraina, così come per le informazioni che ci sono dei morti a Kiev. Chiedo a tutte le parti di astenersi da ogni violenza e di rilanciare urgentemente il dialogo, compreso il processo parlamentare», che è esattamente quel che non vuole l’ala estremista dell’opposizione ucraina.
Per Mosca, il vero convitato di pietra della guerra civile di Kiev, quelle di Rasmussen sono lacrime di coccodrillo e il ministero degli esteri russo in un comunicato sottolinea che «Gli avvenimenti in corso sono il risultato diretto della complicità della quale danno prova i politici occidentali e le strutture europee che, dall’inizio della crisi, chiudono gli occhi sull’azione aggressiva delle forze radicali in ucraina, incoraggiandole così ad un’escalation di violenza e a delle provocazioni contro il potere legittimo. Chiediamo nuovamente all’opposizione ucraina di rinunciare alle minacce ed agli ultimatum e di intraprendere un dialogo costruttivo con il potere per cercare delle uscite dalla crisi profonda in cui è sprofondato il Paese».
Ma l’opposizione ucraina ribatte che è stata proprio la Russia a chiedere un sanguinoso giro di vite poliziesco contro i manifestanti in cambio di ingenti aiuti economici all’Ucraina.
Le accuse dei russi sono state respinte da Elmar Brok, presidente della Commissione esteri del Parlamento europeo, che ha detto a Vladimir Tchijov, rappresentante permanente della Russia all’Unione europea: «L’Ue, che propone l’integrazione europea all’Ucraina, non esercita alcuna pressione su questo Paese. Non abbiamo mai detto che li spingiamo a trovare il paradiso in Europa. Diciamo che potrebbero avere interesse a fare questa scelta. I Paesi indipendenti devono sentirsi sicuri». Secondo Ria Novosti, Tchijov ha criticato la tendenza dell’Ue «A creare la convinzione che i Paesi ed i popoli non possano sentirsi sicuri se non all’interno dell’Unione europea. L’Ue non è l’unica fonte di valori e di standard nel mondo. Il mondo è multipolare». Se è vero che è così, a quanto pare due poli si stanno scontrando in Ucraina e stanno facendo scintille.
Scintille che preoccupano molto la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca che si è rivolta all’opposizione ed al governo, agli ortodossi ed ai cattolici Uniati con un accorato appello: «Dall’inizio della crisi politica e durante tutto il confronto, la Chiesa ortodossa ucraina ha chiesto a più riprese la fine delle violenze e una regolamentazione politica del conflitto. Sfortunatamente, la voce della Chiesa non è stata ascoltata. Il 18 febbraio sono ripresi gli scontri nelle strade di Kiev, è corso il sangue e delle persone sono morte». Il metropolita Antonio di Borispol e Brovary ha sottolineato che «La Chiesa condanna categoricamente lo spargimento di sangue e chiede con insistenza la ripresa del dialogo. Da tre mesi il nostro Paese è in equilibrio sul bordo della catastrofe nazionale. Attualmente il potere, l’opposizione ed ognuno di noi deve prendere coscienza della sua responsabilità davanti a Dio per i suoi atti. Le minacce s di una Guerra civile e di un fallimento diventano sempre più reali (…) Ci appelliamo alle due parti in conflitto: fratelli e sorelle, non spaccate l’Ucraina!».