Nuova invasione della Siria: truppe turche e blindati al confine
Attacco contro i kurdi e le Sdf/Ypg. La paranoia militaresca di Erdoğan e l’ennesimo tradimento di Trump
[7 Ottobre 2019]
Dopo l’annuncio dato sabato dal presidente Recep Tayyip Erdoğan di una incombente operazione militare contro i kurdi siriani e i loro alleati, la Turchia sta ammassando truppe al confine siriano. Video condivisi sui social media e dai programmi televisivi nazionali turchi mostrano movimenti di soldati e di mezzi pesanti che già oggi potrebbero invadere la Siria per creare una “zona sicura” sul suolo siriano lungo il confine. Ieri la televisione di Stato turca TRT ha confermato che altri veicoli corazzati e truppe furono inviati nella città di confine di Akcakale, di fronte a Tal Abyad in Siria e secondo molte fonti decine di elicotteri militari turchi sono sempre più “attivi” nello spazio aereo di frontiera. Parlando sabato ad Ankara al congresso del suo partito islamista Erdogan ha detto: «Abbiamo dato tutti i tipi di avvertimento per quanto riguarda l’est dell’Eufrate alle parti interessate. Abbiamo agito con sufficiente pazienza. Abbiamo completato i nostri preparativi e il nostro piano d’azione, sono state fornite le istruzioni necessarie. Forse sarà oggi o domani il momento di spianare la strada ai [nostri] sforzi di pace che sono stati stabiliti e il processo per loro è stato avviato. Effettueremo un’operazione di terra e aerea».
L’agenzia ufficiale iraniana Pars Today conferma: «Sono ormai decine e decine i convogli militari di Ankara che si stanno ammassando al confine turco con la Siria per un’imminente operazione militare che si terrà nella zona ad Est del fiume Eufrate. Sul posto sono stati inviati veicoli corazzati, carri armati e un gran numero di elicotteri, che stanno già sorvolando la zona per garantire la necessaria copertura aerea. L’azione era stata preannunciata dal presidente Recep Tayyip Erdoğan, il quale aveva dichiarato che le forze armate della Turchia avrebbero dato il via a breve ad un’operazione militare atta a stabilire una safe-zone nell’area controllata dalle forze dei miliziani curdi delle Ypg (Unità di Protezione Popolare – Yekîneyên Parastina Gel) considerati da Ankara alla stregua di un’organizzazione terroristica». Si tratta dell’”organizzazione terroristica” che, appoggiata dagli Usa, ha sconfitto lo Stato Islamico/Daesh in Siria e creato nel Rojava e nella Siria nord-orientale l’unica vera esperienza di autogoverno democratica, federalista e progressista del Medio Oriente.
Il portavoce del Syrian Democratic Council (Sdc/Msd), il kurdo Amjad Othman saveva già avvertito nei giorni scorsi di ritenere probabile un attacco turco alla Siria del nord e aveva aggiunto: «In caso di un simile evento non staremo a guardare senza agire». Le Sdf/Ypg controllano il 30% della Siria ma non vogliono costituire uno Stato autonomo filo-kurdo ma una regione autonoma plurietnica all’interno della Siria.
In un’intervista all’agenzia stampa ANHA, Othman ha ricordato le continue minacce del Erdoğan contro la Siria del nord e dell’est e ha confermato che «Contro un’invasione, la popolazione si difenderà con tutte le sue forze insieme Syrian Democratic Forces (Sdf). Nonostante tutti gli impegni e il meccanismo di sicurezza del confine raggiunto con la mediazione Usa tra le Sdf e la Turchia, le minacce della Turchia diventano sempre più forti. La Turchia sarebbe insoddisfatta dell’accordo sul confine e non sarebbe intenzionata ad accontentarsi, così la Turchia minaccia l’atmosfera di calma e sicurezza in Siria del nord e dell’est».
Il portavoce Msd ha fatto notare che «Su pressione della Turchia, l’Amministrazione Autonoma viene esclusa dalla soluzione della crisi in Siria e non è rappresentata nel comitato per la Costituzione (sottoscritto pochi giorni fa da Turchia, Iran, Russia e il governo siriano, ndr) „La probabilità che la Turchia attacchi la regione è elevata. L’Sdc/Msd continuerà a essere impegno per via diplomatica per una soluzione. Se nonostante tutti gli sforzi non viene trovata una soluzione e si verifica un attacco alla regione, le persone che vivono qui e le Sdf non resteranno a guardare senza agire».
Il tradimento dei kurdi da parte di Washington è clamoroso: ad agosto Usa e Turchia hanno concordato all’inizio di agosto di creare un “corridoio di pace” per facilitare il ritorno degli sfollati siriani nel nord della Siria, ma poi Erdogan ha detto che «Le pattuglie terrestri e aeree con gli Stati Uniti erano una fiaba» e ha accusato Washington di creare una zona sicura «non per la Turchia ma per il gruppo terroristico». Secondo gli accordi di Adana dei primi anni ’90, la Turchia potrebbe penetrare per 5 Km in territorio siriano a caccia dei militanti kurdi del PKK, ma la Turchia e gli Stati Uniti non sono d’accordo sulla dimensione dell’area che deve essere monitorata dalle pattuglie comuni, e anche su chi dovrà sorvegliarla. La Turchia vuole controllare militarmente e continuamente un’area profonda fino a 30 chilometri, gli Usa e i kurdi avevano identificato un’area profonda solo 14 Km. Nel 2016 e nel 2018 la Turchia aveva già lanciato offensive in territorio siriano, prima con la scusa di attaccare le forze dello Stato Islamico/Daesh (già sconfitte dai kurdi) e poi, più sinceramente, per attaccare i kurdi siriani avvalendosi anche di milizie jihadiste che erano state alleate del Califfato ero del Daesh.
Ora il New York Times rivela che il presidente Usa Donald Trump ha dato il via libera alla nuova operazione militare turca in Siria contro i suoi ormai ex alleati kurdi e delle Forze Democratiche Siriane che lo stesso giornale statunitense definisce «il socio più affidabile degli Usa nella lotta contro lo Stato Islamico». Le accusa della Turchia agli Usa sono solo fumo negli occhi: il New York Times rivela anche che la decisione di Trump «Va contro le raccomandazioni di alti funzionari del Pentagono e del Dipartimento di Stato Usa« che volevano mantenere una presenza di truppe nell’area controllata dalle Sdf/Ypg per continuare le operazioni contro il Daesh».
Da quasi un mese in Siria operano tre pattuglie di terra congiunte Usa – Turchia e le Ypg kurde si sono allontanate dalla frontiera e hanno smantellato le fortificazioni considerate una minaccia dalla Turchia. A metà settembre, la coalizione internazionale a guida Usa aveva affermato che «si stanno compiendo buoni progressi nell’attuazione della zona cuscinetto».
Ora la Casa Bianca conferma che sposterà tra 100 e 150 militari statunitensi dall’area che sarà interessata dall’invasione turca, ma che «non si ritireranno completamente dalla Siria». Ma Washington ha anche annunciato che «Non appoggerà e non parteciperà all’operazione pianificata da molto tempo» e che la Turchia metterà in atto «prontamente» nel nord della Siria perché le truppe statunitensi non saranno più «nella zona vicina».
La decisione è stata presa dopo una telefonata tra Trump ed Erdoğan e l’accordo da atto che gli Usa hanno sconfitto il califfato dello Stato Islamico e che ora la Turchia darà responsabile di tutti i terroristi del Daesh catturati nell’area liberata dei kurdi e dai loro alleati. Trump accusa la Francia. La Germania e altri Paesi europei – dai quali provengono molti combattenti del Daesh catturati – di non essersi voluti prendere carico dei terroristi e che comunque gli Usa non lo faranno perché sarebbe «un gran costo per il contribuente statunitense».
Il portavoce di Erdoğan, Ibrahim Kalin, ha annunciato su Twitter che la Turchia creerà in Siria una zona sicura ripulita da tutti gli elementi terroristi e che garantirà il ritorno dei rifugiati. Erdogan ha detto che la Turchia vuole inviare 2 milioni di rifugiati siriani nell’area che intende invadere perché pullulerebbe di terroristi ma che ha definito una «zona sicura». Ma il Consiglio Democratico della Siria che amministra l’area ha risposto che possono tornare solo i profughi che provengono dall’are che amministra, che sono molto meno dei 2 milioni previsti da Ankara, tra i quali probabilmente ci sono migliaia di miliziani jihadisti nemici giurati di quei kurdi che Erdogan ha chiesto agli Usa di dichiarare terroristi.
Ieri, intervenendo in Parlamento a Teheran, il ministro degli esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha messo in guardia la Turchia dall’intraprendere qualsiasi azione militare perché «Tali mosse violerebbero la sovranità territoriale della Siria. Abbiamo affermato che l’unico modo per mantenere la sicurezza in Turchia è stabilire la presenza militare del governo centrale (siriano) nelle aree di confine e, in base all’accordo di Adana, ciò può essere fatto. La sicurezza in Siria non può essere stabilita attraverso operazioni militari contro l’integrità territoriale e la sovranità della Siria. La Repubblica islamica ritiene certamente che la sicurezza regionale sia possibile osservando due principi. In primo luogo, il rispetto per la sovranità e l’integrità territoriale della Siria e la sicurezza di tutti i Paesi regionali, e in secondo luogo, il rispetto dei diritti di tutti i suoi abitanti, compresi i nostri fratelli e sorelle kurdi«.
Qualche giorno fa il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov aveva detto che i problemi di sicurezza del confine turco-siriano potrebbero essere risolti attraverso un accordo tra Turchia e Siria e che «Faremo del nostro meglio per facilitare questo».
Intanto, secondo l’agenzia Zaman Al Wasl, l’imminente operazione militare turca nella Siria nord-orientale ha seminato il panico tra gli abitanti del territorio curdo vicino al confine turco secondo l’attivista kurdo Hasaka Abdul-Malek al-Ali, «Decine di persone sono fuggite dalla città di Ras al-Ayn, o Sari Kani, nella campagna meridionale della provincia di confine. Altre persone dovrebbero partire».
Ma a Ras al-Ain, una città di confine, i kurdi hanno dato vita a una manifestazione al grido di “Abbasso Erdoğan”, “Abbasso l’occupazione”. I manifestanti, dopo una marcia di diversi Km, hanno raggiunto la base di Tel Arqam della coalizione internazionale a guida Usa che è alleata con le Sdf/Ypg contro i jihadisti dello Stato Islamico e i militanti hanno giurato: «Non abbandoneremo la nostra terra e resteremo qui, ma non vogliamo la guerra».
Ma la guerra è sempre più vicina: un esponente di una milizia jihadista siriana filo-turca ha detto all’Afp che l’esercito turco ha fornito ai suoi combattenti «Equipaggiamento militare» e che la mobilitazione contro i kurdi è totale». Le autorità kurde sabato hanno smentito le accuse di Erdoğan, invitando la comunità internazionale a «esercitare pressioni sulla Turchia affinché le impedisca di compiere qualsiasi aggressione« e ieri hanno avvertito che un’offensiva turca potrebbe avere un impatto negativo sulla sicurezza ad Al-Hol, un campo di sfollati che ospita donne e bambini di militanti dello Stato Islamico/Daesh nel territorio sotto il controllo kurdo. Al-Hol potrebbe diventare «difficile da controllare», dice l’amministrazione kurda e finire in mano al Daesh. Al-Hol ospita 70.000 persone, alcune delle quali fortemente radicalizzate. provenienti dall’ovest della Siria ed è diventato una polveriera.
Secondo il Syrian Observatory for Human Rights, nelle zone di Ras al-Ain, Tal Abyad e Kobane, confinanti con la Turchia, le forze kurde hanno scavato trincee e gallerie per prepararsi a resistere all’invasione siriana.
In risposta alle minacce di Erdoğan, il centro di coordinamento e delle operazioni militari dell’Sdf aveva ricordato di «Aver fatto così tante concessioni e fatto affidamento sui nostri partner statunitensi e della coalizione per mantenere la pace per il nostro popolo, così da poter continuare a combattere lo Stato Islamico. La diplomazia dovrebbe arrivare sempre prima della guerra. La continua minaccia di azioni militari da parte di Erdoğan dimostra che vuole sempre la guerra. Non siamo una minaccia esterna per la Turchia, ma difenderemo la popolazione del nord-est della Siria e preserveremo il territorio siriano. Le minacce della Turchia potrebbero annullare tutti i progressi finora compiuti nella lotta contro lo Stato islamico. Il mondo non deve dimenticare il grave problema dell’ISIS. Combattiamo ancora Daesh ogni giorno. La SDF custodisce 12.000 terroristi ISIS in dozzine di prigioni e oltre 70.000 famiglie ISIS ad Al-Hol e in altri campi».
Ilham Ahmed, copresidente del Syrian Democratic Council, ha detto a Kurdistan 24 che «L’Sdc/Msd vuole davvero negoziati “reali” con la Turchia» e ha invitato la comunità internazionale a «Premere su Ankara per avviare trattative dirette», sottolineando che «L’Sdc/Msd il ha la capacità e la forza per condurre tali colloqui e può mantenere tutti gli impegni che potrebbe prendere. Ma l’escalation militare della Turchia sta ancora aumentando, anche se avevamo sperato per il contrario».
Ma il mondo sembra stare a guardare la paranoia militaresca di Erdoğan e l’ennesimo tradimento di Trump.