Atene, il giorno dopo la Grecia brucia
Gravi incendi stanno devastando il Paese, anche la periferia della Capitale in fiamme
[17 Luglio 2015]
Alcuni gravi incendi stanno devastando la Grecia, in particolare ad Atene e in Laconia. Nel Peloponneso, vicino alla cittadina di Neapoli, l’incendio è particolarmente violento ed è alimentato da venti che soffiano con forza di 50-75 km/h; nel tentativo di spegnere le fiamme un aereo antincendio Canadair è precipitato, ma fortunatamente i piloti si sono comunque salvati. Un cittadino greco, emigrato in Belgio e in patria per le vacanze è morto per un infarto, mentre tre paesi sono stati evacuati.
Ad Atene le fiamme hanno avvolto due quartieri della periferia, nella zona di Karea, un monastero è stato circondato dalle fiamme alcune religiose e alcuni bambini sono stati salvati; le ultime notizie riportano come questo incendio sia ora sotto controllo. Altri incendi hanno interessato anche l’isola di Ebea e altrove, tutti facilitati dal forte vento.
Il governo greco, che era in seduta a per decidere un rimpasto dopo gli ultimi avvenimenti politici, ha sospeso la seduta e ha deciso di dedicarsi ad affrontare la difficile situazione. Non c’è pace per un Paese che solo pochi giorni fa ha approvato il terzo memorandum – il mnimonio come lo chiamano in Grecia – cioè le nuove misure di austerità, varate dal Parlamento la notte fra il 15 e il 16 luglio mentre alcune migliaia di manifestanti presidiavano piazza Syntagma, e due o trecento “incappucciati” provavano a mettere, prontamente rintuzzati dalla polizia, a ferro e fuoco il centro di Atene.
Già ieri mattina Atene si è risvegliata stanca e frastornata. Gli ateniesi, sotto il caldo estivo, in un traffico ormai ridotto rispetto a qualche anno fa (la crisi si è mangiata quasi il 10% del parco auto) continuano a essere presi dalla loro quotidianità. In via Athinas al mercato coperto che ancora profuma d’oriente, pensionati e massaie si muovono fra i banchi in cerca di carne e pesce a buon prezzo. Poco distante, Monastiraki e la collina l’Acropoli brulicano di turisti. I tram che dal centro vanno verso Faliro e il lungo mare sono pieni di giovani che si spostano per fare un tuffo. I tassisti sono a caccia di clienti: da anni anche per loro è finita la “bella epoque” quando potevano decidere, a volte con arroganza, se accettare o no un cliente e provare a chiedere più del dovuto.
Migliaia e migliaia di cittadini sono pazientemente in fila all’eforia, l’ufficio delle tasse, aspettano il loro turno per presentare la dichiarazione dei redditi. Il sistema fiscale è complicato, farraginoso, spesso incomprensibile, ma la cosa che sconforta di più è che sembra impermeabile a qualsiasi riforma.
Lo storico parco di Pedion tou Areos, il Campo di Marte, diventato ormai da anni ghetto e rifugio per i tossicodipendenti sempre più abbandonati da una struttura sanitaria e di sicurezza sociale in crisi, ospita gruppi di profughi e migranti arrivati in Grecia da poco, senza soldi, senza tetto, senza nulla; approfittano della bella stagione per vivere all’ombra delle palme e dei pini, i più fortunati hanno potuto montare qualche tenda dove dormono donne bambini.
Territorio di confine fra l’Europa e il sud del mondo, la Grecia è punto d’ingresso per profughi e migranti che cercano di raggiungere l’altra Europa, quella ricca. Atene ancor più che Roma è stata lasciata praticamente sola in questa tragedia umanitaria, che quotidianamente si consuma sulle acque del Mediterraneo.
Ieri Mario Draghi ha annunciato che riprenderà l’immissione di liquidità nelle casse delle banche greche. Le file ai bancomat, in verità ormai praticamente inesistenti, scemeranno: la Grecia ha ripreso a fare i suoi compiti.
Il governo greco, dopo essere stato costretto ad accettare le misure imposte da Bruxelles, ha vacillato; un terzo dei deputati del Syriza si è opposto e il partito è sull’orlo della scissione, mentre le misure di austerità sono passate grazie al voto favorevole dell’opposizione “europeista”. Per parecchio tempo queste misure, che non saranno certo le ultime, porteranno solo alla recessione e non fermeranno l’ascesa del debito pubblico, la malattia che sta rendendo la Grecia sempre di più simile a qualche paese latinoamericano.
Il debito della Grecia è insanabile, nessuna soluzione è possibile se non si parte da questo: il governo Samaras lo diceva sommessamente negli ultimi tempi della sua esistenza, il governo Tsipras lo ha urlato a squarciagola ingaggiando uno scontro con la Troika finito in una sonora sconfitta, l’Unione europea ha sempre rifiutato di riconoscere il problema. Ultimamente sembra accorgersene anche il Fondo monetario internazionale, e in questi giorni alcune dichiarazioni lo confermano. Per molti commentatori, e probabilmente a ragione, la presa di posizione del Fmi è più per contrastare lo strapotere tedesco in Europa che per proteggere il vaso di coccio greco nello scontro con i vasi di ferro europei. Indipendentemente dal vero scopo, se ci sarà per la Grecia un taglio del debito o una dilazione molto lunga del suo pagamento si potrebbe aprire uno spiraglio, altrimenti il Paese potrebbe ritrovarsi di nuovo in una situazione tanto pesante che la “tentazione” di uscire dall’area dell’euro e della cancellazione unilaterale del debito potrebbe ridiventare appetibile.
Léon Blum, primo ministro socialista del governo di fronte popolare francese per due volte fra il 1936 e il 1938, facendo un bilancio sul suo operato dichiarò che la sua azione si era dovuta infrangere contro lo strapotere del “muro delle banche”. Al governo Tsipras è successa la stessa cosa, ma il “muro” su cui si è infranto è composto da banche e interessi cinquanta volte più potenti e internazionalizzati di quelli che dovette affrontare Léon Blum, un intellettuale con molta più esperienza e meno ingenuità di Tsipras, e nonostante questo anche lui sconfitto.