I delfini, il Tpp e il Ttip. Una sentenza dell’Omc demolisce l’etichetta “dolphin safe” Usa
Il Messico vince il quarto ricorso. Un tipo di sentenza estensibile anche all’Ue con il TTIP?
[23 Novembre 2015]
Ben Beachy, un senior policy advisor di Sierra Club e responsabile del programma commercio della più grande e diffusa associazione ambientalista USA, lancia un nuovo allarme sulle possibili ricadute per ambiente, fauna e consumatori di trattati internazionali per il libero commercio come la Trans-Pacific Partnership (TPP) e la Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP).
Beachy sottolinea che «La maggior parte di noi vuole sapere se il cibo che acquistiamo e serviamo alle e nostre famiglie non vada a scapito della fauna selvatica. Per fortuna, sempre più prodotti vengno commercializzati con le etichette di salvaguardia che ci aiutano a prendere decisioni informate sul nostro cibo. Ad esempio, dal 1990 gli Stati Uniti hanno mantenuto il popolare programma di etichettatura “dolphin safe” per il tonno, che permette ai consumatori di scegliere di acquistare tonno pescato in modo da non uccidere i delfini».
Nel Pacifico orientale è facile avvistare tonni e delfini che nuotano insieme, per questo la pesca industriale al tonno aveva (ed ha) un grosso impatto sui delfini che finiscono nelle reti insieme ai tonni e restano uccisi o feriti. Nel 1990 gli USA hanno vietato le importazioni di tonno pescato con pratiche pericolose per i delfini e l’etichettatura “dolphin safe” che è presente anche in Europa e in altri Paesi.
Beachy sottolinea che grazie a questa etichetta «Possiamo mangiare panini al tonno fiduciosi che il nostro pranzo non avvenga a scapito delle vite dei delfini. Dagli anni ’80, l’etichetta “dolphin safe” ha contribuito a un incredibile 97% di riduzione delle morti dei delfini nelle acque del Pacifico, dove i delfini e i tonni convivono.
Ma, per la quarta volta in 4 anni, l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) si è dichiarata contro il programma di etichettatura salva-delfini USA per il tonno, definendolo un «Ostacolo tecnico al commercio». Il Messico ha avviato una causa all’OMC contro l’etichetta “dolphin safe” nel 2008 e l’OMC si è pronunciata contro l’etichetta nel 2011, 2012 e per due volte nel 2015 perché violerebbe le sue norme che dovrebbero essere ulteriormente estese e facilitate dal TPP. E questo nonostante il fatto che la protezione della sia volontaria e che si applichi anche alle imprese nazionali ed estere. Secondo Sierra Club, «La sentenza dimostra come le cosiddette regole “commerciali” vanno ben oltre il commercio e interferiscono con le politiche ambientali che proteggono la fauna selvatica».
Il problema è che, invece di riformare queste norme che trattano la fauna protetta come merce, il TPP e le bozze che circolano del TTIP Usa-Ue ampliano le già permissive regole “commerciali” che l’OMC ha utilizzato per demolire l’etichetta “dolphin safe” statunitense. Come spiega ancora Beachy, il TPP di rimuovere tutte quelle “barriere2 di salvaguardia” che hanno l’effetto involontario di «creare inutili ostacoli al commercio internazionale», quindi « Il TPP fornirebbe ai governi stranieri un nuovo forum per sfidare la legislazione sulla fauna selvatica e altre protezioni ambientali in quanto violazioni di tali norme espansive». E’ quello che temono le associazioni ambientaliste europee e americane rispetto al TTIP Usa-Ue.
Nella sua recentissima sentenza,. l’OMC ha deciso che, nonostante i miglioramenti che il governo statunitense ha apportato all’etichetta “dolphin safe”, questa rappresenta una discriminazione nei confronti delle imprese di pesca messicane, anche se le sue regole si applicano a tutte le imprese di pesca, a prescindere dalla nazionalità. L’OMC ha respinto l’argomentazione statunitense che qualsiasi difficoltà non voluta le aziende di pesca messicane possono avere a causa dell’etichetta è giustificata dal fatto che serve a proteggere i delfini e ha respinto il tentativo anche Usa di difendere “dolphin safe”, per la sua importanza per «la conservazione delle risorse naturali esauribili», dicendo che questo regolamento è stato applicato arbitrariamente alle imprese di pesca messicane.
Una sentenza che non lascia agli Usa nessuna possibilità di ricorrere in appello, «Questo significa – dicono a Sierra Club – che gli Stati Uniti potrebbero affrontare sanzioni commerciali autorizzate dall’OMC se conserveranno il dolphin-saving label. Questa decisione minaccia il buon senso e la tutela dei consumatori, mette a rischio i delfini, e apre la porta a ulteriori attacchi, in base ad un accordo commerciale, alle garanzie per i consumatori e l’ambiente. Il governo Usa non dovrebbe permettere ad un’organizzazione per il commercio amica delle corporations di indebolire o eliminare la nostra etichetta “dolphin-safe”. Invece, dovrebbe battersi per i consumatori e la fauna selvatica negoziando una soluzione con il Messico che mantiene integro il marchio “dolphin safe”».
C’è naturalmente da aspettarsi che ora, dopo la sentenza OMc, altri Paesi noti per la loro pesca distruttiva facciano ricorso contro marchi simili in vigore nell’Unione europea.
Beachy conclude che se esiste un qualche lato positivo alla sentenza dell’OMC «E’ che serve da avvertimento contro gli accordi commerciali espansive come il TPP, che minerebbero ulteriormente le tutele per la fauna selvatica, l’aria pulita e l’acqua pulita. Il Congresso può e deve difendere i consumatori e l’ambiente respingendo il TPP».