Cos’è il 5G e quali correlazioni (non) ha con Covid-19, spiegato dal Snpa
La quinta generazione delle tecnologie di telefonia mobile deve continuare a rispettare le norme di riferimento sull’esposizione ai campi elettromagnetici, in Italia più stringenti che in Ue. E no, non ci sono evidenze scientifiche che la leghino alla pandemia
[27 Aprile 2020]
Sul tema del 5G continuano a circolare informazioni allarmanti, amplificate enormemente dai social-media e dalle forti preoccupazioni ed ansie per la salute. Spesso ci siamo imbattuti in diverse spiegazioni più o meno fantasiose nella maggior parte dei casi destituite di ogni attendibilità: le cosiddette “fake news”. Purtroppo la rapidità con cui spesso si rincorre la notizia va a scapito della verifica della sua qualità. E’ quindi sempre necessario fare riferimento a comunicati ufficiali e a istituzioni accreditate. Questa nota Arpa FVG vuole fare chiarezza su alcuni luoghi comuni, o vere e proprie fake-news, relative alla nuova tecnologia 5G.
Cosa si intende esattamente con il termine 5G?
Con il termine “5G” si fa comunemente riferimento alle nuove tecnologie di telefonia mobile giunte oramai alla quinta generazione. Da questo punto di vista, non è altro che l’evoluzione di tecnologie già presenti ed ampiamente utilizzate.
Rispetto alle antenne tradizionali, quelle 5G sono definite “attive” (o a fascio tempo-variabile), poiché sono in grado di modulare il fascio di radiazione in base alle necessità e alle richieste. Queste antenne sono definite anche “intelligenti”: non emettono più un fascio distribuito in modo statico attorno al punto di emissione, ma sono in grado di attivare secondo necessità singoli elementi radianti (o gruppi di elementi radianti), indirizzando il segnale solo verso gli utenti in quel momento connessi.
Cosa sappiamo sulla sicurezza di questa tecnologia?
Il 5G utilizzerà tre distinte bande di frequenza: 700 MHz, 3600-3800 MHz e 26 GHz, mentre le attuali tecnologie sfruttano frequenze comprese tra 800 MHz e 2,6 GHz.
La tecnologia 5G andrà quindi ad utilizzare anche radiazione a frequenza maggiore rispetto a quella utilizzata dalle tecnologie precedenti. Questo desta particolare preoccupazione nella popolazione. In realtà i limiti associati alle frequenze maggiori (26 GHz) sono più alti, poiché tali frequenze hanno una minore pericolosità. L’associazione tra aumento della frequenza e maggiore pericolosità delle radiazioni non è corretta, basti pensare, ad esempio, alla luce visibile, anch’essa una radiazione elettromagnetica, che ha frequenze oltre 10.000 volte più elevate di quelle del 5G.
Come le altre tecnologie, anche il 5G deve rispettare le norme di riferimento molto precise e rigorose. Per quanto riguarda i limiti di esposizione della popolazione la principale fonte normativa è la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 12 luglio 1999, che definisce i livelli di riferimento per i campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. Tale raccomandazione stabilisce, ad esempio, che il livello di riferimento di un telefono mobile a 900 MHz è pari a 41,25 Volt per metro (V/m), per un forno a microonde (2,3-2,4 GHz) è pari a 61 V/m.
I limiti riportati dalla Raccomandazione europea derivano, a loro volta, da studi scientifici internazionali della Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP), i cui risultati sono stati pubblicati nel 1998 e aggiornati nello scorso mese di marzo.
I limiti di esposizione in Italia
La raccomandazione UE lascia la facoltà agli Stati membri di definire dei livelli di protezione più elevati di quelli proposti. Ed è ciò che ha fatto l’Italia, che ha definito per le antenne tre diversi limiti: “limite di esposizione”, “valore di attenzione” e “obiettivo di qualità”.
Il limite di esposizione dipende dalla frequenza e il suo valore è pari a 20 V/m da 3 MHz a 3 GHz e 40 V/m da 3 GHz a 300 GHz, inferiore al livello di riferimento della normativa europea.
Il valore di attenzione e l’obiettivo di qualità, che si applicano alle aree a permanenza prolungata e a quelle intensamente frequentate, sono pari a 6 V/m, molto inferiori ai limiti presenti nella raccomandazione europea.
In Friuli Venezia Giulia sono già state installate antenne dedicate al 5G?
Sì, alcune prime installazioni sono già state fatte. Prima di riportare dei numeri è importante capire qual è il ruolo di Arpa. Quando un gestore vuole installare un’antenna radio-base deve presentare una domanda di autorizzazione al Comune, allegando il parere preventivo dell’ARPA, che si esprime sulla compatibilità del progetto con i limiti previsti dalla normativa per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettromagnetici. Le valutazioni ARPA considerano l’impatto massimo sia dell’impianto in progetto che degli impianti già presenti sul territorio, verificando il rispetto dei limiti di legge in tutti i punti accessibili dalla popolazione.
Complessivamente (dato del 20 aprile 2020), di questi pareri preventivi Arpa ne ha già rilasciati più di 100 ed alcuni risultano già attivati, sebbene non ancora a pieno regime.
E’ da segnalare che la banda a 3700 MHz è già disponibile ed utilizzabile, mentre la banda a 700 MHz sarà attivabile a partire da luglio 2022. Al momento Arpa non ha ricevuto nessuna richiesta di parere per impianti della banda a 26 GHz.
E’ importante inoltre precisare che in nessun comune della Regione Friuli Venezia Giulia è prevista la sperimentazione del 5G. I comuni della regione che si trovano in situazione di “divario digitale”, non saranno sottoposti ad alcuna sperimentazione, ma ad essi sarà assicurata la copertura 5G entro il 2027, come al restante 99.4% della popolazione nazionale.
Ci sono delle possibili correlazioni tra Covid-19 e 5G?
Nel sito del Ministero della Salute, che insieme all’Istituto Superiore di Sanità ha confutato 10 fake news relative all’argomento Covid-19, è riportato che “Non ci sono evidenze scientifiche che indichino una correlazione tra epidemia da nuovo coronavirus e rete 5G”. ISS va oltre e sostiene che “Ad oggi, e dopo molte ricerche effettuate, nessun effetto negativo sulla salute è stato collegato in modo causale all’esposizione alle tecnologie wireless”.
I dati dell’Istituto Ramazzini di Bologna sono estendibili al 5G?
L’Istituto Ramazzini di Bologna ha evidenziato un aumento statisticamente significativo di alcuni tumori maligni a seguito di esposizione a radiofrequenze. Si deve tuttavia precisare che queste ricerche sono state effettuate utilizzando tecnologie precedenti al 5G e che l’ICNIRPha specificato che questi studi non forniscono evidenze coerenti, affidabili e generalizzabili che possano essere utilizzate per modificare gli attuali limiti.
L’aumento delle antenne dovute al 5G aumenterà il rischio di tumori?
No. La IARC classifica i campi elettromagnetici a radiofrequenza come possibili cancerogeni per l’uomo. Tale classificazione si riferisce, come riportato a questo link, alle esposizioni dovute all’utilizzo dei telefoni cellulari, non alle esposizioni ambientali o lavorative.
La tecnologia 5G (il cosiddetto “internet delle cose”), prevede l’installazione di un numero abnorme di antenne?
In relazione alla installazione di un numero elevato di antenne, le informazioni in possesso di Arpa e la constatazione delle attuali modalità di gestione delle reti, fanno supporre che la tecnologia 5G utilizzerà prioritariamente gli attuali impianti per la telefonia mobile e generalmente non richiederà l’installazione di nuove strutture.
Documentazione citata:
> Rappresentazione grafica delle differenze tra antenne 4G (a fascio statico) e antenne 5G (a vascio tempo-variabile)
> Lo spettro elettromagnetico
> Pubblicazione ICNIRP di marzo 2020
> Numero di pareri rilasciati da Arpa per impianti 5G e impianti attivati suddivisi per area territoriale (ex-Province) e per frequenza. Dati aggiornati al 20 aprile2020
> Pubblicazione Ministero Sanità
> Pubblicazione ICNIRP
> Pubblicazione IARC