Inquinamento del suolo, quale ruolo per le ordinanze di province e comuni?
[5 Luglio 2013]
La provincia, dopo aver svolto le opportune indagini e sentito il comune, può diffidare con ordinanza motivata il responsabile del potenziale inquinamento del suolo a provvedere agli interventi di bonifica e ripristino ambientale del sito inquinato. Ma la competenza in materia della provincia è esclusiva soltanto in relazione ai procedimenti ordinari.
Lo ricorda il Tribunale amministrativo della Puglia (Tar) in riferimento all’ordinanza sindacale del Comune di Taranto. Con tale atto il sindaco ha ordinato ai comproprietari del territorio inquinato l’avvio della caratterizzazione dei suoli e delle acque di falda e – in caso di accertata contaminazione – la successiva bonifica del sito.
Il Dlgs. 152/2006 – il cosiddetto Codice ambientale – delinea il procedimento per l’accertamento dell’inquinamento. E individua – all’articolo 244 – uno degli strumenti messi a disposizione per la bonifica e il ripristino di siti contaminati ossia l’ordinanza motivata della provincia.
L’accertamento del superamento dei valori di concentrazione soglia in ordine al livello di contaminazione di un sito, impone alla Provincia – dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell’evento e sentito il Comune – di diffidare con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere agli interventi di bonifica e ripristino ambientale del sito inquinato.
Il potere di ordinanza affidato all’ente provinciale si basa sulla compiuta verifica delle responsabilità relative alla contaminazione di un sito, in linea con un sistema che annovera tra le sue funzioni anche quella sanzionatoria.
Inoltre, la previsione normativa esclude ordinariamente il concorso di altri enti nell’attività successiva all’accertamento dell’inquinamento di un sito, comportando, di conseguenza, l’incompetenza del Sindaco a emanare i provvedimenti sopra indicati. Però, visto che la previsione normativa non fa uno specifico riferimento alle situazioni in cui si ravvisi l’indifferibilità e l’urgenza di provvedere, la competenza in materia della provincia può essere considerata come esclusiva soltanto in relazione ai procedimenti ordinari. Nei casi di urgenza, dunque dovrebbe intervenire il sindaco con un ordinanza contingibile e urgente. Ne consegue che, pur a fronte di una normativa speciale che si occupa, di regola, dell’attività amministrativa in ordine ai siti inquinati, si deve ritenere applicabile la normativa generale, espressione di un potere atipico e residuale, in materia di ordinanze contingibili e urgenti – previste dall’art. 50, comma 5, del D.Lgs. n. 267 del 2000 – quando se ne configurino i relativi presupposti.
La giurisprudenza ha precisato che “il potere sindacale di emanare ordinanze contingibili ed urgenti ai sensi degli articoli 50 e 54 D.Lgs. n. 267 del 2000 richiede la sussistenza di una situazione di effettivo pericolo di danno grave ed imminente per l’incolumità pubblica, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva, debitamente motivata a seguito di approfondita istruttoria” (Cons. St., V, 16 febbraio 2010, n. 868).
In altri termini, presupposto per l’adozione dell’ordinanza extra ordinem è il pericolo per l’incolumità pubblica dotato del carattere di eccezionalità. Un carattere che rendere indispensabili interventi immediati consistenti nell’imposizione di obblighi di “fare o di non fare a carico del privato”: i presupposti di un tale intervento straordinario, però, devono essere individuati e verificati nella loro esistenza in modo rigoroso, rischiandosi altrimenti di derogare all’ordine legale delle competenze, in chiara violazione di legge.